Per la corrente che difende l’immunità, il caso Salis assume una valenza simbolica: la difesa dei valori antifascisti e democratici su cui si fonda l’Unione Europea. Ilaria Salis non è un parlamentare qualunque, ma una militante impegnata a contrastare movimenti neonazisti. La vicenda nasce da una contro-manifestazione antifascista e la reazione ungherese viene letta come ritorsione contro tale impegno. Tutelare lei significa, in questa prospettiva, lanciare un messaggio chiaro: l’Europarlamento “fa scudo” attorno a chi difende i valori europei contro derive estreme. Nel discorso incriminato tenuto in Aula di fronte a Orbán, Salis ricordò che l’Europa è nata “sulle ceneri della sconfitta del nazifascismo” e accusò Orbán di smantellare l’UE in nome di un nazionalismo autoritario. I favorevoli notano come la reazione veemente di Orbán (che l’ha definita una “terrorista Antifa” da sbattere in prigione) confermi la natura ideologica dello scontro: da un lato un governo che equipara l’antifascismo al terrorismo, dall’altro le istituzioni europee chiamate a prendere posizione. Salvando la Salis, la maggioranza progressista dell’Eurocamera ha voluto ribadire l’adesione ai valori antifascisti: emblematico che Salis, dopo il voto, abbia dichiarato “siamo tutti antifascisti” in un post celebrativo. Questo slogan, sostenuto pubblicamente anche dai colleghi, sottintende che proteggere lei equivale a proteggere la libertà di opposizione all’estrema destra. C’è anche un elemento di dignità dell’istituzione parlamentare: molti deputati hanno vissuto come un affronto le immagini di una loro collega trascinata in catene e trattata come una criminale comune, per di più per fatti legati a proteste politiche. Il Parlamento europeo, in quanto custode ultimo dei valori UE, non poteva – secondo questa tesi – tollerare tale umiliazione senza reagire. “Questo voto è una vittoria… dell’antifascismo” ha esultato Salis a Strasburgo, collegando direttamente il proprio caso alla più ampia battaglia di civiltà contro i rigurgiti neofascisti. Fonti favorevoli sottolineano che in Ungheria, negli ultimi anni, “i neonazisti sono considerati patrioti e gli antifascisti nemici dello Stato”. Quindi, consegnare la Salis alla giustizia di Orbán avrebbe significato avallare questo capovolgimento dei valori. Viceversa, confermarne l’immunità è servito a marcare una linea rossa: l’Europa non equipara chi lotta contro il neofascismo a un criminale qualsiasi. Alcuni commentatori aggiungono che la sinistra italiana, storicamente critica verso le immunità, in questa occasione ha sposato la causa della Salis proprio in nome dell’antifascismo militante. Ciò spiega perché partiti come PD e AVS, solitamente garantisti solo in linea di principio, abbiano fatto quadrato: “stavolta la difesa dell’immunità valeva come riaffermazione dei principi fondamentali di un giusto processo, pene proporzionate e giustizia indipendente”, ha dichiarato l’eurodeputata Pina Picierno, collegando il caso ai metodi repressivi “da Putin” di Orbán. In altre parole, il Parlamento UE – salvando Salis – avrebbe riaffermato i suoi principi costitutivi: rispetto dei diritti umani, opposizione a ogni forma di autoritarismo e condanna del fascismo storico e contemporaneo. Va notato inoltre che il voto favorevole all’immunità della Salis ha richiesto coraggio anche nel PPE: i due misteriosi deputati popolari che in Commissione JURI si sono schierati con la sinistra hanno “messo i valori prima della disciplina di partito”. Questo è visto come un segnale positivo: “diversi colleghi di centrodestra mi hanno mostrato solidarietà… hanno fatto prevalere le garanzie democratiche sull’appartenenza politica”, ha rivelato Salis. La sua salvezza per un voto ha fatto emergere quindi un filone trasversale di coscienza antifascista e democratica che attraversa gli schieramenti, quando in gioco c’è la coerenza con i principi UE. In quest’ottica, la rappresentanza popolare di Salis non è un privilegio personale, ma il veicolo attraverso cui decine di migliaia di cittadini hanno portato in Parlamento le istanze antifasciste. Far valere la sua immunità è servito a onorare il mandato popolare: i suoi elettori l’avevano scelta anche per denunciare Orbán e consegnarla proprio a Orbán avrebbe tradito quel mandato. La decisione dell’Eurocamera ha rafforzato l’immagine morale dell’istituzione. Dopo scandali come il Qatargate, in cui il Parlamento tolse immunità a deputati (Eva Kaili e altri) accusati di corruzione senza indugi, qui l’assemblea ha dimostrato di saper distinguere: non tutti i casi sono uguali, e c’è spazio per la clemenza intelligente quando i valori supremi lo richiedono. Questa selettività è stata oggetto di critiche, ma i sostenitori rispondono che non si tratta di doppi standard opportunistici, bensì di valutare il merito: “Chi combatte per la democrazia non può essere trattato come chi è corrotto”. Il salvataggio della Salis è quindi anche un atto di solidarietà istituzionale: il Parlamento protegge un proprio membro che ha agito – a suo dire – in difesa dei valori comuni, pur respingendo l’idea che tale protezione valga per qualunque crimine. Dunque, “fermare la giustizia” ungherese di fronte alla rappresentanza popolare di Salis è un gesto di fedeltà ai principi ispiratori dell’UE. L’immunità parlamentare, spesso considerata un privilegio arcaico, qui è stata riscoperta come strumento per impedire che un’istituzione democratica (il Parlamento) venisse umiliata e che una lotta antifascista venisse soffocata.
Nina Celli, 9 ottobre 2025