Per i critici, il governo Milei sta imponendo all’Argentina un regime di austerità insostenibile che sta gettando nella miseria vasti strati della popolazione. La brusca svalutazione iniziale del peso (–50% in un solo giorno) combinata al blocco degli aumenti salariali ha fatto da miccia a un’esplosione inflazionistica che, nei primi mesi del 2024, ha travolto il potere d’acquisto delle famiglie più vulnerabili. L’osservatorio OCPI ha calcolato che la povertà, attestata attorno al 35-40% nel 2023, è schizzata oltre il 50% della popolazione subito dopo le prime misure di Milei. Si tratta di milioni di nuovi poveri nel giro di settimane: persone spinte sotto la soglia di sussistenza dall’aumento immediato dei prezzi di beni essenziali (alimentari in primis) senza adeguamenti di reddito. L’impatto sociale è stato drammatico: secondo Human Rights Watch, a metà 2024 oltre la metà degli argentini viveva in povertà, con punte del 67% tra i bambini e del 18% in povertà estrema (fame). Scene di denutrizione, come bambini che rovistano nei rifiuti o anziani costretti a saltare pasti, sono divenute più comuni. Gli stessi dati ufficiali INDEC confermano che i consumi alimentari sono crollati di circa il 20%: un quinto in meno di cibo nei carrelli rispetto a prima delle riforme. Gli oppositori accusano Milei di aver bruciato il ceto medio e lavoratore nel nome di un dogma liberista: tagliando sussidi a trasporti, energia e cibo da un giorno all’altro, le bollette e i prezzi al dettaglio sono saliti alle stelle (nel 2024: +285% acqua/energia, riporta HRW), divorando stipendi e pensioni. Ad esempio, il costo del gas è aumentato del 600% e dei trasporti del 700% nel primo anno di Milei, secondo stime citate da media indipendenti. Anche se poi l’inflazione annua è scesa, sottolineano i critici, questo è avvenuto sul sangue dei poveri: il governo rivendica la riduzione del tasso al 30%, ma ciò è avvenuto dopo aver dimezzato il potere d’acquisto e dimezzato la domanda interna. L’economista Bona spiega chiaramente che Milei “ha inizialmente aumentato moltissimo la povertà per poi riportarla ai livelli di partenza”. In altre parole, zero progresso reale. Quell’apparente “ritorno ai livelli precedenti” nasconde situazioni di profondo deterioramento: i supermercati segnalano un –20% di vendite alimentari, segno che la gente mangia meno. Non a caso, sotto Milei l’Argentina ha vissuto un fenomeno inquietante: il boom delle ollas populares, le mense popolari e le pentole comunitarie dove quartieri interi si organizzano per cucinare insieme con quel poco che hanno, come nei periodi peggiori della storia nazionale. I detrattori accusano dunque Milei di aver fatto pagare la stabilizzazione ai più deboli: anziché cercare un aggiustamento graduale e socialmente equo, ha scelto la strada più brutale, scaricando l’intero peso del risanamento sui cittadini comuni. Essi contestano anche l’idea che questo fosse inevitabile. Ad esempio, ricordano che altri Paesi con alta inflazione (come il Brasile negli anni ‘90) l’hanno domata con piani più attenti al tessuto sociale, senza distruggere salari e risparmi dall’oggi al domani. Nel caso argentino c’era poi la via di una ristrutturazione del debito o di accordi internazionali per contenere l’impatto, ma Milei ha voluto mostrare “coerenza ideologica” a tutti i costi – costi che però non ha pagato lui, bensì la gente comune. L’aumento iniziale dell’inflazione al 25% mensile nel passaggio di consegne 2023-24, citato da HRW, è emblematico di una gestione spregiudicata. Oltre alla povertà monetaria, l’austerità ha generato nuova disoccupazione e precarietà: secondo analisi indipendenti, oltre 250.000 lavoratori hanno perso il posto di lavoro dall’insediamento di Milei, travolti dalla contrazione economica (il PIL si è contratto in termini reali per almeno due trimestri). Circa 18.000 imprese, per lo più PMI, hanno chiuso perché non reggevano i costi esplosi e la caduta della domanda. E chi mantiene il lavoro vede il proprio salario reale dimezzato. I sindacati denunciano un impoverimento generalizzato: impiegati pubblici e privati fanno fatica con affitti triplicati (Milei ha eliminato il calmiere sugli affitti senza misure transitorie) e con prezzi che ancora crescono più dei salari e pensioni (nel 2025 i prezzi +32% vs pensioni +21%). Sostengono inoltre che questa compressione della domanda interna sta deindustrializzando il Paese: l’austerità ha ridotto la produzione e la capacità di spesa, portando a fallimenti a catena nel settore manifatturiero, come evidenzia Bona. Il fronte contrario ritiene dunque che Milei abbia chiesto troppo ai cittadini e troppo in fretta. Un miglioramento dell’inflazione ottenuto riducendo la gente alla miseria è una vittoria di Pirro. A loro avviso, serviva un piano graduale di riforme con compensazioni sociali, mentre qui si è scelto il sacrificio indiscriminato. Se l’Argentina è riuscita a “stabilizzare” alcuni indicatori, è perché ha affamato la sua gente, e ciò è economicamente e moralmente inaccettabile.
Madeleine Maresca, 27 novembre 2025