Eastern Sentry ha principalmente una funzione di deterrenza, cioè di mostrare a Mosca che l’Alleanza è compatta e pronta a reagire. Il segretario generale Mark Rutte lo ha espresso chiaramente: “Non possiamo permettere droni russi nello spazio aereo alleato” (“Reuters”). Non è importante se l’incursione fosse intenzionale o accidentale: in entrambi i casi, la sua inaccettabilità richiede una risposta netta. Il generale Grynkewich ha ribadito che la missione sarà “flessibile e calibrata” sulla minaccia (Defense One), evitando sia eccessi sia sottovalutazioni. Dopo l’avvio della missione, non ci sono stati altri sconfinamenti multipli di droni: segno che l’effetto deterrente ha già funzionato. Inoltre, la missione ha rafforzato la coesione interna. Kosiniak-Kamysz ha ringraziato gli alleati per la “perfetta interoperabilità” dimostrata durante la notte dell’incidente (“il Giornale”). Questo risultato politico è cruciale: dimostra che l’Alleanza non è divisa, ma capace di agire in modo coordinato. La deterrenza non mira solo a rassicurare Polonia e Baltici: serve a prevenire che i Paesi più esposti agiscano in autonomia. Se Varsavia non avesse avuto la protezione collettiva, avrebbe potuto decidere da sola di colpire basi di lancio in Bielorussia, con conseguenze potenzialmente disastrose. Con Eastern Sentry, la responsabilità è condivisa e incanalata in un quadro multilaterale. Per i difensori, la missione non avvicina alla guerra ma la allontana: l’unico modo per fermare nuove provocazioni è dimostrare che la NATO non tollererà altri incidenti.
Nina Celli, 19 settembre 2025