Gli oppositori di Milei denunciano che, dietro ai freddi numeri della riduzione del deficit, vi è in realtà un collasso dei servizi pubblici essenziali e una cancellazione di tutele sociali che sta colpendo duramente i cittadini più fragili. La drastica compressione della spesa pubblica (-28% reale in un anno) non è avvenuta tramite efficienze o tagli agli sprechi soltanto: ha comportato la quasi eliminazione di interi settori di investimento e assistenza. Ad esempio, gli investimenti pubblici sono stati praticamente azzerati: nell’edilizia popolare ridotti del 93%, nell’istruzione dell’89%. Ciò significa che lo Stato ha smesso di costruire case per i meno abbienti e di investire in scuole, infrastrutture, ospedali. Le conseguenze si vedono già: cantieri bloccati, scuole senza manutenzione (ci sono stati casi di crolli di soffitti nelle classi), mezzi di trasporto obsoleti con incidenti in aumento. Anche le pensioni sono state colpite: Milei ha deciso di adeguarle all’inflazione solo in minima parte, ottenendo un taglio reale vicino al 20% in un anno. Milioni di anziani hanno visto il loro assegno perdere potere d’acquisto, scendendo spesso sotto il costo di una cesta di beni di base. Molti pensionati oggi non riescono a pagare medicine o bollette e devono essere aiutati dalle famiglie o dalle parrocchie locali. Un altro risparmio massiccio è arrivato dai sussidi: -32% per la spesa sociale e assistenziale. Sono stati eliminati o ridotti programmi di integrazione al reddito per disoccupati, aiuti alimentari, borse di studio per studenti poveri. ONG e Chiese, che suppliscono come possono, segnalano un aumento delle richieste di aiuto senza precedenti dall’epoca della crisi 2001. Il governo ha addirittura tagliato un fondo sanitario cruciale: come riportato dalla stampa, il piano per le cure oncologiche (che forniva medicinali costosi ai malati di cancro senza risorse) è stato sospeso nel 2024 per mancanza di fondi. Pazienti con tumori o malattie rare si sono trovati dall’oggi al domani senza le cure salvavita, costretti a interrompere terapie o a indebitarsi pesantemente. Alcune associazioni hanno fatto ricorso legale per obbligare lo Stato a fornire quei farmaci: la situazione è divenuta talmente grave che i media internazionali (ad esempio “Buenos Aires Times”) parlano di “watchdog in tribunale per costringere il governo a dare medicine ai bambini malati”. La sanità pubblica nel suo complesso sta vivendo un momento drammatico: gli ospedali, già provati da anni di sottofinanziamento, hanno visto i budget falcidiati. A metà 2024 molti ospedali provinciali segnalavano carenze di forniture basilari (siringhe, reagenti, anestetici), ambulanze ferme per mancanza di manutenzione, code di mesi per esami diagnostici. Il congelamento dei salari ha spinto molti medici a dimettersi per andare nel privato o all’estero, aggravando la fuga di cervelli. Anche l’istruzione soffre: Milei ha definito la pubblica istruzione “un indottrinamento” e ha ridotto al minimo le risorse. Nelle università i docenti precari non vengono più pagati regolarmente, le borse di studio sono state cancellate e vari istituti tecnici hanno dovuto sospendere corsi per mancanza di fondi. Dalla primaria all’università, il sistema educativo argentino – un tempo vanto nazionale – rischia il tracollo qualitativo, con effetti di lungo periodo sul capitale umano del Paese. I critici sottolineano come i tagli lineari di Milei non abbiano fatto distinzioni: hanno colpito settori strategici per lo sviluppo e la coesione sociale. Un esempio emblematico è l’energia: sono stati eliminati in un colpo i sussidi alle bollette elettriche e del gas, facendo quintuplicare le tariffe per i consumatori domestici più poveri. Ciò ha ridotto la domanda energetica (molte famiglie hanno iniziato a razionare luce e gas) ma ha anche causato proteste e distacchi di fornitura per morosità. Sul fronte ambientale, l’abrogazione di norme di tutela (come la legge che consentiva al governo di intervenire per garantire l’approvvigionamento di beni essenziali) e la volontà di sfruttare intensivamente risorse come litio, petrolio e gas senza adeguati controlli ha scatenato l’allarme di comunità locali e ambientalisti. Si teme un aumento di inquinamento e danni irreversibili (ad esempio a Vaca Muerta e nell’Atlantico per trivellazioni off-shore) senza un apparato di regolamentazione forte. Allargando lo sguardo, i detrattori affermano che il modello di Milei sta smantellando lo Stato sociale costruito in decenni. La giustificazione ufficiale è eliminare gli sprechi, ma in pratica si stanno negando diritti fondamentali: il diritto alla salute, all’istruzione, alla casa, all’alimentazione per i bambini. Amnesty afferma che nei primi mesi del 2024 i programmi di protezione per le donne vittime di violenza sono stati tagliati dal 70% al 100%, lasciando centri antiviolenza e rifugi senza fondi. Questo mentre i femminicidi e la violenza domestica restano fenomeni gravi nel Paese: “si sta risparmiando sulle vite delle donne”, accusa la deputata d’opposizione Monica Macha. Al contempo, il governo ha chiuso l’agenzia antidiscriminazione e ridotto drasticamente le attività di protezione per le minoranze etniche e indigene (come riportato da CELS, molti territori indigeni sono più esposti a sfratti e abusi di polizia). Il timore espresso dalle ONG è che Milei stia ritirando lo Stato proprio dove era più necessario, lasciando un vuoto che peggiorerà tutti gli indicatori sociali: più povertà, più criminalità (è noto che crisi economiche di tale portata fanno aumentare furti e microcriminalità), meno capitale umano formato e quindi meno prospettive di sviluppo futuro. Un Paese non è fatto solo di numeri, è fatto di persone che vanno curate, istruite, protette nelle fasi di difficoltà. Il “modello Milei” ignora questo e sacrifica sull’altare del rigore contabile la dignità e il benessere di milioni di cittadini, portando alla lunga più instabilità e sofferenza.
Madeleine Maresca, 27 novembre 2025