I fautori della Flotilla non si limitano agli aspetti simbolici: portano esempi di come queste iniziative abbiano influenzato politiche reali. Il caso cardine è quello post-Mavi Marmara 2010. Allora l’assalto israeliano alla flottiglia internazionale generò scandalo; il Consiglio di Sicurezza ONU si riunì d’urgenza e diversi governi (persino storici alleati di Israele) condannarono l’accaduto. Nel giro di poche settimane, sotto questa pressione coordinata, Israele annunciò un cambiamento nella gestione del blocco terrestre: da una lista ristretta di prodotti permessi si passò a una lista di proibiti, aprendo l’entrata a molti beni prima banditi (alimentari, materiali edili). Amnesty International notò come 4 gazawi su 5 dipendessero dagli aiuti e accolse con favore qualsiasi alleviamento, pur definendolo “non abbastanza” e chiedendo la rimozione totale dell’embargo. Ciò dimostra, secondo i pro-Flotilla, che Israele reagisce ai costi reputazionali: l’assedio è mantenuto finché il mondo lo tollera, ma se l’indignazione supera un certo livello, persino un governo intransigente è costretto a fare concessioni. La Global Sumud Flotilla mira proprio a far salire quei costi reputazionali ai massimi livelli, stavolta non con un singolo evento traumatico (come l’uccisione degli attivisti nel 2010), bensì con una campagna diffusa e partecipata. I sostenitori sottolineano inoltre che la Flotilla unisce competenze e reti che possono produrre benefici tangibili: ad esempio, tra gli organizzatori vi sono medici, giuristi e logistici esperti (alcuni con esperienza di navigazione) che hanno preparato piani per un eventuale sbarco sicuro a Gaza, incluso un coordinamento con ospedali locali per consegnare medicine specifiche. Anche se la consegna diretta avesse bassa probabilità, la semplice presenza di scorte sanitarie a bordo pronte all’uso evidenzia l’assurdità del blocco. Ad esempio, la nave Madleen a giugno trasportava latte in polvere, farina, riso e pannolini, beni di prima necessità per bambini assediati. Bloccare questi articoli mette in chiaro il carattere punitivo dell’assedio e rafforza le posizioni di chi (ONU, Croce Rossa) ne chiede l’immediata sospensione per motivi umanitari. Nel frattempo, alcune di queste forniture finiscono comunque a destinazione via altri canali: quando Israele sequestrò la Madleen, assicurò di aver trasferito il piccolo carico a Gaza via terra. Ciò significa che indirettamente la Flotilla ha fatto entrare materiali in Gaza che forse non sarebbero entrati (o non così presto): un risultato minuscolo ma concreto. Un altro elemento concreto è la leva legale: la perseveranza delle flottiglie ha portato organismi internazionali e tribunali a pronunciarsi. Nel giugno 2025, ad esempio, due Relatori Speciali ONU hanno pubblicamente chiesto a Israele di garantire il passaggio sicuro della barca Madleen e di tutte le future iniziative umanitarie via mare. Hanno ricordato che dal 2 marzo 2025 Israele impedisce qualsiasi accesso a Gaza, configurando un assedio totale. Queste prese di posizione ufficiali, sollecitate dall’azione diretta degli attivisti, creano un corpus di dichiarazioni e pareri giuridici che nel lungo periodo possono tradursi in risoluzioni, sanzioni o azioni legali. Un esempio: nel luglio 2023 la Corte europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato la Francia per aver multato attivisti BDS, riconoscendo la legittimità delle campagne di boicottaggio come libertà di espressione. Analogamente, la Flotilla spinge confini legali: se Israele reagirà in modo violento, potrebbero scattare nuove denunce all’ICC (dove già pende un mandato d’arresto per crimini di guerra su Gaza contro Netanyahu e altri). Insomma, l’azione civile prepara il terreno per sviluppi giudiziari e politici che vanno oltre la singola spedizione. I favorevoli citano anche casi in cui la pressione dal basso ha avuto impatti diplomatici in corso di conflitto. Ad esempio, dopo gli incidenti di giugno-luglio 2025, alcuni Paesi europei hanno mostrato segnali d’impazienza verso Israele: il Belgio ha vissuto tensioni di governo sul possibile riconoscimento dello Stato di Palestina come gesto politico e il Parlamento Europeo il 21 agosto ha votato per sospendere parte dei fondi Horizon+ a Israele, misura definita “simbolica” ma significativa. Queste dinamiche, sebbene non attribuibili unicamente alle flottiglie, si inseriscono nel clima creato anche dalle mobilitazioni di solidarietà. La Flotilla, facendo rumore mediatico, agevola i settori politici e diplomatici che vogliono spingere per un cambio di approccio su Gaza, dando loro una finestra di opportunità per agire senza sembrare isolati. Per i pro, dunque, efficacia significa anche questo: fornire l’innesco e la copertura di opinione pubblica per passi che altrimenti non sarebbero nemmeno contemplati. C’è, inoltre, un aspetto di empowerment locale: portare delegazioni internazionali così ampie coinvolge attivamente la diaspora palestinese e i comitati locali di solidarietà in decine di Paesi. In Italia, ad esempio, la Flotilla ha fatto nascere coordinamenti dal basso (come Global Movement to Gaza Italia) e coinvolto volti noti del cinema, della cultura popolare e accademica in appelli e raccolte fondi. Queste reti potranno continuare a lavorare anche oltre la missione navale, organizzando ad esempio convogli terrestri o campagne di informazione. In sostanza, la Flotilla costruisce un movimento sociale internazionale più coeso e consapevole, che nel tempo potrebbe fare la differenza con pressioni continuative (boicottaggi, lobby politiche pro-Palestina ecc.). L’efficacia, insomma, non si misura solo nel raggiungere fisicamente Gaza, ma nel mettere in moto forze che prima non c’erano o erano disperse. E sotto questo profilo, la Global Sumud Flotilla ha già avuto successo nel momento stesso in cui decine di migliaia di persone si sono registrate per partecipare o supportare (oltre 28.000 solo sul portale iniziale) e milioni ne hanno sentito parlare. Come conclude uno degli attivisti asiatici in partenza: “il mondo non deve tacere davanti a questa disumanità. Questo è ciò che cerchiamo di evidenziare con questo convoglio globale”.
Nina Celli, 26 agosto 2025