Una delle contraddizioni più rilevanti del Piano Strategico Nazionale per le Aree Interne (PSNAI) 2021–2027 risiede nella distanza tra le dichiarazioni di principio e la realtà amministrativa. Il piano afferma di voler rafforzare la coesione territoriale, ma nei fatti i territori più deboli – proprio quelli più colpiti dallo spopolamento, dall’invecchiamento e dall’isolamento infrastrutturale – sono spesso i meno attrezzati per intercettare i fondi messi a disposizione. Questa disuguaglianza strutturale è stata evidenziata in numerosi interventi raccolti da testate come “Basilicata24”, “Vivienna” e “Il Fatto Nisseno”, che hanno documentato come molte aree interne, pur teoricamente beneficiarie di finanziamenti strategici, si trovino concretamente escluse per mancanza di capacità progettuale, risorse tecniche e personale qualificato. Katya Rapè, segretaria provinciale del PD di Enna, ha affermato: “Lo Stato afferma che questi territori devono accompagnare la propria decadenza. Ma come può farlo, se nel frattempo nega gli strumenti per resistere, per rilanciare, per costruire un’alternativa?”. In effetti, anche laddove esistono fondi disponibili – dai programmi di coesione ai bandi europei, passando per le risorse del PNRR – la loro accessibilità si scontra con la cronica debolezza amministrativa di tanti piccoli comuni. Mancano tecnici, progettisti, competenze linguistiche e digitali. Manca soprattutto una struttura stabile e duratura che supporti gli enti locali nel redigere piani credibili e sostenibili. In provincia di Caltanissetta, ad esempio, come riportato dal “Fatto Nisseno”, il segretario PD Bufalino ha denunciato un disallineamento grave tra bisogni e risposte: “I territori più deboli non vengono rafforzati, ma lasciati alla deriva. L’idea stessa che il rilancio sia impossibile diventa una profezia che si autoavvera”. In altre parole, se si dichiara un’area “irreversibilmente in declino” e contemporaneamente non si fa nulla per aiutarla a uscire da quella condizione, il risultato è che la diagnosi diventa condanna. Non per limiti oggettivi, ma per abbandono istituzionale. “Basilicata24” evidenzia inoltre come molti fondi, pur formalmente disponibili, vengano gestiti con modalità che favoriscono i comuni più attrezzati, creando un circolo vizioso in cui “chi ha, riceve di più, e chi non ha resta fermo”. Questa distorsione alimenta il senso di ingiustizia tra amministratori e cittadini delle aree interne, che si sentono esclusi da un progetto di sviluppo che invece dovrebbe porli al centro. Si tratta di una dinamica nota anche a livello europeo: i territori fragili non riescono a usare le risorse perché non sono messi in condizione di farlo. In questo scenario, l’obiettivo 4 del PSNAI – quello dell’accompagnamento al declino – suona come un’ammissione implicita di fallimento istituzionale. Invece di rafforzare i territori fragili, si decide di “gestirne” la decadenza. Ma questa non è una strategia: è una rinuncia. E se non si investe proprio dove c’è più bisogno, se non si costruisce un sistema di supporto stabile e continuo, allora nessun piano – per quanto ben scritto – potrà mai essere efficace. Le aree interne, per uscire davvero dal ciclo della marginalità, non hanno bisogno di dichiarazioni simboliche, ma di strumenti reali, assistenza tecnica, formazione del personale e una governance dedicata.
Nina Celli, 8 luglio 2025