Uno dei punti più critici sollevati dagli oppositori di Milei è la sua deriva autoritaria e il danno che sta infliggendo alle istituzioni democratiche e allo stato di diritto in Argentina. Fin dal suo insediamento, Milei ha governato in modo fortemente centralizzato, aggirando spesso il Parlamento per imporre il suo programma. L’uso disinvolto dei Decreti d’Urgenza (DNU) – strumenti pensati per emergenze ma impiegati da Milei per riforme di ampia portata – è stato massiccio: il suo “mega-decreto” 70/2023, emanato a dicembre senza dibattito parlamentare, ha modificato centinaia di norme in un solo colpo. Questo atto, definito incostituzionale da molti giuristi, è stato in parte bloccato dalla giustizia (Corte del Lavoro) e respinto dal Senato a marzo 2024, segno che Milei aveva travalicato i suoi poteri. I critici sottolineano che ignorare il Parlamento – dove pure il governo avrebbe potuto cercare compromessi – è sintomo di intolleranza verso il confronto democratico. Il presidente ha spesso bollato i legislatori oppositori come “ostacoli da aggirare” e ha ritirato disegni di legge (come la Ley Bases a febbraio 2024) minacciando di riproporli post-elezioni con una maggioranza a lui fedele. Questo atteggiamento delegittima il ruolo del Congresso, insinuando che solo la sua volontà elettorale conta. Altro aspetto grave è l’interferenza nell’indipendenza giudiziaria. Milei ha tentato di nominare direttamente due giudici della Corte Suprema tramite decreto presidenziale ad aprile 2024, un metodo che costituzionalisti definiscono “arbitrario e pericoloso” perché scavalca la procedura di nomina che prevede il consenso di due terzi del Senato. Questa mossa (ancora in stallo grazie all’opposizione in commissione) è vista da ONG come HRW come un tentativo di plasmare la Corte a propria immagine, magari con giudici compiacenti verso le sue riforme. Uno dei candidati, Ariel Lijo, ha un passato contestato con decine di procedimenti disciplinari per aver insabbiato inchieste di corruzione, eppure Milei lo ha proposto lo stesso: per i detrattori ciò indica che il presidente vuole giudici per lui “affidabili”, forse per coprire il proprio entourage o per evitare futuri controlli. Inoltre, ad oltre un anno dall’inizio del mandato, il governo non ha ancora nominato figure cruciali come il Difensore civico (Ombudsman) e il Procuratore generale, lasciando vacanti istituzioni che dovrebbero tutelare i cittadini dagli abusi di potere. Questo vuoto viene interpretato come volontario: Milei preferisce non avere cani da guardia indipendenti che possano intralciare la sua agenda. Ancora, i tribunali segnalano che quasi 300 posti di giudici federali restano scoperti, creando la prassi dei giudici supplenti deboli e condizionabili. Anche qui l’inerzia del governo appare tesa a lasciare la giustizia in uno stato di precarietà e dipendenza. Passando alle libertà civili, gli oppositori denunciano un clima intimidatorio verso i media e la dissidenza. Milei ha attaccato frontalmente giornalisti e testate critiche, definendoli “giornalai prezzolati” e minacciando querele milionarie: Reporters Sans Frontières ha retrocesso l’Argentina di decine di posizioni nella classifica di libertà di stampa (87° posto, -47 posizioni) proprio a causa di aggressioni e molestie verso giornalisti dopo il 2023. Vari reporter hanno ricevuto valanghe di insulti e minacce online da account legati all’ecosistema mileista, e il presidente non ha mai preso le distanze, anzi ha alimentato il sentimento chiamandoli “militanti del falso”. Questa retorica ostile è preoccupante: crea un ambiente dove la stampa indipendente viene delegittimata e chi critica il potere rischia ritorsioni verbali o persino fisiche. Human Rights Watch nel suo rapporto parla esplicitamente di “ostilità ufficiale verso giornalisti e comunità LGBT”: sebbene Milei non abbia censurato i media, li ha però definiti nemici. Un episodio grave è l’espulsione di un famoso conduttore radio (Victor Hugo Morales), apertamente anti-Milei, da parte dell’emittente sotto pressioni politiche, segnale di un bavaglio strisciante. Sul fronte del diritto di protesta, il ministro della Sicurezza Bullrich ha emanato a fine 2023 un “Protocollo antipiqueteros” che vieta i blocchi stradali e autorizza la polizia a disperdere con la forza qualsiasi manifestazione che intralci la circolazione. Amnesty International Argentina ha monitorato gli effetti: in un anno di applicazione si registrano oltre 1.150 feriti nelle proteste, tra cui 50 giornalisti colpiti mentre coprivano le manifestazioni e decine di manifestanti feriti alla testa da proiettili di gomma. La repressione di giugno 2024 contro i cortei anti-Ley Bases, con cariche motociclistiche e arresti indiscriminati, è diventata simbolo di eccesso di forza. Di fronte alle critiche, il governo ha reagito con arroganza: Bullrich ha liquidato Amnesty accusandola: “sta dalla parte dei criminali”. Intanto, ONG locali come CELS documentano casi di abusi polizieschi impuniti, facilitati da una circolare ministeriale che allarga la possibilità per gli agenti di usare armi letali e riduce le sanzioni per eventuali eccessi. Tutto ciò configura un quadro in cui il diritto a manifestare pacificamente è sotto attacco, con l’obiettivo palese di dissuadere qualsiasi opposizione di piazza. Emblematico è che un giudice sia dovuto intervenire a novembre 2024 per ordinare al governo di proteggere i siti della memoria delle torture della dittatura, dopo che alcuni erano stati lasciati decadere o minacciati di chiusura, segno di disprezzo anche verso le istituzioni della memoria storica. Milei, dunque, per alcuni è un leader che sta svuotando la democrazia dall’interno: concentra potere nell’esecutivo, indebolisce i controlli, delegittima chi dissente, usa la polizia come clava politica. Paragonano questo metodo a quello di altri autocrati contemporanei (Orban, Bolsonaro): eletti democraticamente ma propensi a erodere le norme liberali per consolidare il potere personale. Se non verrà frenato, avvertono, l’Argentina rischia di scivolare verso una “democradura”, una democrazia solo di facciata, in cui la maggioranza di governo può fare qualsiasi cosa ignorando minoranze, legge e diritti.
Madeleine Maresca, 27 novembre 2025