I sostenitori dell’eugenetica moderna in chiave terapeutica sostengono che abbiamo un’opportunità senza precedenti di eliminare sofferenze umane, prevenendo le malattie genetiche prima della nascita. Secondo questa posizione, l’editing del genoma e la selezione embrionale possono salvare milioni di vite da patologie ereditarie gravi, realizzando in pieno il mandato morale della medicina. “Se possiamo curare o prevenire una malattia in un futuro bambino, non dovremmo farlo?” – chiedono i proponenti. Essi evidenziano che già oggi la diagnosi genetica preimpianto (PGD) consente a coppie portatrici di malattie come la fibrosi cistica o la talassemia di avere figli sani, evitando loro un destino di dolore. Questa pratica, affermano, è ampiamente accettata e non viene percepita come immorale perché il fine è terapeutico, non discriminatorio. Allo stesso modo, l’editing genetico degli embrioni con CRISPR si configura come una sorta di “chirurgia molecolare” preventiva: invece di curare dopo, si corregge il gene difettoso prima che causi danni. In prospettiva, ciò potrebbe eradicare migliaia di malattie monogeniche (distrofie muscolari, malattie metaboliche letali ecc.) e ridurre drasticamente l’incidenza di malattie poligeniche predisponenti (ad es. abbassare il rischio ereditario di diabete o Alzheimer). I pro-eugenetica terapeutica sottolineano il valore umano di queste tecnologie attraverso storie concrete: genitori che hanno perso figli per malattie genetiche oggi sperano che, grazie all’editing embrionale, in futuro nessuno debba più subire tali tragedie. Françoise Baylis, bioeticista, pur cauta su altri fronti, ammette che prevenire malattie devastanti sin dall’embrione potrebbe essere considerato un obiettivo eticamente positivo, a condizione di garantirne l’accesso equo. Secondo questo punto di vista, impedire la nascita di un bambino condannato a soffrire per una grave patologia genetica non è discriminazione, ma atto di compassione: significa far nascere al suo posto un bambino sano, liberando quella famiglia e la società dal peso di una malattia in più. Il paragone spesso citato è con la vaccinazione: così come si prevengono malattie infettive per dare ai figli una vita migliore, si potrebbe prevenire una malattia genetica con un “vaccino” genetico (CRISPR). Altro tema a favore è l’inevitabilità scientifica: le tecnologie di gene editing stanno avanzando rapidamente (già oggi terapie geniche somatiche curano HIV e anemia falciforme), per cui è realistico pensare che la sicurezza dell’editing germinale migliorerà. Quando ciò avverrà, dicono i sostenitori, sarebbe eticamente ingiustificabile non usarlo: “Se avessero scoperto l’insulina e poi l’avessero vietata perché ‘innaturale’, quante vite avremmo perso?” – analogamente, vietare in assoluto l’editing embrionale equivarrebbe a “condannare deliberatamente migliaia di persone a malattie evitabili”. Questa linea di ragionamento sposa un principio di utilitarismo medico: massimizzare la salute collettiva riducendo il carico di malattie genetiche. Studi economici aggiungono che prevenire tali malattie allevierebbe anche i costi sanitari a lungo termine (meno terapie costose, meno ricoveri), generando benefici per la collettività. Ad esempio, un rapporto citato dai favorevoli calcola che eliminare l’anemia falciforme tramite editing germinale in regioni ad alta incidenza potrebbe liberare risorse sanitarie ingenti da reinvestire altrove. I sostenitori rispondono alle paure eugenetiche richiamando la differenza tra fine e mezzi: “Non c’è intenzione di creare una ‘razza perfetta’”, sostengono, ma solo di “rendere i nostri figli più sani”. Nei panel etici internazionali molti scienziati argomentano che l’associazione con la vecchia eugenetica è fuorviante: la motivazione attuale non è eliminare i “meno adatti” per migliorare la società, bensì curare individui e famiglie. “Prevenire la malattia genetica di un bambino non è diverso dal curarlo dopo che è nato, anzi è più misericordioso”, ha dichiarato ad esempio il genetista George Church, noto pioniere del genome editing (pur conscio dei rischi, Church sostiene che l’uso terapeutico – non discriminatorio – di CRISPR potrebbe essere eticamente accettabile). Questa posizione, insomma, presenta l’eugenetica moderna “buona” come continuità del giuramento di Ippocrate: se il medico deve agire per alleviare la sofferenza, perché non farlo ancor prima che inizi? Naturalmente, si riconoscono la necessità di cautela, come limitare l’editing germinale solo alle condizioni gravissime e senza alternative (lasciando fuori la selezione di tratti non medici), ma il divieto assoluto sarebbe immorale e miope. In linea con le raccomandazioni dell’OMS, si auspica una regolamentazione che consenta sperimentazioni cliniche controllate per validare la sicurezza e poi l’applicazione clinica sotto stretto monitoraggio, piuttosto che ignorare o bandire a priori la tecnica. La premessa è che la tecnologia di gene editing non sparirà (è “disponibile in ogni laboratorio, benintenzionato o no”), quindi conviene svilupparla in modo responsabile per scopi benefici, prima che qualcuno la usi clandestinamente per scopi discutibili. L’eugenetica terapeutica lungi dall’essere un incubo distopico, sarebbe l’espressione massima della capacità umana di prendersi cura dei propri simili, liberando le generazioni future dal fardello di malattie oggi incurabili. Gli esperti interpellati dal “The Guardian” evidenziano il potenziale di genomic therapies per malattie cardiovascolari, neurodegenerative e oculari entro questo decennio, e prevedono che l’editing di embrioni per prevenire malattie letali potrà diventare tecnicamente fattibile in 5-10 anni. La filosofa Françoise Baylis riconosce che tali progressi sollevano speranze, tanto da affermare che l’enhancement genetico potrebbe essere “inevitabile” perché molti “sono crassamente disposti ad abbracciare il biocapitalismo” pur di avere figli più sani e dotati. Documenti dell’OMS ammettono i possibili benefici: diagnosi più rapide, trattamenti mirati e prevenzione di disordini genetici sono menzionati come “potenziali vantaggi dell’editing genomico umano”. L’articolo di Pietro Greco, pur sollevando quesiti etici, riconosce che CRISPR ha mostrato “tutte le sue potenzialità sul campo” correggendo embrioni con un tasso di successo del 72,4%: un risultato promettente che potrebbe offrire “una vita sana a milioni di persone che nasceranno” esenti da patologie ereditarie.
Nina Celli, 11 settembre 2025