Una parte non trascurabile del consenso di Milei proviene da chi ne apprezza la battaglia frontale contro l’ideologia progressista e il cosiddetto “politicamente corretto”. In campagna elettorale e da presidente, Milei non ha nascosto il suo disprezzo per quelle che definisce le “teste dell’idra marxista”: femminismo, ideologia di genere, ambientalismo radicale, politiche di accoglienza ecc. Per molti sostenitori – soprattutto nell’elettorato conservatore, religioso o semplicemente esasperato da certe istanze – questo linguaggio schietto e iconoclasta è stato un vento di aria fresca nel panorama pubblico. Milei ha promesso di abolire ciò che ritiene istituzioni inutili figlie del “pensiero woke”: ha subito chiuso il Ministero delle Donne, Generi e Diversità e l’INADI (l’ente antidiscriminazioni), considerandoli veicoli di ideologia anziché strumenti di giustizia. Questa mossa, criticata all’estero, è stata invece applaudita internamente da chi vedeva in quegli enti solo burocrazia e propaganda. Il ragionamento dei pro-Milei è che i diritti individuali vanno garantiti per tutti senza creare corsie preferenziali: eliminare quote rosa, quote LGBT o altre misure “speciali” significa applicare davvero l’eguaglianza formale (non a caso una delle prime bozze di legge del governo è chiamata “Legge sull’uguaglianza davanti alla legge”, volta a sopprimere le quote di genere e categorie protette nel settore pubblico). Inoltre, l’approccio di Milei riflette valori tradizionali cari a molti argentini: il suo fermo no all’aborto (da lui definito “omicidio”) allinea l’Argentina con la sensibilità cattolica di una larga fetta della popolazione, specie fuori dai grandi centri urbani. Dopo la legalizzazione del 2020, in diverse province più conservatrici c’era malcontento; Milei ha captato questa onda promettendo un referendum per abrogare la legge e intanto riducendo la disponibilità di pillole abortive nel pubblico. Anche se ciò è controverso a livello di diritti, per i suoi sostenitori rappresenta un ritorno alla difesa della vita e della famiglia tradizionale. Similmente, sul fronte sicurezza e ordine, Milei ha nominato al governo figure di linea dura (come Patricia Bullrich alla Sicurezza) e introdotto protocolli anti-picchetto e ampliamento della legittima difesa per le forze dell’ordine: misure che chi è pro saluta come necessarie per ristabilire l’autorità dello Stato dopo anni in cui manifestazioni violente e blocchi stradali paralizzavano il Paese impunemente. Il risultato è stato una forte diminuzione dei piquetes (blocchi) e un messaggio di tolleranza zero verso vandalismi e caos urbano. In ambito internazionale, Milei ha riallineato l’Argentina con l’Occidente e i suoi valori liberali, rompendo i legami con dittature comuniste. Ha promesso di spostare l’ambasciata in Israele a Gerusalemme e di sostenere Taiwan contro la Cina, posizioni apprezzate dall’elettorato filoccidentale e dalle comunità religiose locali (cristiane ed ebraiche). Questo netto posizionamento valoriale, pur rischioso diplomaticamente, è percepito come un segnale di coerenza morale: l’Argentina non farà più affari con regimi che non rispettano la libertà. In patria, Milei ha persino osato criticare il “sanctum” dei diritti umani così come narrati dalla sinistra peronista: la sua vice, Victoria Villarruel, ha organizzato eventi in memoria delle vittime dei guerriglieri marxisti degli anni ‘70, per bilanciare la narrazione concentrata solo sui crimini della dittatura militare. Anche questo ha incontrato il favore di chi vuole una memoria condivisa e non ideologica del passato. Infine, vi è l’aspetto del linguaggio: Milei parla senza filtri, chiama “ladri” e “parassiti” i politici e dice ciò che molti pensano ma non osavano dire in pubblico. Questa rottura del linguaggio paludato è stata vissuta dai suoi elettori quasi come un atto liberatorio, un “dire la verità” dopo anni di ipocrisie. In conclusione, dal punto di vista pro, Milei sta difendendo l’identità e i valori fondamentali della società argentina: vita, famiglia, ordine, religione e libertà di espressione. La sua crociata contro il politicamente corretto (dall’aborto al femminismo radicale, dall’ideologia gender al catastrofismo climatico) è vista come la protezione della maggioranza silenziosa contro l’imposizione di minoranze ideologizzate. “Femminismo, uguaglianza di genere, cambiamento climatico… sono scuse per far avanzare lo Stato”, ha detto a Davos. Per i suoi sostenitori è un leader che finalmente smaschera certe ideologie e rimette lo Stato al suo posto. Questa componente valoriale spiega perché molti argentini, pur subendo sacrifici economici, restano fedeli a Milei: vedono in lui non solo un economista, ma un difensore di principi in cui credono profondamente.
Madeleine Maresca, 27 novembre 2025