Riaprire le case chiuse, pur regolamentando la prostituzione attraverso controlli sanitari e fiscali, rappresenterebbe un passo indietro nel cammino di civiltà e libertà della società. Essa non è un’attività lavorativa come le altre, bensì una schiavitù e una forma di violenza verso chi la esercita; lede la dignità della donna, spinta alla mercificazione del proprio corpo, spesso per contrastare condizioni di miseria e povertà o perché costretta dallo sfruttamento illegale e dal controllo della malavita.
Immorale è anche lo sfruttamento autonomo (la mercificazione del corpo per arricchimenti illeciti) e il favoreggiamento da parte dei “clienti”.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la libertà sessuale garantisce il godimento di diritti e della salute sessuale, basandosi sull’eguaglianza e sulla libertà da ogni forma di discriminazione, coercizione o violenza. Proprio per il non rispetto di questi punti fondamentali risulta evidente che la prostituzione non riguarda la libertà sessuale, bensì il potere.
La soluzione è continuare a ridurre il fenomeno cercando di estinguerlo, sostenendo gli enti che aiutano coloro che desiderano sottrarsi al fenomeno.