Dal fronte opposto, istituzioni e analisti di orientamento liberale replicano che l’Unione Europea non sta affatto violando la libertà di espressione, bensì sta applicando legittimamente norme di trasparenza e tutela degli utenti online. La sanzione inflitta a X è emblematica: lungi dall’essere un attacco politico alle opinioni di Elon Musk o una censura dei contenuti su X, è motivata da infrazioni concrete e documentate riguardanti pratiche ingannevoli e mancato rispetto degli obblighi del Digital Services Act. “Non lasciate che nessuno vi dica che l’azione contro X riguardi la censura o ciò che gli utenti possono postare” – scrive l’esperta Daphne Keller – “questa multa è solo l’UE che fa rispettare requisiti normali e noiosi della sua legge”. In altre parole, Musk sta gridando alla libertà violata in modo strumentale: l’UE non gli ha imposto cosa può o non può dire su X, ha invece chiesto come deve gestire alcuni aspetti del servizio per non trarre in inganno gli utenti. Le fonti evidenziano che l’oggetto della sanzione sono stati: la vendita a pagamento delle spunte blu senza verifica, l’opacità sul sistema di annunci, il blocco all’accesso ai dati per i ricercatori. Nessuno di questi aspetti riguarda la moderazione di contenuti o la soppressione di determinate opinioni. Il portavoce della Commissione Thomas Regnier ha tenuto a precisare che il DSA non è stato ideato per colpire questo o quel paese: “non prendiamo di mira nessuno, nessuna azienda, nessuna giurisdizione in base al colore o al paese d’origine” – ha dichiarato, smentendo la tesi del complotto antiamericano. Anche la vicepresidente europea Henna Virkkunen ha ribadito i fini pro-utenti del DSA: “Ingannare gli utenti con spunte blu, oscurare info sugli annunci ed escludere i ricercatori non ha posto online in UE. Il DSA protegge gli utenti”. Ciò smonta l’idea che il DSA “nasconda” un’agenda censoria: è una legge di trasparenza e accountability. Ed è su quelle basi che X è stata sanzionata. Come nota Mike Masnick di Techdirt, “queste violazioni non hanno nulla a che fare con la moderazione dei contenuti. Zero”. Il “Corriere della Sera” rimarca che la multa è avvenuta dopo due anni di indagine e riscontri concreti: per mesi X si è sottratta a obblighi chiari (ad esempio, un archivio inserzioni funzionante) e “le contestazioni erano documentate e prive di implicazioni di censura politica”. Insomma, secondo la controparte, Musk sta falsando i termini della questione per passare da vittima. “Musk sta mentendo su ciò per cui è stata multata X”, titola Techdirt: egli urla alla censura per sottrarsi alle responsabilità. In verità la sanzione, per di più di entità moderata (appena lo 0,1% della capitalizzazione di X), è considerata da molti analisti quasi permissiva: “una multa del genere è un segnale delicato, ben lontano dal massimo 6% del fatturato previsto”, scrive Quartz. L’UE infatti – come ha sottolineato Virkkunen – “non è lì per comminare le multe più alte, ma per far rispettare la legge: se rispetti le regole, non vieni multato. È semplice”. Questa trasparenza è la chiave: la Commissione ha pubblicato dettagliatamente le infrazioni e dato a X 60-90 giorni per porvi rimedio, a riprova che l’obiettivo non è punire Musk per quello che dice, bensì ottenere miglioramenti concreti per utenti e ricercatori europei. I critici di Musk evidenziano inoltre che proprio lui aveva inizialmente approvato l’approccio UE: nel maggio 2022 Elon Musk dichiarò di essere “perfettamente allineato” con il DSA, quando ne parlò con Breton. Ciò smentisce la tesi che il DSA sia una sorpresa “censoriosa”: Musk lo elogiava quando gli conveniva e lo demonizza ora che non gli conviene. Questa incoerenza fa dubitare della buona fede delle sue accuse attuali. Carl Bildt, ex premier svedese, ha commentato che il linguaggio su UE e censura usato dall’amministrazione USA (e riecheggiato da Musk) sembra provenire “dalle bizzarre menti del Cremlino”, collocando quell’isteria anti-Ue nel campo della propaganda, non dei fatti. In generale, questa visione sostiene che l’UE ha il diritto e anzi il dovere di regolamentare le grandi piattaforme digitali per garantire un ambiente online più trasparente e sicuro, e ciò non ha nulla a che vedere con la limitazione della libertà di espressione. Quest’ultima rimane tutelata: il DSA richiede di rimuovere solo contenuti illegali (come incitamento all’odio e terrorismo, materiale pedopornografico) o di etichettare la disinformazione, ma non impone “censure” generalizzate su idee sgradite. La multa a X stessa non contesta quali tweet siano presenti sulla piattaforma, bensì aspetti operativi. Paula Pinho, portavoce UE, ha risposto con ironia all’accusa di censura: “Fa parte della libertà di parola – che tanto apprezziamo in UE – consentire anche le affermazioni più folli” come quelle di Musk. Dunque, Musk può dire ciò che vuole (nessuno lo ha silenziato), ma ciò non lo esenta dal rispettare le normative. Questo è il fulcro: la libertà di parola non è libertà di frodare gli utenti o violare regole sul mercato digitale. E l’UE interviene su questi secondi aspetti. Gli oppositori rilevano come l’intera narrativa di Musk e soci sulla “censura UE” sia fuorviante e potenzialmente pericolosa. Fuorviante perché fa credere al pubblico – soprattutto americano – che l’Europa stia instaurando un regime di censura stile Cina, quando i dati smentiscono: studi citati dallo stesso ITIF (che pure criticava l’UE) mostrano che sotto il DSA la maggior parte dei contenuti rimossi erano quelli illegali e tossici, non “opinioni scomode”. Pericolosa perché sposta l’attenzione dal vero problema: le piattaforme devono assumersi responsabilità sociali, non gridare al complotto. Come scrive Masnick, “se questa multa fosse davvero un abuso per censura, sarei il primo a difendere Elon… Ma non lo è. Non c’entra niente con i contenuti”. Diversi commentatori notano che Musk sta adottando una tattica “alla Trump”: urlare alla persecuzione per sfuggire alla discussione sui propri errori. Ma i fatti restano: X ha ingannato gli utenti vendendo verifiche fasulle e ha impedito ricerche cruciali su disinformazione e manipolazione, “violazioni talmente plateali che sarebbe strano se l’UE non multasse”, come sottolineano alcuni esperti indipendenti.
Nina Celli, 13 dicembre 2025