Google non fornisce i suoi servizi gratuitamente

Google non è gratis

La gratuità di Google è mera apparenza. In realtà Google guadagna dai profili dei propri utenti e dagli inserzionisti. Siva Vaidhyanathan (La Grande G. Come Google domina il mondo e perché dovremmo preoccuparci, Rizzoli, 2012, pp. 30-31) afferma che il prodotto è la fidelizzazione degli utenti-consumatori: “Google fornisce agli utenti tutte le informazioni che cercano, apparentemente gratis, ma nel farlo raccoglie i gigabyte di informazioni personali e contenuti creativi che milioni di utenti caricano gratuitamente sul web ogni giorno, e vende queste informazioni agli inserzionisti di milioni di prodotti e servizi. Tramite il suo principale programma pubblicitario, AdWords, Google organizza un’asta istantanea tra gli inserzionisti per decidere chi di loro si piazzerà nella posizione più elevata nella lista di inserzioni poste in alto”. In sostanza, il guadagno di Google deriva dalla “profilazione” del target degli utenti, in modo tale da fornire agli inserzionisti un pubblico adeguato, composto da potenziali clienti (Siva Vaidhyanathan, La Grande G…, cit., p. 98).

 

Frode contabile di massa

Sul sito di “Minima&moralia", il 14 luglio 2014, si riporta l’articolo di Riccardo Staglianò Lanier: il web sta uccidendo la classe media, originariamente pubblicato su “Il Venerdì di Repubblica”, incentrato sull'intervista a Jaron Lanier, informatico, compositore e saggista statunitense. La tesi è un attacco a Google almeno da due punti di vista. Un’accusa è quella di aver causato la scomparsa della classe media, accostando la rivoluzione informatica operata da Google, capace di fornire risposte e servizi prima appannaggio di professionisti (ad esempio la traduzione), alla rivoluzione industriale che ha avviato l’automatizzazione del lavoro, sostituendo gli operai con le macchine. Oltre a ciò “quella che lui denuncia è la ‘frode contabile di massa’ che fa finta che i social network, o i big data di cui tanto si parla, si producano per partenogenesi informatica. ‘E invece ogni tessera di quel caos di informazioni che Google organizza è prodotta da esseri umani. Sempre. La domanda piuttosto è: quel contributo è messo a bilancio e dunque valorizzato adeguatamente? La risposta è no. E nel frattempo Google diventa sempre più ricco e noi che lo alimentiamo, sempre più poveri. Fermiamoci! Pretendiamo che un po’ di quel valore ci sia riconosciuto’. Principio sacrosanto, ma dall’applicazione complessa. Procediamo per gradi. Perché non si tratta di un’espropriazione forzosa, quanto di un esercito di volenterosi carnefici che si consegna allo sfruttamento digitale altrui. La parola chiave è schizofrenia”.