Tra gli aspetti più dibattuti della NSS 2025 c’è il trattamento franco e ruvido riservato agli alleati europei. Paradossalmente, i sostenitori della strategia – compresi alcuni leader in Europa – difendono questo approccio come una necessaria sveglia per il Vecchio Continente. Secondo questa tesi, Trump ha avuto il coraggio di dire apertamente ciò che molti pensavano da tempo: l’Europa, adagiata sotto l’ombrello della sicurezza americana dal 1945, deve imparare a difendersi da sola se vuole contare e sopravvivere nel nuovo scenario globale. La ruvida franchezza di frasi come “l’Europa rischia la cancellazione della sua civiltà” non è (solo) un insulto gratuito, ma un monito brutale: continuare a ignorare problemi strutturali – declino demografico, apparati UE pachidermici, politiche migratorie divisive – porterà il continente alla marginalità e all’impotenza. I sostenitori di questa idea citano un dato su tutti: la spesa militare. Da anni gli Stati Uniti chiedevano ai partner NATO di investire almeno il 2% del PIL in difesa; pochi lo hanno fatto. La NSS 2025 rilancia con un obiettivo ancor più ambizioso, il 5% del PIL (l’“Hague Commitment”), e afferma senza giri di parole che “i giorni in cui gli USA sorreggevano l’ordine mondiale come Atlante sono finiti”. Questo può suonare come un disimpegno, ma in realtà è un invito a diventare adulti rivolto all’Europa. “Quando appalti la tua sicurezza ad altri, c’è un prezzo da pagare”, ha osservato la premier italiana Meloni, commentando la strategia: e quel prezzo si chiama dipendenza e irrilevanza. Meloni (leader di un Paese storicamente filoamericano) concorda che l’Europa “non dev’essere autonoma contro gli USA, ma grande insieme a loro, portando però il proprio peso”. Dal suo punto di vista, la NSS ha il merito di “dire con toni assertivi qualcosa che il dibattito transatlantico affronta da tempo… un percorso storico inevitabile”. Insomma, l’Europa doveva prima o poi affrancarsi dalla tutela americana e Trump la costringe a farlo ora, drasticamente. I sostenitori interni all’Amministrazione rimarcano che questa strategia non mira a distruggere la NATO, bensì a rafforzarla su basi nuove. Il concetto di “burden-sharing” (condivisione degli oneri) è portato alle estreme conseguenze: la NSS definisce gli USA non più il “garante ultimo” ma il “convocatore e sostenitore” di una rete di difesa comune. Ciò implica che gli europei devono coprire le lacune convenzionali nel dispositivo di deterrenza occidentale, mentre gli Stati Uniti manterranno soprattutto gli elementi di “overmatch” (tecnologia avanzata, dissuasione nucleare). Un report di “Reuters” ha rivelato che Washington vuole che l’Europa prenda in carico la maggioranza delle capacità difensive convenzionali della NATO (intelligence, missili, forze corazzate ecc.) nel giro di pochi anni. Alcuni a Bruxelles l’hanno definita una scadenza irrealistica, ma i difensori replicano: “irrealistico è pensare che gli USA possano farsi carico per sempre della difesa europea contro una Russia nucleare, mentre fronteggiano anche la Cina”. Con la guerra in Ucraina, l’Europa ha già dovuto rafforzarsi in tempi brevi: Trump ne accelera la trasformazione da protetta a partner. L’idea che la strategia di Trump, per quanto scomoda, possa giovare all’Europa stessa è condivisa pure da alcuni esperti neutrali. Brad Bowman (Fondazione per la Difesa delle Democrazie) ha commentato sui social che nella “gara per tempo, risorse e attenzione” i vincitori sono l’Emisfero Occidentale e forse il Pacifico, mentre la perdente è l’Europa. Ciò suona negativo per gli europei, ma li costringe a reagire: ad esempio, la Polonia (ora guidata da Donald Tusk) ha compreso il messaggio e sta promuovendo il concetto di “autonomia strategica” europea non per ostilità anti-USA, ma per divenire un alleato più forte e credibile. Lo stesso Alto Rappresentante UE, Kaja Kallas, ha ammesso che “ci sono molte critiche [nella NSS] ma alcune sono vere” e ha ribadito: “Gli USA restano il nostro più grande alleato… Non sempre siamo stati d’accordo su tutto, ma il principio generale resta valido: dobbiamo restare i migliori alleati e dovremmo restare uniti”. In pratica, le figure più atlantiste invitano a non drammatizzare i toni di Trump, bensì a coglierne il segnale: “l’America resta con noi, ma chiede che ci difendiamo da soli quando possibile”. È un colpo potenzialmente benefico nel lungo termine, perché stimola investimenti e coordinamento continentale sulla difesa. Già si vedono effetti: dopo l’uscita della NSS, vari governi UE hanno accelerato piani per aumentare le spese militari (la Germania valuta di portarle dal 2 al 3% entro un decennio, l’Italia ha promesso un salto al 2% entro pochi anni) e per rafforzare la cooperazione militare intra-europea. Alexandr Serban, analista romeno, osserva che l’Europa centro-orientale dovrà puntare su più autosufficienza e cooperazione regionale, il che in fondo si allinea con obiettivi che alcuni Paesi, come la Romania, già perseguono (modernizzare le forze armate, snellire le strutture NATO in Europa). Meno dipendenza dagli USA può inoltre significare maggiore libertà d’azione europea in aree dove finora attendeva la guida di Washington, come la gestione di crisi nel vicinato (Balcani, Mediterraneo) o politiche industriali per la difesa. I sostenitori fanno notare che Trump non “abbandona” davvero l’Europa, ma la tratta con schiettezza per spronarla. Prova ne sia che la NSS ribadisce l’impegno americano a evitare che la Russia espanda il conflitto ucraino e a mantenere la “stabilità strategica” in Europa. Inoltre, sebbene critico verso Bruxelles, Trump valorizza i legami bilaterali con singoli Paesi europei che ritiene affidabili. Il testo sottolinea che gli USA “vogliono che l’Europa ritrovi la fiducia in se stessa come civiltà” e ritiene “vitali” i mercati e le industrie avanzate europee, definendo l’Europa un “alleato indispensabile” – pur “culturalmente inaffidabile” finora. Dietro la sferzata retorica, insomma, c’è l’auspicio che l’Europa diventi forte (ma non autonoma al punto da divergere dagli USA). Si chiede un’Europa “grande, ma sotto tutela” americana nelle questioni cruciali, una critica forse paternalistica, ma che implica comunque volontà di collaborazione se i partner si mostrano solidi. Come ha detto la stessa Meloni: “non parlerei di incrinatura dei rapporti UE-USA… l’America dice qualcosa di vero e inevitabile”, ovvero che “la difesa europea ha un costo che l’Europa deve assumersi”. Dunque, la NSS 2025 fa bene all’Europa svegliandola dal torpore. Vengono rimossi i guanti diplomatici e dette verità scomode affinché gli alleati escano dalla comfort zone e diventino partner maturi. È un percorso forse traumatico, ma “storicamente inevitabile” e in ultima analisi benefico sia per l’Europa (che rafforza la propria capacità di difesa e peso globale) sia per gli USA (che avranno alleati più affidabili e meno oneri unilaterali).
Nina Celli, 9 dicembre 2025