Un secondo filone di argomentazioni favorevoli a Musk si concentra sull’impatto economico e tecnologico negativo attribuito all’Unione Europea. Secondo questa opinione, la UE sarebbe diventata sinonimo di burocrazia asfissiante e regolamentazione eccessiva, tale da mettere la sordina alla spinta innovativa delle imprese europee e frenare la crescita economica del continente. Elon Musk ha esplicitamente accusato l’apparato comunitario di “soffocare lentamente a morte l’Europa” con le sue regole, dipingendo un quadro di stagnazione imputabile a vincoli burocratici e normative ritenute ottuse. In reazione diretta alla multa per le spunte blu, Musk ha affermato che l’UE “ostacola il progresso economico” e che liberarsene permetterebbe ai paesi europei di riprendere in mano il proprio sviluppo. Questa visione è condivisa da molti ambienti industriali e think-tank pro-mercato, soprattutto negli Stati Uniti ma anche in Europa: il Digital Services Act (DSA), ad esempio, viene additato come un esempio di “overreach” normativo che potrebbe danneggiare l’ecosistema digitale. Gli assertori di questa tesi sostengono che il modello iper-regolatore europeo sta spingendo talenti e capitali lontano dall’Europa. L’UE, con le sue rigide normative sulla privacy (GDPR), sul mercato digitale (DMA, DSA) e sulla concorrenza, verrebbe percepita come un ambiente ostile all’innovazione. Musk stesso, annunciando di voler “X-are out Europe” (gioco di parole per dire “cancellare l’Europa” dalla sua piattaforma), ha lamentato che le regole UE “uccidono l’innovazione” e impediscono alle aziende tech di prosperare. La multinazionale X ne sarebbe un esempio concreto: nel racconto di Musk, Bruxelles avrebbe sanzionato proprio quelle scelte (come la vendita delle spunte blu a tutti) pensate per innovare il modello di business del social network, e lo avrebbe fatto appellandosi a principi – a suo dire – formalistici che penalizzano la flessibilità aziendale. In altre parole, invece di lasciare che il mercato e la tecnologia evolvano, l’UE “cristallizzerebbe” prodotti e servizi a suon di regole. Questa tesi viene avallata dall’Information Technology and Innovation Foundation (ITIF), un centro studi di Washington: nel commentare la multa a X, ITIF ha affermato che definire “ingannevole” la nuova spunta blu di Musk è “una grossa esagerazione” e ha messo in guardia che “i regolatori non dovrebbero bloccare le piattaforme al loro primo design per paura di cambiamenti”, perché “iterare sul design di prodotti e servizi è esattamente come si innova”. L’implicazione è che l’approccio comunitario (fatto di standard rigidi e norme dettagliate) rischia di congelare l’innovazione, scoraggiando le sperimentazioni per timore di incappare in violazioni burocratiche. Dal punto di vista macroeconomico, i sostenitori di Musk puntano il dito sul rallentamento economico dell’Europa rispetto ad altre aree del mondo, suggerendo un nesso causale con la “camicia di forza” regolatoria UE. Il pensiero è che un’Europa senza UE (o con una UE drasticamente ridotta nelle competenze) sarebbe più agile, competitiva e capace di adattarsi alle sfide tecnologiche. Non è un caso che Musk abbia contrapposto l’UE all’America in termini di dinamismo: difendendo X, vari esponenti USA hanno accusato l’UE di punire “il successo delle aziende USA” – implicito è il confronto con il mercato americano, percepito come più libero e favorevole all’impresa. Musk e altri fanno spesso riferimento alla Silicon Valley come a un modello di innovazione spontanea che, a loro dire, l’Europa non è riuscita a replicare proprio a causa del suo sistema rigido. Marco Rubio, criticando la multa a X, ha definito l’azione UE “un attacco alle piattaforme tecnologiche americane”, sottintendendo che colpire innovatori come Musk per “successo” o per politiche dirompenti sia indice di un clima anti-business in Europa. Dal loro punto di vista, abolire l’UE vorrebbe dire anche liberare i mercati europei: senza Commissione e Parlamento UE che sfornano regolamenti, i singoli Stati potrebbero competere fiscalmente e normativamente per attrarre imprese, innescando un circolo virtuoso di snellimento burocratico e crescita. Lo stesso Musk ha ipotizzato un’Europa basata su accordi intergovernativi, cioè su cooperazione volontaria e flessibile, che non imbrigli l’economia in un’unica rete normativa centralizzata. Alcuni portano esempi concreti percepiti come fallimenti dell’eurocrazia economica: le lungaggini nei processi decisionali UE (che devono mediare gli interessi di 27 paesi) sarebbero incompatibili con la rapidità del business moderno. Progetti tech importanti – dall’AI alle energie green – vedrebbero l’Europa arrancare dietro a USA e Cina, e i pro attribuiscono ciò (anche) all’ingessatura comunitaria. Questa narrazione è alimentata anche da casi simbolici: il rifiuto di Musk di sottostare integralmente al Codice di Condotta UE sulla disinformazione (da cui X si è ritirata) viene letto come la ribellione dell’imprenditore innovatore contro i “lacci e lacciuoli” eurocratici che, a suo dire, favorirebbero solo la censura e non la reale crescita tecnologica. L’ampio ventaglio delle normative UE – dall’antitrust ai vincoli ambientali – viene insomma presentato dagli abolizionisti come un cappio che stringe l’economia europea, provocando disoccupazione, bassa crescita e fuga di cervelli. L’UE sarebbe quindi diventata un freno allo sviluppo economico e tecnologico: abolirla (o ridimensionarla fortemente) aprirebbe spazi di concorrenza normativa tra stati, diminuirebbe il peso burocratico sulle imprese e permetterebbe all’Europa di essere più reattiva e innovativa. Elon Musk sintetizza così questo concetto: “L’UE andrebbe abolita perché è troppo ingombrante e ostacola il progresso economico”. A supporto, i pro citano anche l’andamento economico stagnante di alcuni paesi UE e insinuano che senza la “zavorra” di Bruxelles – contributi, vincoli, tempi lenti – essi farebbero meglio. Questa prospettiva vede l’UE quasi come un “fardello corporativo” degli stati membri: un apparato che, nato per agevolare il mercato comune, si è espanso indebitamente regolamentando ogni dettaglio e finendo per frenare proprio quella crescita che avrebbe dovuto facilitare.
Nina Celli, 13 dicembre 2025