L’effetto dell’intelligenza artificiale sulla disuguaglianza non si manifesta solo attraverso la trasformazione dei ruoli lavorativi o il potere concentrato delle grandi piattaforme tecnologiche. Esiste un altro livello, più profondo e spesso invisibile, in cui l’innovazione accelera la frattura sociale: l’accesso diseguale alle infrastrutture digitali e alle competenze necessarie per sopravvivere in un’economia sempre più automatizzata. Non si tratta solo di chi viene rimpiazzato o di chi mantiene il lavoro, ma di chi può accedere alle opportunità stesse di partecipazione economica e culturale. In questa prospettiva, il divario non è solo tra chi ha e chi non ha, ma tra chi può evolvere insieme alla tecnologia e chi ne rimane escluso. Secondo i dati pubblicati da ISPI nel 2025, oltre 2,6 miliardi di persone nel mondo risultano ancora offline. Nei Paesi a basso reddito, solo il 27% della popolazione ha accesso a internet, contro il 93% nei Paesi ad alto reddito. Tra le categorie più colpite spiccano donne e ragazze: nei Paesi a basso reddito, il 90% di loro non ha accesso al digitale. Questa esclusione non è solo tecnica o infrastrutturale, è sociale: senza accesso alla rete, le persone non possono formarsi, accedere a servizi, partecipare a bandi, cercare lavoro, interagire con le istituzioni. Nella nuova economia della conoscenza, la connessione non è un vantaggio, è una condizione minima di cittadinanza. Eppure, questa condizione resta negata a miliardi di persone. Il divario digitale non si limita però ai Paesi poveri. Anche all’interno delle economie avanzate, esistono fratture evidenti tra aree urbane e rurali, tra centri ricchi e periferie, tra individui con background culturale diverso. Secondo il FMI, il punteggio medio dell’“AI preparedness index” è 0,68 nei Paesi sviluppati e 0,32 nei Paesi a basso reddito: un divario che si traduce in incapacità di sfruttare i benefici dell’automazione, ma anche nell’impossibilità di difendersi dai suoi effetti più duri. In mancanza di alfabetizzazione digitale e formazione avanzata, l’innovazione si trasforma in un meccanismo escludente. Mentre le élite digitali parlano di “democratizzazione della tecnologia”, le masse restano escluse dal linguaggio, dalle competenze e dalle risorse necessarie per usarla. Un esempio emblematico di questa dinamica si osserva nell’ambito dell’educazione. Il World Economic Forum ha stimato che servirebbero investimenti fino a 1,4 trilioni di dollari per garantire connettività educativa globale. Ma senza un intervento politico deciso, questa cifra resterà sulla carta. E nel frattempo, generazioni intere crescono fuori dalla rivoluzione digitale. A ciò si aggiunge un altro paradosso: l’IA può anche aiutare a colmare il divario – basti pensare alle piattaforme educative adattive o all’analisi predittiva per interventi sanitari in aree remote – ma solo se viene progettata e distribuita in modo inclusivo. In caso contrario, diventa un moltiplicatore di distanza ed esclusione. Il punto, allora, non è solo quanto sia avanzata una tecnologia, ma quanto sia accessibile a tutti. Le imprese che adottano IA in modo massiccio aumentano la produttività e il valore di mercato, ma rischiano di lasciare indietro territori, settori e gruppi sociali meno attrezzati. La geografia dell’automazione non è neutra: si concentra dove già esiste capitale umano e infrastrutturale, rafforzando le aree forti e svuotando quelle deboli. È una tendenza documentata anche dall’OECD, che segnala come l’adozione dell’IA sia fortemente correlata alla densità urbana, alla disponibilità di capitale e alla concentrazione di industrie ad alto contenuto tecnologico. La narrativa dominante – quella dell’innovazione come forza intrinsecamente positiva – ignora questo squilibrio. Si dà per scontato che i benefici della tecnologia si diffonderanno spontaneamente, a cascata, attraverso la società. Ma non è così. Senza un’azione intenzionale, inclusiva, redistributiva, il gap si allargherà. Non solo tra Paesi, ma tra classi, tra generazioni, tra comunità. La vera disuguaglianza non sarà più nel reddito, ma nella capacità di esistere digitalmente. Chi è offline – o disallineato – non sarà solo povero, sarà invisibile. In un mondo dove l’IA prende decisioni su assunzioni, credito, sanità, educazione, essere invisibili significa essere esclusi non solo dal mercato, ma dalla società. L’accelerazione tecnologica non sta creando un mondo più equo. Sta creando un mondo più veloce. E in un mondo più veloce, chi è lento o scollegato non resta semplicemente indietro, ma sparisce.
Nina Celli, 10 luglio 2025