L’ingresso di nuovi Paesi apporta benefici economici sia a loro stessi sia all’Unione nel suo complesso. I sostenitori ricordano l’esito positivo delle passate espansioni: l’allargamento del 2004, a vent’anni di distanza, viene considerato un successo economico che ha fatto crescere notevolmente il PIL pro capite dei nuovi membri (in media +30% in 15 anni) e ha aperto mercati per le imprese occidentali. Un allargamento a Est oggi amplierebbe il mercato unico europeo di decine di milioni di consumatori: solo l’Ucraina conta ~40 milioni di abitanti, la Moldavia ~2,6 e i Balcani occidentali circa 18 milioni. Ciò significa nuova domanda interna, più scambi commerciali e opportunità di investimento per le aziende dei Paesi UE attuali. La Commissione sottolinea che ogni ondata di adesioni ha rafforzato l’economia dell’Unione, rendendola più grande e resiliente. L’Ucraina, ad esempio, è un grande esportatore agricolo e di materie prime strategiche (ferro, terre rare): la sua integrazione stabile nell’UE contribuirebbe alla sicurezza alimentare ed energetica del blocco. Inoltre, i Paesi candidati portano risorse umane qualificate: milioni di giovani istruiti, spesso plurilingue, che potrebbero colmare carenze di manodopera in vari settori europei. Già oggi molti cittadini di questi Paesi lavorano nell’UE; con l’adesione, la loro posizione sarebbe regolarizzata facilitando la mobilità e l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Sul fronte dei candidati, l’adesione comporta massicci fondi strutturali e di coesione che stimolerebbero lo sviluppo locale, migliorando infrastrutture, servizi e standard di vita (com’è avvenuto in Europa centrale dopo il 2004). Il think tank European Stability Initiative propone persino di anticipare questi benefici prima ancora della piena adesione, offrendo ai candidati l’accesso al Mercato Unico e ai fondi UE appena soddisfano i criteri. Un mercato integrato incrementa anche la resilienza economica dell’UE: con l’Ucraina e i Balcani dentro, l’Unione disporrebbe di maggiori superfici coltivabili, riserve minerarie e un tessuto industriale diversificato (ad esempio l’Ucraina ha un importante settore metallurgico e aerospaziale). Ciò ridurrebbe la dipendenza da fornitori esterni e darebbe al blocco un peso maggiore nelle catene del valore globali. I favorevoli riconoscono che servono investimenti per mettere questi Paesi al passo, ma li considerano soldi ben spesi: “il premio in palio è vincere insieme la pace”, scrive Elise Bernard, e ciò include creare prosperità condivisa per evitare future instabilità. L’allargamento viene quindi dipinto come un gioco a somma positiva: i nuovi membri beneficiano di stabilità e fondi, i vecchi di nuovi mercati e crescita; l’intera Unione diventa più robusta economicamente, pronta a competere a livello globale grazie a un mercato integrato di oltre 500 milioni di persone.
Madeleine Maresca, 12 dicembre 2025