La tesi globalista secondo cui, il fatto, del tutto inedito nella storia del mondo, che ci sia un libero mercato globale in cui a predominare sono imprese transnazionali e che questo rende inutili le strategie economiche nazionali, non è un'accurata descrizione della realtà, poiché:
nel corso della storia si è assistito a periodi, come quello tra il 1890 e il 1914, in cui il tasso di internazionalizzazione degli scambi, della circolazione dei capitali e del sistema monetario era addirittura maggiore di quello contemporaneo;
i cosiddetti “capitali senza patria” delle multinazionali operano fattivamente a partire da distinte basi nazionali o continentali;
le attività produttive e commerciali, all'interno dell'economia mondiale, tendono a costituire tre blocchi distinti e talora contrapposti, che sono individuati nell'America settentrionale, nell'Europa Occidentale e nell'Asia orientale e nel Pacifico. Questi blocchi si articolano in centro e periferia e il progressivo aumento di integrazione, l'interdipendenza e l'apertura dei mercati, se effettivamente reale, si registrano in maniera preponderante all'interno (e non verso l'esterno) di ciascuna di queste tre aree.