La NSS 2025 di Trump equivale a un ritiro sostanziale degli Stati Uniti dal ruolo di guida dell’ordine liberale internazionale, con conseguenze potenzialmente disastrose per la stabilità globale. Pur non dichiarando apertamente l’isolazionismo, la strategia di fatto smantella i principi e le architetture che hanno mantenuto la sicurezza mondiale dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, senza offrire valide alternative. Innanzitutto, la NSS liquida come “illusione” la visione bipartisan che inquadra le relazioni internazionali come uno scontro tra democrazie e autocrazie. Definisce “fallita” l’idea di poter plasmare un mondo secondo i valori USA e rigetta la “global domination” che imputa a precedenti élite. Questa abiura suona bene a chi è stanco di interventismi, ma i critici notano che lascia un vuoto concettuale: se gli USA non aspirano più a promuovere un ordine basato su democrazia, diritti umani e regole, che tipo di ordine globale risulterà? La NSS parla vagamente di “equilibri globali e regionali di potere”, il che sembra suggerire un ritorno a zone d’influenza e concerti tra grandi potenze, reminiscenti dell’800. Una tale impostazione però ignora insegnamenti storici dolorosi: il mondo puramente multipolare senza norme condivise fu quello che precipitò nelle due guerre mondiali. Gli USA di Truman e Marshall lo sostituirono con un sistema di alleanze e istituzioni (ONU, NATO, Bretton Woods) che – pur imperfetto – ha evitato grandi conflitti per 75 anni e garantito straordinari progressi economici e di libertà. Trump nella NSS sembra gettare alle ortiche questo patrimonio. Ad esempio, la strategia critica apertamente istituzioni come l’Unione Europea (accusata di opprimere la sovranità degli Stati) e mostra disprezzo verso le organizzazioni internazionali e accordi globali, dal clima al commercio. Questa attitudine è a vantaggio degli autocrati, che vedono nei consessi multilaterali (dove spesso vengono richiamati sui diritti umani o vincolati su regole) un ostacolo. Aslı Aydıntaşbaş (Brookings) scrive che la NSS appare “straordinariamente trasparente nel desiderio di normalizzare le relazioni con la Russia” e ruvida verso l’Europa, e invita a immaginare “una contro-NSS post-Trump” che dovrà riparare i danni: perché il mondo e il clima intellettuale del 2025 non sono più quelli del 2021 e molte certezze si sono incrinate. In altre parole, se e quando arriverà un altro presidente USA, dovrà faticare a ricostruire quell’aura di leadership benigna che Trump avrà demolito. Ciò, nel frattempo, avrà creato una finestra di vulnerabilità globale: attori malintenzionati si sentono liberi di agire sapendo che l’America “non farà il poliziotto morale”. Ad esempio, già con Trump di nuovo alla Casa Bianca, vediamo Israele calcare la mano a Gaza e Cisgiordania senza freni (forte del fatto che la NSS preme per porre fine ai “piani di pace” dell’era Biden e tornare a un Medio Oriente “meno prioritario” e accomodante verso regimi autoritari). Allo stesso modo, dittatori e aspiranti tali in tutto il mondo recepiscono il segnale: gli USA non vi faranno più prediche sui modelli democratici. La NSS lo dice chiaramente, “tratteremo i partner mediorientali per come sono, senza pretendere di esportare modelli democratici”, quindi si sentiranno più liberi di attuare repressioni, colpi di mano, proroghe infinite al loro potere. Gli esperti contrari avvertono che la NSS di Trump coincide essenzialmente con ciò che Ivo Daalder (ex ambasciatore NATO) ha definito “ritiro USA nell’unilateralismo nazionalista”: rifuggire da ogni impegno verso cause e principi comuni significa di fatto cedere terreno alle potenze revisioniste. Egli l’ha chiamata “unserious but dangerous strategy”, perché va oltre la retorica: licenzia concetti cardine come la promozione della democrazia come se fossero frivolezze, quando in realtà erano strumenti di influenza e sicurezza: creare un mondo più democratico ha sempre coinciso con creare un mondo più sicuro per l’America. Ora gli USA di Trump dicono “quei principi non ci importano più”. Il rischio è che gli alleati e paesi neutrali perdano fiducia nella serietà e nella costanza americana. Vanda Felbab-Brown osserva che la NSS 2025, con la sua riaffermazione di un ruolo quasi “neo-imperialista” degli USA nell’emisfero e il rifiuto di scusarsi per i comportamenti passati (golpe, invasioni), “alimenta i profondi risentimenti” contro gli Stati Uniti e compromette le sue politiche. Questo è vero in America Latina, ma su scala più ampia può avvenire ovunque: Trump sta dipingendo un’America che non pretende più di essere “quella buona”, ma solo “quella forte”. Ciò può apparire onesto, ma ha conseguenze: perché altri Paesi dovrebbero seguirne la guida o fidarsi, se gli USA esplicitamente rifiutano l’idea di un bene comune internazionale e agiscono solo “in base al proprio tornaconto”? “America First – e chi se ne importa del resto” è la vibrazione che il mondo percepisce dalla NSS. Questo, secondo i critici, erode la legittimità morale e l’influenza diplomatica costruite dagli USA in 70 anni. In Asia e Africa, ad esempio, la riduzione dell’impegno USA (specie su temi come la governance e i diritti) lascia campo libero alla Cina di presentarsi come partner alternativo senza condizionalità. Il documento afferma di voler contrastare Pechino in Latino-America, ma in Africa adotta un approccio diverso: la “logica di investimenti e scambi” privilegiando i Paesi “affidabili e aperti al business USA”, dedicando “pochissimo spazio” a governance, disuguaglianze e conflitti locali. Rama Yade nota che la NSS appare “una svolta drammatica” ma poi finisce per ignorare aspetti chiave e non sa dire come affrontare estremismi e malgoverni in Africa se non col solito business. La strategia vede l’Africa come “grande magazzino da cui estrarre materie prime e consenso diplomatico”, non come insieme di società complesse. Questo approccio mercantilista senza attenzione ai valori è destinato a fallire, perché non risolve le cause profonde (corruzione, instabilità) e anzi accentua il clientelismo e la frammentazione interna, alimentando competizione tra potenze esterne. Se gli USA abdicano alla promozione di governance e si limitano a cercare “Stati affidabili” che li supportino, finiranno per appoggiare dittatori impopolari, cosa che a lungo termine genererà più conflitti e sentimenti antiamericani. Ciò è tanto più vero in Medio Oriente: Steven Cook (CFR) sottolinea che la NSS dichiara “finita l’epoca di aspirare a modelli democratici” nella regione e propone di trattare coi partner “per come sono” (cioè, regimi autoritari) purché garantiscano corridoi energetici e cooperazione antiterrorismo. Egli avverte che questa visione “ottimistica” ignora che tutte le faglie storiche (rivalità settarie, regimi repressivi, milizie) restano aperte e che, quando la zona entra in crisi, persino le potenze che volevano solo “gestire il rischio” finiscono risucchiate in interventi sempre più profondi. In altri termini: l’isolazionismo mascherato da realismo di Trump può sembrare economico sul breve termine (meno coinvolgimenti idealistici), ma sul medio termine rischia di costringere gli USA a interventi d’emergenza ancora peggiori quando situazioni trascurate esploderanno. I critici, inoltre, contestano l’idea trumpiana secondo cui il ritiro dall’ordine liberale e il rifugio nell’egoismo renderebbero l’America più sicura e libera. La NSS afferma di voler “sfuggire al concetto fallito di dominazione globale”, come se fino a ieri gli USA avessero cercato di conquistare il mondo, mentre ora saggiamente si accontentano di equilibri di potere limitati. Questo è giudicato un falso storico: la leadership USA post-’45 non fu dominio imperialista, ma cooperazione e costruzione di istituzioni che – sebbene guidate dagli USA – hanno portato prosperità anche agli altri. Abbandonarle non significa tornare a un placido isolazionismo prebellico: significa creare un globo più anarchico e aprire la strada ai veri imperialismi di Russia e Cina. L’esperta Anne Applebaum definisce la NSS 2025 “Un manifesto del neo-isolazionismo 2.0 mascherato da pragmatismo”: teme che togliendo gli USA dal ruolo di ancoraggio dei principi, il sistema internazionale entri in instabilità cronica, come già si intravede nelle guerre regionali in Ucraina e Medio Oriente. Con Trump che dice “non esiste un concetto di libero mondo vs mondo autocratico”, “è difficile immaginare un ritorno alla cornice Biden del ‘democrazie vs autocrazie’ o a un confronto ideologico con Cina e Russia”, scrive Aydıntaşbaş. Ciò significa che nemmeno un futuro presidente democratico potrà ripristinare facilmente la situazione: la fiducia nel ruolo americano sarà irrimediabilmente compromessa. Dunque, la NSS 2025 fa saltare il pilastro della leadership USA nel sistema liberale, e questo è pericolosissimo. L’isolazionismo senza responsabilità globali è un’illusione: il mondo non aspetta altro che riempire quel vuoto con dinamiche più dure e conflittuali. La sicurezza americana a lungo termine si basa su alleanze solide, valori attrattivi e istituzioni efficaci: tutti elementi che Trump sacrifica sull’altare di un nazionalismo di breve respiro. Il risultato può essere un mondo “free-for-all” dove la legge del più forte prevale e l’ombrello di sicurezza USA – sotto cui prosperavano anche gli americani – scompare, lasciando gli stessi USA più soli e insicuri di prima.
Nina Celli, 9 dicembre 2025