Dopo anni di crisi cronica, lo “shock” Milei ha ottenuto in pochi mesi ciò che i governi precedenti non erano riusciti a fare: fermare la spirale inflazionistica e risanare il bilancio statale. A fine 2023 l’Argentina usciva da un periodo nero, con prezzi fuori controllo (+210% annuo) e casse pubbliche dissestate. Milei ha risposto con misure drastiche: stop immediato alla spesa in deficit e pareggio di bilancio istantaneo nel 2024, ottenuto bloccando aumenti di stipendi pubblici e pensioni e tagliando sussidi in ogni settore. Questa dura cura austeritaria ha spezzato le aspettative inflattive. Già entro la metà del 2024, l’inflazione mensile è crollata intorno al 2-3%, un livello impensabile solo l’anno prima. A ottobre 2025 il tasso annualizzato è attorno al 30%, riportando l’Argentina in linea con altri Paesi emergenti dopo l’iperinflazione record del biennio precedente. Sul fronte fiscale, i risultati sono altrettanto tangibili: il disavanzo superiore al 5% del PIL ereditato nel 2023 è stato annullato e nei primi mesi del 2024 si sono registrati addirittura avanzi primari, segno di un ritorno alla disciplina di bilancio. La spesa primaria è stata compressa di oltre un quarto in termini reali in un anno, superando persino gli obiettivi del FMI. Questi numeri certificano il successo iniziale del “modello Milei”: l’Argentina non sta più finanziando la spesa pubblica stampando moneta (causa diretta dell’inflazione), e ciò ha ripristinato fiducia sia all’interno che all’estero. I mercati, infatti, hanno subito reagito: i titoli di Stato argentini a lunga scadenza sono risaliti appena insediato Milei, segnale che gli investitori credono nella sostenibilità delle sue politiche. Anche il Fondo Monetario Internazionale, tradizionale arbitro della stabilità macro in Argentina, ha premiato l’approccio rigoroso sbloccando nuovi fondi (4,7 miliardi $ a gennaio 2024) e negoziando un maxi-accordo (14 miliardi $ tra aprile e luglio 2025) volto a ricostituire le riserve valutarie e facilitare le riforme. Per i favorevoli, dunque, Milei ha evitato un collasso annunciato: senza un’azione così rapida e decisa, l’Argentina avrebbe rischiato l’iperinflazione galoppante (si parlava di prezzi raddoppiati ogni mese) e un default sul debito pubblico. Ora invece l’inflazione è sotto controllo e le finanze pubbliche sono in ordine, prerequisiti indispensabili per tornare a crescere. Si tratta di conquiste concrete: “ha fatto in un anno ciò che nessun altro aveva nemmeno tentato” ripetono i sostenitori, evidenziando come il tasso d’inflazione annuale sia crollato da quasi 300% ad appena un decimo di quel valore in due anni, con la moneta finalmente stabilizzata. Certo, riconoscono che la terapia ha effetti collaterali, ma li considerano temporanei: l’economia sta assorbendo il trauma e già nel terzo trimestre 2024 ha ricominciato a crescere (+0,8% PIL) dopo la caduta iniziale. La disoccupazione, lungi dall’esplodere, è addirittura calata leggermente (segno che le imprese ritrovano ossigeno). Argomentano infine che la ritrovata stabilità dei prezzi sta gettando le basi per ridurre la povertà strutturale nel medio periodo. In breve, per il fronte pro Milei, l’unica alternativa all’abisso era uno shock immediato, e i numeri suggeriscono che questo shock sta funzionando, salvando l’Argentina dal caos inflazionario e restituendole credibilità finanziaria. Ogni critica sui “costi sociali” va inquadrata in questa prospettiva: i costi di non agire sarebbero stati immensamente peggiori.
Madeleine Maresca, 27 novembre 2025