Un secondo asse argomentativo a favore della patrimoniale riguarda l’utilizzo concreto del gettito per affrontare nodi strutturali del Paese. L’Italia ha cronici sottofinanziamenti in settori cruciali: sanità pubblica in affanno, istruzione e università che faticano a trovare risorse, politiche sociali insufficienti rispetto all’aumento di povertà e disoccupazione. Una tassa sui grandi patrimoni rappresenta, per i sostenitori, una via per reperire risorse straordinarie da destinare a questi ambiti senza gravare ulteriormente su lavoratori e imprese ordinarie. Il segretario CGIL Landini ha quantificato l’operazione: un’aliquota attorno all’1% sui patrimoni sopra i 2 milioni di euro frutterebbe circa 26 miliardi di euro all’anno, cifra considerevole che potrebbe essere immediatamente reinvestita in servizi pubblici essenziali. In un contesto di bilanci statali compressi dai vincoli europei e dall’elevato debito, quei miliardi aggiuntivi sarebbero ossigeno puro per rinforzare il welfare: Landini cita esplicitamente la possibilità di finanziare nuove assunzioni e investimenti nella sanità (messa sotto stress dalla pandemia e dai tagli passati), di aumentare stipendi nel pubblico impiego, potenziare le politiche abitative e i trasporti pubblici. Anche Oxfam sottolinea che un’imposta di questo tipo avrebbe un duplice impatto benefico: oltre a rafforzare l’equità del sistema fiscale, genererebbe “considerevoli risorse” da destinare al contrasto della povertà, delle disuguaglianze e perfino alla lotta ai cambiamenti climatici. Insomma, viene presentata come una “dote” per il futuro: far pagare di più ai ricchi oggi per finanziare interventi che avvantaggiano l’intera collettività domani (dalle cure sanitarie per tutti alla transizione ecologica). Alcuni sostenitori la vedono anche come un modo per affrontare il nodo del debito pubblico in modo equo: piuttosto che tagliare servizi o aumentare imposte generalizzate, si chiede un contributo mirato a chi può permetterselo. Ad esempio, l’OCSE ha segnalato che l’Italia, tra i Paesi con disuguaglianze di ricchezza cresciute maggiormente, potrebbe ridurre più velocemente questi divari e migliorare i conti adottando una patrimoniale ben congegnata. L’idea di fondo è che nei momenti di difficoltà finanziaria nazionale (come nel post-pandemia o di fronte a crisi sociali) una “solidarietà patrimoniale” sia preferibile a misure che colpiscono consumi o lavoro (che deprimono la domanda interna). Anche illustri economisti progressisti condividono questo approccio: Thomas Piketty, nel dibattito francese, ha definito una tassa del 2% sulle grandi fortune come il “minimo assoluto” necessario non solo per la giustizia sociale ma anche per affrontare le sfide fiscali post-crisi. Senza di essa, argomenta Piketty, i governi rischiano di dover tagliare spesa sociale o aumentare imposte regressive per ridurre i deficit, con effetti recessivi e ingiusti. In Italia, la patrimoniale viene vista dai proponenti come parte di un “patto sociale”: nel momento in cui si chiedono sacrifici per tenere sotto controllo i conti pubblici, è politicamente e moralmente opportuno chiederli a chi ha accumulato grandi ricchezze, piuttosto che ad esempio tagliare pensioni o redditi di base. Si evita così di scaricare i costi sempre sugli stessi strati della popolazione. Per questo figure come Elsa Fornero osservano che il nostro debito elevato deriva da scelte passate in cui si è speso a deficit senza tassare abbastanza i beneficiari. Far contribuire ora chi può sarebbe anche una forma di giustizia intergenerazionale. Un’altra dimensione è la durata e la finalizzazione del prelievo: Landini parla di un contributo annuale strutturale, altri (esponenti PD come Orfini nel 2020) ipotizzavano un intervento una tantum da incassare subito per iniziative straordinarie. In ogni caso, la destinazione dichiarata è ciò che lo rende “equo”: la patrimoniale non servirebbe a finanziare spese improduttive, ma a “restituire” ai cittadini sotto forma di servizi. A supporto viene spesso citato il caso spagnolo: la Spagna, con un governo progressista, ha introdotto nel 2022 una patrimoniale temporanea di solidarietà per i patrimoni >3 milioni, poi resa permanente, che nel primo anno ha fruttato oltre 1,3 miliardi di euro destinati in gran parte a misure contro il caro-energia e il sostegno alle fasce deboli. Secondo Pedro Sánchez, tassare “quelli che dormono su montagne di soldi” era doveroso per aiutare chi soffriva l’inflazione: un concetto che i favorevoli italiani fanno proprio, soprattutto alla luce dell’aumento dei costi della vita e dell’indigenza (5,7 milioni di persone in povertà assoluta). In sintesi, questa visione evidenzia il ruolo della patrimoniale come leva per reperire fondi necessari al bene comune: colmando il gap di finanziamento del welfare, si investe nel capitale umano e nella coesione sociale, gettando basi anche per uno sviluppo più inclusivo.
Nina Celli, 20 novembre 2025