L’Europa non può permettersi strumenti di difesa secondari o “di serie B”: deve dotarsi del meglio disponibile e attualmente il meglio proviene dall’industria militare statunitense. La superiorità tecnologica di molti sistemi americani è riconosciuta anche dagli esperti più attenti all’autonomia europea. Il generale Camille Grand, già vicesegretario NATO, osserva che nel campo dei caccia di quinta generazione “nessun velivolo europeo compete con l’F-35”. Questo aereo da combattimento, con le sue capacità stealth e di fusione dei dati, fornisce un salto di qualità che né l’Eurofighter Typhoon né il Rafale (per quanto ottimi caccia di quarta generazione) possono offrire. Non sorprende quindi che ben sette Paesi UE abbiano già comprato l’F-35, per un totale di circa 200 esemplari attesi in Europa entro pochi anni. Un trend simile si osserva in altri settori: per la difesa aerea a medio raggio, molti Stati membri (Germania, Polonia, Svezia, Paesi Bassi ecc.) hanno adottato il sistema americano Patriot, preferendolo a soluzioni europee come il SAMP/T italo-francese, spesso per motivi di performance e maturità del prodotto. Disporre di armi più performanti significa aumentare la capacità deterrente complessiva dell’Europa: missili più precisi, aerei più invisibili, radar più potenti rendono il continente più sicuro contro aggressori tecnologicamente avanzati. I fautori ricordano che la deterrenza è tanto più efficace quanto più credibile è il potenziale difensivo. E la credibilità, oggi, passa dall’avere armamenti all’avanguardia paragonabili a quelli di Russia o Cina. Dato che la Cina investe oltre 250 miliardi l’anno in difesa e la Russia ha sviluppato proprie armi ipersoniche, gli europei preferiscono colmare il divario unendosi al treno tecnologico statunitense, piuttosto che rimanere indietro aspettando progetti nazionali futuri. Un secondo aspetto legato all’acquisto di armamenti USA è la maggiore interoperabilità e standardizzazione delle forze armate europee. La pletora di sistemi differenti in uso nei vari eserciti UE costituisce un problema serio: al 2025 si contavano 12 modelli di carro armato diversi in Europa, molte linee di munizioni non compatibili e generali difficoltà a operare insieme sul campo. L’impiego diffuso di equipaggiamenti americani, lungi dall’essere un atto di sudditanza, può essere letto come un fattore di integrazione militare. Se più Paesi condividono lo stesso aereo (come l’F-16 prima, ora l’F-35), lo stesso carro armato (come l’Abrams) o la stessa artiglieria, è molto più semplice combinare le forze in operazioni multinazionali: piloti di nazioni diverse possono scambiarsi gli aerei, le parti di ricambio sono comunemente stoccate, la logistica è semplificata. Nel contesto NATO, questo porta immediati benefici. Ad esempio, quando nel 2022 la Polonia ha dovuto rimpiazzare i vecchi carri sovietici ceduti all’Ucraina, ha scelto di acquistare 250 carri M1A2 Abrams dagli USA e altre centinaia di K2 sudcoreani. Oggi Varsavia possiede quindi mezzi identici a quelli in dotazione all’esercito americano; se scoppiasse una crisi sul fianco est, gli Stati Uniti potrebbero rifornire munizioni e pezzi per gli Abrams polacchi senza problemi, e viceversa gli equipaggi polacchi potrebbero integrarsi in formazioni corazzate NATO miste. Una maggiore standardizzazione attorno a piattaforme chiave (F-35, Patriot, Abrams, HIMARS ecc.) di provenienza USA può fungere da collante militare per un’Europa che politicamente non è ancora unita. In altri termini: laddove non arriva l’unificazione politica, può arrivare quella tecnologica. Questa logica è stata esplicitamente promossa dagli Stati Uniti nei decenni scorsi (il cosiddetto “interoperability through FMS”, ossia vendere armi per rendere interoperabili gli alleati). L’UE ha ancora bisogno di questo collante, almeno finché non svilupperà una politica di difesa comune robusta. Una riflessione ulteriore è di tipo economico-industriale ma con risvolti operativi: i grandi programmi d’arma americani spesso includono la partecipazione dei Paesi acquirenti come partner. L’F-35 ne è l’esempio lampante: Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Danimarca e Belgio vi partecipano come partner di livello diverso, con industrie locali che producono parti dell’aereo (Leonardo in Italia assembla ali e fusoliere, ad esempio). Ciò significa che acquisire quell’aereo non comporta solo spedire denaro negli USA, ma anche ricevere commesse industriali e know-how. Molti sostenitori enfatizzano che la cooperazione con l’industria statunitense può fungere da volano tecnologico per l’Europa. Ad esempio, lavorare su componenti dell’F-35 ha permesso a ingegneri italiani e britannici di acquisire competenze utili per sviluppare in futuro caccia europei di sesta generazione (come il progetto Tempest/FCAS). In quest’ottica, “comprare americano” oggi potrebbe paradossalmente aiutare a “costruire europeo” domani, tramite trasferimento di tecnologia e formazione di una base di fornitori competitivi. Inoltre, quando un prodotto USA viene adottato diffusamente in Europa, non di rado le ditte americane investono in infrastrutture produttive locali. Il presidente di Raytheon International, Phil Jasper, ha dichiarato che il mercato europeo è in forte crescita e la sua azienda intende ampliare le collaborazioni in loco, con coproduzioni e joint venture flessibili “che portino benefici all’economia locale” (ad esempio, la partnership con MBDA per missili Patriot GEM-T). Allo stesso modo, Eric Fanning, presidente della maggiore associazione industriale aerospaziale USA, ha riconosciuto che la vera sfida è convincere gli europei che le aziende USA non sottrarranno posti di lavoro, ma anzi li creeranno investendo sul territorio. Se queste promesse si concretizzano, gli acquisti di armi americane potrebbero portare benefici economici condivisi, riducendo l’opposizione politica interna in Europa. In definitiva, la priorità è la protezione concreta e immediata dell’Europa, anche a costo di dipendere dall’alleato americano sul piano militare. Finché l’UE non sarà in grado di eguagliare l’offerta statunitense in termini di qualità e quantità di armamenti è saggio sfruttare l’ombrello USA e dotarsi delle migliori armi possibili. Ciò massimizza la sicurezza europea nel presente (deterrenza rafforzata, interoperabilità NATO, tempi di reazione rapidi) e non preclude, ma anzi può accompagnare, uno sviluppo graduale di capacità europee autonome.
Madeleine Maresca, 17 dicembre 2025