La soluzione “due Stati per due popoli”, unita al riconoscimento dell'identità ebraica dello Stato di Israele, è la sola percorribile

Stato democratico ebraico

Nell’articolo di Lisa Palmiei Billig, dal titolo Israele e Palestina, la soluzione dei due Stati, pubblicato su “Vatican Insider – La Stampa” il 6 giugno 2013, si offre un resoconto dell'annuale riunione (detta “Global Forum”) a Washington dell'American Jewish Committee – 1500 persone rappresentanti le comunità ebraiche di sessanta paesi –dove diverse illustri personalità governative internazionali (nella riunione a cui fa riferimento l'articolo erano presenti tra l'altro i ministri degli esteri della Grecia, della Polonia, dell'Azerbaigian e della Repubblica ceca. Tutti hanno espresso il loro forte sostegno alla sicurezza di Israele e auspicato un energico rinnovo del processo di pace) affrontano i temi più controversi. Nello specifico, l'articolo riporta alcune delle affermazioni più significative che sono state pronunciate durante i discorsi di Tzipi Livni, ministro della Giustizia di Israele e responsabile per i negoziati con i palestinesi, e di John Kerry, segretario di Stato statunitense. L'articolo sottolinea, inoltre, come tali discorsi abbiano ottenuto il pieno consenso e la completa approvazione nella suddetta riunione.
Tzipi Livni ha affermato che la creazione di uno Stato palestinese è "l'unico modo per mantenere Israele sia come stato ebraico sia come uno stato democratico". Livni ritiene inoltre che il perseguimento di una soluzione a 2 stati "non è un favore ai palestinesi, ma piuttosto una necessità per Israele", e che questo riflette "i valori fondamentali dell’ebraismo".

 

La soluzione due popoli per due Stati è nell’interesse sia di Israele sia della pace

Questa posizione è stata ribadita più volte dal Ministro della Giustizia israeliana Tzipi Livni. Per esempio, secondo quanto riportato in un comunicato sul sito arabpress.eu, il 29 settembre 2013 (Cristina Gulfi, Livni: la soluzione dei due stati è nell’interesse di Israele), Tzipi Livni, ha dichiarato, nel suo discorso alla conferenza promossa dall’organizzazione ebraico-americana J Street, che la soluzione “due popoli-due Stati” è nell'interesse di Israele nel senso che dedicarsi a sostenere l'idea che la soluzione due popoli-due stati è l'unica possibile equivale a sostenere che la soluzione “due popoli due Stati” è “l'unico modo per preservare i valori democratici di Israele”.
Secondo la Livni le parole Israele e pace non si escludono a vicenda, ma possono, anzi devono, coesistere. Israele ha dei vicini difficili, ma rimarrà lo stesso anche dopo la firma di un accordo di pace. “Non siamo i soli a vedere la minaccia rappresentata dall’Iran e dai militanti islamici nella regione – ha continuato – ma gli interessi condivisi con gli altri Paesi arabi ed islamici non possono trovare espressione all’ombra del conflitto tra israeliani e palestinesi”.

 

Creazione di due Stati - Israele e Palestina - come soluzione alle aspirazioni nazionali dei popoli israeliano e palestinese

Sempre nell’articolo Israele e Palestina, la soluzione dei due Stati (cit.) è possibile apprezzare le reazioni dell'American Jweish Committee alle dichiarazioni di Livni: "Tzipi Livni ha pronunciato un discorso appassionato. L'urgenza nella sua voce era evidente, dall'inizio alla fine. L'amore per Israele era palpabile" - ha detto David Harris, direttore esecutivo dell’AJC. "La sua visione di due stati per due popoli - Israele come la soluzione per le aspirazioni nazionali degli ebrei, la Palestina come soluzione per le aspirazioni nazionali dei palestinesi - è uno scopo che l’AJC condivide da lungo tempo", ha continuato Harris. "Israele ha sempre cercato di riportare i palestinesi al tavolo dei negoziati, senza ottenere alcun risultato finora. Si può solo sperare che questa volta, grazie al rinnovato impegno di Gerusalemme e di Washington, il risultato possa cambiare".

 

Trattare con l’Autorità Palestinese e isolare Hamas

Il ministro Livni ha anche tracciato un insieme di proposte concrete: “trattare con l'Autorità Palestinese, e allo stesso tempo isolare Hamas, che controlla Gaza. Un accordo tra Israele e la A.P. troverebbe il sostegno della Lega Araba, che ha già promesso il suo supporto. Ciò terrebbe a bada le fazioni più estremiste del mondo arabo. La A.P. - ha continuato Livni - ha già accettato come condizione la smilitarizzazione, mentre i principali insediamenti ebraici in Cisgiordania, che occupano una piccola percentuale di territorio escluso dalle linee tracciate dall’armistizio del 1967, rimarrebbero israeliani”(Ibidem).

 

Pace possibile a breve termine

Secondo quanto riportato da un comunicato stampa del Parlamento europeo ( Per il Presidente israeliano la soluzione di due Stati è l'unica possibile ), l'ex presidente di Israele, Shimon Peres, il 12 marzo 2014, rivolgendosi all'aula di Bruxelles, ha invitato l'assemblea dei rappresentanti della Comunità Europea, eletti dai cittadini dei paesi membri, a tener sempre presente che la soluzione “due Stati per due nazioni” è l'unica soluzione possibile. L'ex Presidente israeliano ha, infatti, affermato: “il processo di pace con i palestinesi ha un inizio concordato come pure una soluzione concordata: due Stati per due nazioni”. E poi, richiamando in primo piano e in maniera analogica l'esperienza di integrazione europea, definita come un evento fuori dell'ordinario, come una conquista ritenuta improbabile, ha aggiunto che “la pace può essere raggiunta relativamente a breve termine”.

 

La soluzione a due Stati è l’unica fattibile

L'ambasciatore israeliano in Italia, Naor Gilon, intervistato da “Rainews24” (Naor Gilon: "M.O. Con la Palestina, la soluzione a due stati è l'unica fattibile"), ha dichiarato che la soluzione a due Stati, con il riconoscimento da parte dei palestinesi dell'identità ebraica dello Stato Israeliano, è l'unica soluzione realizzabile: “La soluzione a due Stati è l'unica soluzione fattibile. Siamo tutti d'accordo su questo. E sono d'accordo anche con Lei (l'intervistatore Rai NdR) sul fatto che ci sono molti problemi in Medio Oriente e che un accordo di pace potrebbe essere molto utile per gli israeliani. Ma noi dobbiamo essere sicuri del fatto che un accordo di pace aumenti la nostra sicurezza senza diminuirla. C'è un problema anche con i palestinesi nel senso che loro non accettano Israele come Stato ebraico. Quando parlo di Israele come Stato ebraico parlo di un paese che ha già il 20% dei palestinesi che vivono in Israele, che vivono in democrazia, che hanno dei parlamentari, diritti eguali... I palestinesi hanno un problema: parlano a noi dei confini del '69, eppure rifiutano di accettare l'identità ebraica di Israele. E parlano del ritorno dei profughi... Israele è l'unica democrazia del Medio Oriente, dove ci sono già il 20 % di palestinesi. E secondo loro ne verranno altri, anche se per la prima volta nella storia avranno una patria, la Palestina, che sarà creata in realtà in un certo senso da Israele. Questo per noi è un grosso problema, e penso che noi dobbiamo fare in modo che, dopo aver trovato la soluzione a due stati, non ci sia un tentativo da parte del 20% dei palestinesi che vivono in Israele di conquistare altre parti di Israele”.
Ha sostenuto l'inevitabilità della soluzione a due Stati anche Silvio Berlusconi, quando affermò, come riportato dal “Corriere della Sera”, il 19 maggio 2010 (Berlusconi: “La soluzione del conflitto israelo-palestinese è in 2 stati autonomi”), in veste di primo ministro del governo italiano, al termine del vertice italo-egiziano con il presidente Hosni Mubarak, che la soluzione del conflitto israelo-palestinese “deve essere quella di due Stati, da qui non si scappa”.
Così come viene riportato dall'articolo Renzi: 'chi boicotta Israele si danneggia. L'unica soluzione è due popoli e due Stati, pubblicato il 22 luglio del 2015 dal quotidiano “La Stampa”, anche il primo ministro italiano dà il suo supporto alla soluzione two states for two peoples. Durante il suo intervento al parlamento israeliano il premier Matteo Renzi afferma: Israele deve “esistere, deve resistere” e la soluzione per la pace è “due popoli e due Stati: chi boicotta Israele danneggia se stesso e tradisce il proprio futuro”, perché lo Stato ebraico “non è una gentile concessione dopo la Shoah”. E ancora: “Sulla sicurezza di Israele non ci possono essere compromessi”.
In merito alla pace, Renzi sostiene che essa “sarà possibile solo con due Stati e due popoli”, garantendo la “piena sicurezza di tutti: il diritto dello Stato palestinese all'autodeterminazione e quello di Israele alla sicurezza. […] Da parte dell'Italia c'è tutta la disponibilità a continuare a investire nell'amicizia con il popolo palestinese per raggiungere la pace dei figli di Abramo, il risultato storico della pace in questa regione”.

Stato democratico palestinese

Tra i soggetti politici coinvolti nel conflitto tra israeliani e palestinesi, il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP), formazione politica e militare palestinese di ispirazione marxista-leninista e considerata dagli Stati Uniti e dall'Unione Europea un'organizzazione terroristica, si posiziona chiaramente contro la soluzione a due Stati. In risposta a un'affermazione del presidente dell'Autorità Palestinese, Abu Mazen, secondo cui tutte le organizzazioni appartenenti all’OLP devono impegnarsi nella soluzione dei due Stati e nell'accettazione degli Accordi di Oslo e degli altri “accordi” del “processo di pace”, il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, nel comunicato PFLP Affirms That PLO Membership Does Not Mean Acceptance of the “Two-State Solution”[Il FPLP afferma che l'appartenenza all'OLP non significa l'accettazione della soluzione dei due Stati, TdR] pubblicato il 2 marzo 2009 sul proprio sito, riporta una dichiarazione di Marwan Fahoum, membro dell'Ufficio Politico del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, che afferma: “Il FPLP non accetta la 'soluzione dei due stati' come obiettivo finale per il popolo palestinese o per la causa palestinese, ma vede come fine strategico la liberazione di tutta la Palestina” (TdR). Marwan Fahoum ha poi affermato: sebbene “l'accettazione da parte del FPLP della fondazione di uno stato palestinese su tutti i territori occupati nel 1967 con Gerusalemme come capitale ed il ritorno di tutti i rifugiati alle loro case dalle quali vennero cacciati, è parte dell'unica soluzione ammissibile per avanzare sulla strada della realizzazione dell’obiettivo strategico, la liberazione di tutta la Palestina, […] ciò non significa in alcun modo che il FPLP accetti la 'soluzione dei due stati', come traguardo finale per il popolo palestinese o per la causa palestinese, come non significa che il FPLP accolga in qualche modo gli impegni di Oslo e gli 'accordi' successivi, che includono la road map, o qualsiasi altro prodotto del cosiddetto 'processo di pace' […] Ogni confusione deve essere chiarita riguardo la presenza del FPLP nel OLP: l’OLP è la struttura che comprende tutte le componenti del popolo palestinese, ma non preclude che membri di tali organizzazioni o fazioni abbiano la propria visione sulla natura del conflitto arabo-sionista e su cosa sia necessario per terminare questo conflitto. […] Il FPLP vede il conflitto arabo-sionista come un qualcosa che non può essere completato o concluso con lo stabilirsi dello Stato palestinese, ma solamente con il consolidamento di una democrazia secolare su tutta la terra della Palestina storica, con uguaglianza per tutto il suo popolo”.

 

Fine dell’occupazione israeliana, costituzione di un governo democratico del popolo palestinese, rispetto del diritto al ritorno

La linea del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina contraria alla soluzione a due Stati è stata confermata il 30 maggio 2009, a qualche mese di distanza dalle dichiarazioni di Marwan Fahoum (FPLP), dal segretario generale del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, Ahmad Sa'adat. Il politico palestinese, in una lettera inviata il 30 maggio 2009 dal carcere di Gerico, in cui è imprigionato, al Comitato Preparatorio per la Giornata Nazionale della Palestina in Svezia, salutando l'azione di tutti gli attivisti palestinesi nel mondo e lodando la solidarietà del presidente del Venezuela Bolivariano Hugo Chàvez, ha scritto riguardo alla pericolosità della soluzione “due Stati per due popoli”: essa minaccerebbe il diritto al ritorno e l'esistenza stessa del popolo palestinese nelle terre occupate della Palestina a partire dal 1948. Poi, Sa'adat ha ribadito la necessità di una soluzione che ponga fine all'occupazione israeliana, garantisca la costituzione di un governo democratico per i palestinesi e il rispetto del diritto al ritorno. Nel testo della lettera Ahmad Sa'adat afferma:

“Rendo omaggio a tutti i gruppi arabi e palestinesi che lavorano instancabilmente per difendere i nostri diritti e saluto tutte le forze internazionali progressiste, popolari e democratiche che stanno con le nostre genti nella la loro giusta lotta per i loro diritti all'indipendenza e al ritorno. Vorrei anche rendere omaggio all'atteggiamento di alcuni paesi europei che hanno preso una posizione indipendente per quanto riguarda il nostro popolo e il nostro diritto alla democrazia, e che, di fronte alla recente barbarica guerra a Gaza, sono vicini al nostro popolo: in particolare Svezia e Norvegia e l'alleanza bolivariana per le Americhe, guidata dal Presidente venezuelano Hugo Chavez.
Il diritto al ritorno non è e non sarà estinto per prescrizione e abbiamo mantenuto la nostra presenza in difesa di questo diritto. Comunque, ciò non elimina i rischi che affliggono il diritto al ritorno, poiché da Camp David e dallo smantellamento di gran parte del progetto nazionale arabo di scontro diretto con il nemico sionista, ciò che è rimasto è solo una politica palestinese 'pragmatica' situata in un contesto di 'colonizzazione'. Questo corso, passato attraverso Madrid e Oslo, smantellando le nostre costanti nazionali palestinesi, è staccato dal nostro progetto di liberazione nazionale.
Ciò ha causato gravi danni al nostro progetto di liberazione nazionale, così come ha causato gravi danno al nostro progetto di liberazione l'impotenza nazionale e araba esibita dall'iniziativa araba, che ha indebolito il diritto al ritorno attraverso l'uso di un linguaggio ambiguo. Lo sforzo che è richiesto a livello nazionale palestinese ed arabo è di porre fine ad ogni confusione e di distinguere chiaramente tra la fine dell'occupazione e la fine del conflitto.
La fine e il fine dello storico conflitto non può che essere una fine per l'entità sionista e l'instaurazione della democrazia in tutta la Palestina, attraverso l'implementazione del diritto al ritorno dei Palestinesi. Lo slogan ‘two states for two peoples’, a cui viene dato voce, apre solo la porta al riconoscimento di Israele come ‘stato ebraico’, che minaccia non solo il nostro diritto al ritorno, ma anche l'esistenza stessa delle masse del nostro popolo nella parte occupata della Palestina nel 1948, sulla terra dove sono nati e dove sono rimasti saldamente radicati e forti nel paese.
Sono consapevole che la realtà palestinese in questo momento di divisione del nostro popolo non fornisce un clima di sostanziali risultati in termini di correzione della politica palestinese e di tattiche per gestire il conflitto contro l'occupazione. Tuttavia, i denominatori comuni che sono stati concordati al Cairo nel 2005 e il documento di riconciliazione nazionale come base per l'unità palestinese porteranno alla ricostruzione delle istituzioni del popolo palestinese, prima fra tutte l'OLP, l'entità politica di tutto il popolo palestinese, e gli obiettivi dell'unità del nostro popolo e dei nostri diritti nazionali, incluso il diritto al ritorno. Su questa base, esorto le masse del nostro popolo in diaspora ad alzare le loro voci al fine di porre fine alla divisione della Palestina e di ricostruzione l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina, una via democratica come uno strumento nazionale per la lotta democratica nazionale, qualificata a guidare il nostro popolo nella propria battaglia e ad assumere la leadership a livello strategico per affrontare le sfide e mantenere i nostri obiettivi nazionali, sulla strada del loro conseguimento” (Ahmad Sa'adat speaks from isolation in Asqelan: The so-called "Two state solution" is a threat to the Palestinian people and the right to return, “freeahmadsaadat.org”, 30 maggio 2009, TdR).

 

La soluzione due popoli per due Stati è la visione del nemico

Il giornalista Mauro Manno, socio fondatore dell'Istituto Enrico Mattei, della redazione di “Eurasia”, nel 2007 in un articolo pubblicato su tlaxcala.es dal titolo Lo stato di Israele scomparirà presto, sosteneva: “la politica dei ‘due stati’ è tutta interna alla logica sionista. In particolare la logica sionista dei pragmatici askenaziti d’Israele. Ma essi sono ormai minoranza perché vi sono le logiche dei sionisti ultra-ideologizzati o dei religiosi fanatici messianici, sostenute entrambe dai denari e dalle trame politiche in America della lobby ebraica d’oltreoceano. La politica dei ‘due stati’ deve essere rigettata completamente dai palestinesi perché è la visione del nemico. Se si persegue invece l’obiettivo politico di un solo stato democratico per ebrei e palestinesi, nel modo in cui hanno fatto l’ANC [African National Congress NdR] e il popolo nero del Sudafrica, allora si colpisce al cuore proprio l’unica possibilità di salvezza che rimane all’entità sionista”.