Per i critici del divieto 2035, uno degli aspetti più problematici è la rottura del principio di neutralità tecnologica: invece di fissare un obiettivo (ridurre a zero le emissioni) e lasciare al mercato il compito di trovare le soluzioni migliori, l’UE finirebbe per imporre de facto un’unica tecnologia, l’auto elettrica a batteria. L’obiezione non riguarda il valore dell’elettrico in sé, ma il fatto che la normativa preveda, dal 2035, solo veicoli “a emissioni zero allo scarico”, escludendo o relegando ai margini opzioni potenzialmente utili come motori a combustione alimentati con carburanti climaticamente neutri (e-fuel, biocarburanti avanzati), ibridi plug-in di nuova generazione o altre soluzioni ancora in fase di sviluppo. In Germania, il cancelliere Friedrich Merz ha chiesto esplicitamente alla Commissione di rinunciare a un “hard cut-off” dei motori termici nel 2035, proponendo di mantenere spazio regolatorio per plug-in e motori molto efficienti, in linea con le richieste dell’industria nazionale di una transizione più flessibile e “realistica”. L’argomento della neutralità tecnologica è centrale anche nel dibattito italiano. Esponenti politici come il senatore Paolo Arrigoni hanno contestato il divieto proprio perché, a loro avviso, “viola la neutralità tecnologica”, ignorando biocarburanti già disponibili e nuovi carburanti non fossili che potrebbero ridurre le emissioni mantenendo viva la filiera dei motori endotermici. Analoghe critiche vengono da alcuni costruttori: il CEO di BMW Oliver Zipse ha definito il bando 2035 un “grave errore”, sostenendo che la regolazione UE guarda solo allo scarico e trascura le emissioni di ciclo di vita (produzione di batterie, generazione elettrica), chiedendo che vengano presi in considerazione anche carburanti climaticamente neutri oltre quella data. Da questa prospettiva, la scelta di vincolare l’intero mercato a un’unica architettura tecnologica rischierebbe di soffocare l’innovazione concorrente: se in futuro emergessero carburanti sintetici davvero sostenibili, o motori termici ultra efficienti combinati con combustibili rinnovabili, il quadro regolatorio attuale renderebbe molto difficile la loro diffusione su larga scala, a prescindere dal loro effettivo impatto ambientale. I critici sottolineano inoltre che l’UE ha già dovuto introdurre deroghe ex post sotto pressione politica: nel 2023, ad esempio, la normativa è stata sbloccata solo dopo l’accordo con la Germania sugli e-fuel, consentendo la vendita dopo il 2035 di auto termiche alimentate esclusivamente da carburanti sintetici. Allo stesso tempo, la richiesta italiana di riconoscere i biocarburanti è rimasta esclusa, creando un regime di eccezioni considerato incoerente e frutto più di equilibri politici che di una valutazione comparativa delle tecnologie. Alcuni osservatori temono che la stratificazione di deroghe negoziate caso per caso produca un sistema poco trasparente, in cui solo gli attori con maggiore peso politico riescono a far valere la propria tecnologia preferita. In quest’ottica, i detrattori propongono un modello alternativo: fissare un obiettivo di riduzione delle emissioni molto ambizioso (anche pari al 100%) sul ciclo di vita del veicolo, lasciando però aperta la competizione fra soluzioni (EV, e-fuel, biofuel sostenibili, idrogeno, ibridi di nuova generazione) purché rispettino parametri stringenti. Questo preserva la possibilità di combinare più traiettorie tecnologiche, mitigando i rischi di puntare tutto su una sola carta. Chi critica il bando 2035 osserva che la neutralità tecnologica non è solo un principio astratto, ma ha effetti concreti su investimenti e occupazione. In Italia, ad esempio, una parte consistente della filiera – dagli impianti di raffinazione ai produttori di componenti per motori – sta investendo su biocarburanti, carburanti a basso tenore di carbonio e soluzioni ibride. Se il quadro regolatorio esclude a priori queste opzioni, molti di questi investimenti rischiano di trasformarsi in asset incagliati, con ricadute su posti di lavoro e competitività. Da qui l’insistenza di governi come quello italiano nel chiedere alla Commissione di “aprire a tutte le tecnologie” nella revisione, inclusi biocarburanti avanzati ed ibridi plug-in. L’obiettivo dichiarato non è fermare la decarbonizzazione, ma evitare – secondo questa lettura – che la transizione venga ridotta a un’unica soluzione obbligata, rischiando di rivelarsi meno resiliente, meno innovativa e più costosa nel lungo periodo.
Nina Celli, 5 dicembre 2025