Un altro fronte su cui i sostenitori della Global Sumud Flotilla ne rivendicano l’efficacia riguarda il Diritto internazionale. Le missioni navali, anche quando bloccate, producono documentazione, testimonianze e prese di posizione che alimentano una crescente contestazione giuridica del blocco israeliano. Dopo il fermo della nave Madleen a giugno 2025, due Relatori Speciali ONU hanno richiesto pubblicamente a Israele di garantire il “passaggio sicuro” alle navi umanitarie dirette a Gaza, sottolineando che l’assedio totale dal marzo 2025 viola apertamente il Diritto internazionale umanitario. ONG come Adalah hanno denunciato l’illegalità dell’intercettazione in acque internazionali, ricordando che quelle navi non erano dirette verso Israele ma verso acque palestinesi. Amnesty International e Human Rights Watch da anni definiscono il blocco una punizione collettiva, incompatibile con la IV Convenzione di Ginevra. Ogni flottiglia intercettata diventa quindi un caso di studio e un’opportunità per arricchire il dibattito giuridico globale. Questo accumulo di materiale ha effetti concreti. In passato, il Palmer Report (ONU 2011) aveva giudicato legittimo il blocco in sé, ma criticato la gestione violenta del caso Mavi Marmara. Oggi, con la carestia riconosciuta dall’ONU e con i mandati di arresto emessi dalla Corte Penale Internazionale contro leader israeliani, il quadro è diverso. Le nuove flottiglie forniscono elementi per rimettere in discussione la validità stessa del blocco. Ad esempio, se gli attivisti dimostrano che Israele ostacola persino navi cariche solo di cibo e medicine, si rafforza la tesi che il blocco sia finalizzato non alla sicurezza ma a colpire i civili. Le riprese video, i resoconti dei giornalisti imbarcati e le denunce legali presentate nei tribunali nazionali europei possono diventare prove in procedimenti futuri. Nel luglio 2025, alcuni avvocati hanno già avviato ricorsi presso corti francesi e spagnole contro il fermo arbitrario di cittadini loro connazionali a bordo della Handala. Simili azioni creano precedenti che possono obbligare i governi a pronunciarsi, alimentando un contenzioso multilivello. In prospettiva, queste pressioni giuridiche potrebbero contribuire a spingere Israele verso concessioni tattiche (come già avvenuto nel 2010 con l’alleggerimento dell’embargo). La Flotilla agisce quindi come una sorta di “tribunale itinerante” che porta davanti agli occhi del mondo l’illegittimità di certe pratiche. Se Israele risponde con la forza, aumenta il rischio di nuove condanne internazionali e di sanzioni. Se invece tollera la navigazione, riconosce implicitamente il diritto alla libera circolazione verso Gaza. In entrambi i casi, osservano i sostenitori, la pressione legale cresce. Il valore giuridico, dunque, si intreccia con quello normativo e reputazionale: nel Diritto internazionale, le consuetudini si formano anche attraverso atti di contestazione reiterati. Ogni flottiglia che si oppone pacificamente al blocco contribuisce a creare una prassi di dissenso che, nel tempo, può consolidarsi come norma: l’idea che assediare un’intera popolazione sia illegittimo. In questo senso, la Global Sumud Flotilla non è solo un’azione simbolica, ma un tassello di un più ampio processo di costruzione del diritto.
Nina Celli, 26 agosto 2025