I fautori dell’atomo riconoscono che la tecnologia nucleare tradizionale presenta criticità storiche, ma sostengono che le nuove generazioni di reattori siano progettate proprio per superare quei limiti, inaugurando di fatto un “nuovo nucleare” più sicuro e sostenibile. Sul fronte della sicurezza, i reattori di III+ e IV generazione integrano sistemi di sicurezza passiva che li rendono assai meno vulnerabili agli incidenti: ad esempio, la capacità di raffreddamento automatico per circolazione naturale (senza bisogno di alimentazione esterna) e l’assenza di componenti – come le pompe di emergenza – la cui mancata attivazione fu determinante in incidenti come Fukushima. Molti concept di piccoli reattori (SMR) prevedono l’installazione sotterranea o in contenitori sigillati, per proteggerli da eventi esterni e impedire rilasci radioattivi in caso di guasto. Inoltre, poiché si tratta di unità con potenza limitata (50-300 MW contro i ~1000 MW dei reattori convenzionali) e spesso collocate in pool di raffreddamento di ridotte dimensioni, il potenziale impatto di un incidente viene drasticamente ridotto in termini assoluti. Alcuni design avanzati – come i reattori veloci refrigerati al piombo su cui lavora Newcleo – operano in condizioni “subcritiche”: ciò significa che la reazione a catena nel nocciolo non si autosostiene senza un fascio di particelle esterno (acceleratore) e dunque, per costruzione, non può andare fuori controllo. Questo elimina alla radice scenari di fusione catastrofica del nocciolo. Sul versante scorie, i reattori di IV generazione puntano a chiudere il ciclo del combustibile: la fissione veloce consente di utilizzare come combustibile il plutonio e gli attinidi minori presenti nei rifiuti ad alta attività delle centrali attuali, “bruciandoli” e trasformandoli in isotopi meno radiotossici e a vita più breve. In pratica, ciò che oggi è un rifiuto radioattivo di lunghissimo periodo potrebbe diventare materia prima per produrre altra energia nei reattori di nuova concezione, riducendo sia la quantità sia la pericolosità delle scorie finali da stoccare. I sostenitori sottolineano che i nuovi impianti non produrranno plutonio in eccesso da smaltire: al contrario, potranno consumare quello esistente. Ad esempio, i reattori veloci (LFR) al piombo di Newcleo mirano proprio a “non produrre scorie ad alto decadimento, perché i prodotti di risulta diventano nuovo combustibile”. Un altro esempio di innovazione è l’uso di combustibili alternativi: alcuni design impiegano il torio, un elemento più abbondante e meno problematico dell’uranio (i suoi residui hanno vita media più breve). Tutte queste soluzioni nascono da decenni di ricerca internazionale e confermano che il settore nucleare è tutt’altro che statico: c’è una evoluzione tecnologica continua volta a rendere l’atomo più pulito e sicuro. La stessa Unione Europea, nel lanciare nel 2025 la nuova strategia per gli SMR, ha evidenziato la necessità di accelerare l’innovazione in quest’ambito e di armonizzare gli standard di sicurezza, proprio per permettere ai reattori avanzati di integrarsi nel futuro mix energetico in modo affidabile. I proponenti citano inoltre casi concreti: reattori modulari prototipo sono già operativi (ad esempio il cinese ACP100 con 125 MW, connesso alla rete nel 2021, o la centrale galleggiante russa Akademik Lomonosov, 2×35 MW) e molti altri (circa 20) sarebbero in fase avanzata di costruzione nel mondo con avvio previsto entro il 2026 Questa “nuova ondata” dimostrerebbe che gli SMR stanno passando dalla teoria alla pratica. La maggiore compattezza e modularità consente, secondo i favorevoli, di tenere sotto controllo tempi e costi: i componenti fabbricati in serie in stabilimento riducono le complessità di cantiere e le possibilità di errori, un approccio industriale diverso dalle mega-opere tradizionali (dove personalizzazione e cantieristica one-off hanno spesso causato sforamenti). “Non c’è da sorprendersi se il ministro Cingolani ha aperto a queste tecnologie: nel mondo economico queste iniziative vanno avanti da tempo”, ha commentato Enrico Minopoli, presidente Associazione Italiana Nucleare, quando si è acceso il dibattito in Italia, sottolineando che “sono reattori piccoli, avanzati, senza pompe ed elementi manuali – il che elimina fattori critici – e che non producono scorie ad alta attività perché chiudono il ciclo del combustibile”. Il nucleare di nuova generazione, quindi, non è quello del passato: grazie a innovazioni su sicurezza intrinseca, design semplificato e gestione del combustibile, i reattori di domani puntano a rendere realtà ciò che finora era ideale, ovvero centrali nucleari senza rischio significativo di incidenti e con un impatto ambientale minimo in termini di rifiuti radioattivi. Questo li qualificherebbe come una soluzione decisamente più “green” rispetto alle centrali nucleari di ieri, superando molte delle obiezioni tradizionali mosse all’atomo.
Madeleine Maresca, 4 dicembre 2025