L'opposizione alla sperimentazione animale è un atteggiamento antiscientifico

La necessità della sperimentazione animale contro Ebola

Il caso della diffusione del virus Ebola ha riattirato l'attenzione sulla necessità della sperimentazione animale per combattere le pandemie.
L'uomo è da sempre stato vittima di calamità naturali, malattie e infezioni, e nella storia dell'evoluzione ha dovuto ingegnarsi per combatterle. Sono stati sviluppati vaccini, antibiotici, effettuati esperimenti sugli animali che hanno permesso di prevenire e curare le malattie.
Sono bastate, però, poche generazioni di benessere igienico ed economico, il non avere più la diretta percezione delle morti per epidemie e pandemie, perchè millenni di paure lasciassero il passo a diffidenza e discredito verso le vaccinazioni, la sperimentazione animale, le case farmaceutiche.

La diffusione del virus Ebola ha riportato uno scenario di pericolosità che ha risvegliato l'interesse sui laboratori che sembrano in grado di produrre vaccini e farmaci, come lo Zmapp, per contrastare l'epidemia. Ma la fiducia nella sperimentazione si risveglia solamente e nei momenti di pericolo diffuso e viene invece dimenticata quando le elggi italiane tendono a ridurre le possibilità di ricerca. Quando la legislazione italiana tende a eliminare la sperimentazione, ci si dovrebbe ricordare che il farmaco potenzialmente in grado di sconfiggere Ebola è stato ottenuto proprio grazie ad essa, utilizzando topolini (per creare anticorpi monocloniali) e scimmie (per testarne l'efficacia). Così come i vaccini in sperimentazione sono stati testati sui primati.

Il caso dell'azienda biotech di San Diego che ha collaborato con altri partner e si è offerta di diffondere gratis le scorte del vaccino Zmapp dimostra quanto l'avversione per la ricerca farmaceutica sia preconcetta e animata da pregiudizi.

(Cfr: Andrea Grignolio, Ogm, test animale e Big Pharma: com'è nato il vaccino anti-Ebola, "La Stampa", 3 settembre 2014)

I danni della "tutela di tutte le specie animali"

La modifica dell'articolo 9 della Costituzione, avanzata nel dicembre 2013 da Michela Vittoria Brambilla, presidente della Lega italiana per la difesa degli animali e dell’ambiente, e l’oncologo Umberto Veronesi, che consiste nell'aggiunta della "tutela di tutte le specie animali", porterebbe conseguenze negative per il settore farmaceutico, impedendo di fatto le ricerche e causando gravi danni economici.

Se negli ultimi mesi l'Italia si è nuovamente imposta a livello mondiale in campo biomedico producendo l'unico vaccino anti-ebola approvato dall'ente regolatorio americano (Fda), lo si deve alla sperimentazione animale. Se nel futuro verranno eliminate le liste d'attesa per i trapianti ciò sarà possibile anche grazie alle valvole cardiache italiane ottenute su maiali ingegnerizzati.

La ricerca biomedica è in tutti i Paesi avanzati un importante motore per l'innovazione e sviluppo nazionale. La quasi totalità delle tecnologie, dei farmaci e delle terapie utili per la salute dell'uomo non si sarebbero potuti ottenere senza l'utilizzo di animali da laboratorio (per lo più ratti). Le battaglie legali degli animalisti supportate da un fondamento costituzionale causerebbero un blocco totale della ricerca biomedica italiana, che verrebbe presa in ostaggio da annosi ricorsi alle diverse corti nazionali (C. Costituzionale) o internazionali (C. di Giustizia Europea, C. Europea dei Diritti dell'Uomo). Un comparto quello dell'industria della salute, è bene ricordarlo, che vede il settore farmaceutico al secondo posto in Europa dopo quello tedesco - dunque di importanza strategica a dispetto della difficile situazione in cui versa il sistema industriale italiano. Nell'ultimo anno esso vanta un export del 61% del prodotto pari a 25 miliardi di euro, generando più di 2 miliardi di euro l'anno in investimenti in produzione e ricerca, e dando lavoro a più di 60.000 addetti (Aspen Institute 2014).

(Cfr:Andrea Grigniolio, Animali fuori dalla Costituzione, "Il Sole 24 Ore", 4 gennaio 2015)