Un aspetto distintivo della NSS 2025 è il cambio di tono verso le grandi potenze rivali. La precedente strategia del 2017 (prima amministrazione Trump) e quella del 2022 (Biden) definivano Cina e Russia come revisionist powers che vogliono plasmare un mondo ostile ai valori e interessi USA. Nel nuovo documento, invece, questi avversari non sono più inquadrati in termini ideologici di scontro totale, ma in termini funzionali e circoscritti. I sostenitori lodano questo approccio come un atto di realismo selettivo, che evita pericolose esacerbazioni e punta a una gestione pragmaticamente vantaggiosa delle relazioni con Pechino e Mosca. In particolare, la Cina non è più definita “minaccia sistemica” o “concorrente strategico globale”, ma è menzionata (solo a pagina 19 di 29) soprattutto come competitore economico. La NSS afferma che “la posta in gioco ultima sono gli economics” e che l’obiettivo primario verso Pechino è assicurare “una relazione economica reciprocamente vantaggiosa”. Questo non significa ingenuità: il documento sottolinea la necessità di riequilibrare i rapporti commerciali e proteggere le filiere critiche da dipendenze cinesi. Ma non demonizza la Cina come nemico esistenziale, aprendo piuttosto alla cooperazione laddove possibile. I favorevoli apprezzano questa sfumatura, affermando che disinnesca l’inerzia bellicista in atto: se tratti una potenza nucleare come un nemico “civilizzazionale”, rischi di innescare profezie autoavveranti. Trump, al contrario, distingue i piani: sì a competizione feroce sul piano economico e tecnologico (la NSS parla di “contenimento economico e tecnologico” della Cina e di mantenere il vantaggio su AI, biotech, quantistica), ma senza cercare uno scontro militare frontale. Anzi, si chiama esplicitamente gli alleati Indo-Pacifici a fare la loro parte per dissuadere Pechino da avventure a Taiwan, aumentando il burden-sharing (condivisione degli oneri) regionale. In pratica, la strategia indica agli alleati asiatici di rafforzare le proprie difese (Giappone, Corea del Sud, Taiwan stessa) in modo che gli USA non debbano fare il ruolo del poliziotto. Non c’è abbandono: la NSS ribadisce l’impegno a “dissuadere un conflitto su Taiwan, preferibilmente preservando il vantaggio militare USA”. Ma lo fa con toni sobri e una richiesta di contributo agli alleati locali. Questo ridimensionamento della retorica anticinese potrebbe, secondo i sostenitori, ridurre le tensioni globali. Scott Anderson (Brookings) nota che la NSS sembra più aperta a “sistemi di equilibrio regionale” e implicite sfere d’influenza, accettando la “timeless truth” che i grandi paesi hanno zone d’influenza e che la pretesa di dominare il mondo intero è illusoria. Ciò porta a un atteggiamento meno ideologico e più incline a gestire i rapporti con Pechino: competere dove serve (economia, Pacifico) ma anche cooperare dove conviene (ad esempio nel commercio in America Latina, come la NSS stessa menziona). Su Mosca, la NSS compie un aggiustamento simile. Non c’è più traccia di frasi come “Putin vuole distruggere i valori occidentali”; piuttosto si afferma che molti europei vedono la Russia come minaccia esistenziale e che andrà ripristinata la stabilità strategica con Mosca dopo il conflitto ucraino. Questo suggerisce la disponibilità a un modus vivendi futuro. I proponenti argomentano che tenere aperta questa porta è saggio: la Russia, pur aggressiva, resta un attore con cui prima o poi occorrerà trattare (specie sul controllo degli armamenti e la sicurezza europea). Le mosse di Trump in questo senso – da Operation Midnight Hammer che ha colpito l’Iran filorusso, indebolendo un alleato di Mosca in Medio Oriente, fino ai paralleli canali diplomatici con il Cremlino – indicano un approccio carrot-and-stick: colpire dove la Russia supera la linea, ma lasciare intendere che gli USA non cercano il collasso della Russia. Al contrario, la NSS pare dire: una Russia stabile (pur restando autocratica com’è) può essere reintegrata in un equilibrio globale. Questa prospettiva è fortemente criticata dagli atlantisti puri, ma i pro la difendono: isolare per sempre una potenza nucleare grande come un continente non è realistico. Meglio puntare su un rapido cessate-il-fuoco in Ucraina e poi su un nuovo compromesso strategico con Mosca, come la NSS esplicitamente dichiara di voler fare. C’è poi l’idea di focalizzare le risorse dove contano davvero: “non possiamo fare tutto ovunque”, sembra dire la NSS. E allora ecco il concetto di realismo selettivo: l’Asia-Pacifico e le Americhe sono teatri centrali, mentre il Medio Oriente e l’Africa vanno de-enfatizzati, salvo per aspetti specifici. Questo comporta concentrare la deterrenza militare su Taiwan e il Mar Cinese Meridionale e contestualmente ridurre gli impegni altrove. Matthew Kroenig dell’Atlantic Council apprezza le “soluzioni creative” per sfide nuove, come l’uso di armi economiche per competere senza dover ricorrere a conflitti militari diretti. Infatti, la NSS parla di tariffe, sanzioni e incentivi come parte integrante della strategia: “l’economia è l’arma totale” che l’America intende usare contro i rivali. Questo è un approccio duro ma non bellicoso: si riconosce che la concorrenza USA-Cina avviene su piani molteplici (mercati, tecnologie, supply chain) e la si affronta in quei termini, senza dipingerla subito come Terza Guerra Mondiale. I pro ritengono che ciò riduca il rischio di conflitto, perché permette spazi di convivenza: finché la Cina non sfida direttamente l’America (militarmente), gli USA cercano di competere con mezzi non militari e scoraggiano lo scontro armato (anche delegando parte del deterrente agli alleati locali). Un effetto positivo di questo atteggiamento è che rende la politica estera USA più prevedibile e meno aggressiva agli occhi internazionali. “Reuters” ha notato che, già nei primi mesi del 2025, “i discorsi USA hanno ribaltato ipotesi post-guerra fredda” sul rapporto con l’Europa e il nemico russo, facendo contento il Cremlino ma anche spiazzando i competitor: Pechino probabilmente “amerà due parti di questa strategia e ne odierà il resto” – osserva un’analisi CSIS – “amerà la dichiarazione esplicita che gli USA preferiscono una relazione economica mutualmente vantaggiosa, odierà la nuova Dottrina Monroe che la invita a uscire dall’America Latina”. Questo indica che la NSS non è accomodante verso i rivali, ma nemmeno gratuitamente ostile: è assertiva dove serve (Monroe per cacciare la Cina dal cortile americano) e moderata dove possibile (cooperazione economica con Pechino in linea di principio). I favorevoli alla NSS 2025 ne elogiano il realismo nell’approcciarsi a Cina e Russia: non amici, certo, ma neppure nemici “ontologici” con cui non parlare mai. La strategia di Trump preferisce gestire l’ascesa cinese (sul piano economico e militare) anziché lanciarsi in una nuova “crociata anti-dittature”; analogamente, congelare la minaccia russa e magari coinvolgerla in un equilibrio postbellico è considerato meglio che puntare a un collasso di Mosca. Questo distacco dal fervore ideologico riduce i rischi di conflitto globale e apre spazi di cooperazione selettiva su temi d’interesse comune (si pensi al cambiamento climatico o alla non proliferazione nucleare, che non possono prescindere da Cina e Russia). Mike Froman, presidente del CFR, ha commentato che la NSS “enuncia ciò che l’amministrazione intende fare prioritizzando certe aree (Emisfero Occidentale) e non menzionandone affatto altre (il terrorismo appena citato)”, segno di scelte chiare. I pro considerano ciò un pregio: focalizzazione delle risorse dove contano davvero e stop alla mentalità da gendarme mondiale ovunque. L’America di Trump seleziona le sue battaglie: in Estremo Oriente mantiene la supremazia militare per scoraggiare conflitti; in parallelo, offre a Pechino la prospettiva di un accordo di reciproco vantaggio economico (invece della guerra dei dazi infinita). Verso Mosca mostra i muscoli (come col colpo all’Iran) ma anche “ammicca” a una futura distensione se si chiude la questione ucraina. Questo mix di deterrenza e distensione calibrata richiama l’abilità diplomatica del periodo post-Seconda Guerra Mondiale, quando gli USA parlavano col nemico (URSS) mantenendo la pace con un equilibrio di potenza. I fan della NSS 2025 ritengono che Trump stia rifacendo esattamente questo: traccia linee rosse nette (niente Cina in casa nostra, niente invasioni lampo su Taiwan) e insieme cerca “global balances of power” stabili in varie regioni. Contrastano così la narrativa di chi vede la strategia come filorussa o arrendevole: in realtà, è “muscolare senza essere hawkish, contenuta senza essere dovish” (come cita “Reuters”), cioè difende con forza gli interessi USA ma evita di ideologizzare i conflitti. E in un’era multipolare rischiosa, questa prudenza calcolata è la ricetta della sicurezza sostenibile.
Nina Celli, 10 dicembre 2025