In un Paese dove parlare di aree interne significa spesso evocare declino, spopolamento e silenzi istituzionali, la Sardegna ha scelto una strada diversa. La presidente della Regione, Alessandra Todde, ha tracciato una linea netta tra l’approccio del governo centrale e quello dell’amministrazione regionale, dichiarando apertamente: “Mentre il governo fa l’accabadora delle aree interne, noi le rianimiamo”. Le sue parole non sono soltanto una metafora politica, ma una dichiarazione programmatica sorretta da scelte concrete: investimenti mirati, strategie partecipative e progetti integrati che dimostrano come il PSNAI possa essere interpretato non come una sentenza, ma come una leva per il rilancio. Il Fondo Unico per i Comuni, i 40 milioni destinati alle imprese nei centri sotto i 3.000 abitanti, gli incentivi per la natalità nei comuni marginali e il sostegno all’internazionalizzazione delle PMI rappresentano un ventaglio di misure che, al di là della retorica, mettono al centro le persone. Todde ha voluto trasformare l’obiettivo 4 del PSNAI – quello dell’accompagnamento al declino – in un’occasione per rivendicare una regia regionale più autonoma, più radicata, più visionaria. È così che la Sardegna ha designato il Centro Regionale di Programmazione come autorità responsabile per le aree interne, assumendosi il compito di guidare l’intero ciclo delle strategie. Questo non è un dettaglio amministrativo, ma un passaggio culturale: riportare la governance vicino ai territori, rompere il centralismo tecnico e burocratico e restituire potere di scelta alle comunità locali. Progetti come l’Einstein Telescope, il collegamento ferroviario Abbasanta-Nuoro e il rafforzamento dei centri per l’impiego dimostrano che si può parlare di scienza, mobilità e lavoro anche fuori dalle metropoli. Il principio del modello sardo non è solo quello di “restare”, ma di trasformare l’atto di restare in una scelta politica consapevole, desiderabile, sostenibile. Non si tratta di smentire i dati o le previsioni contenute nel PSNAI, ma di decidere di non farsene dominare. Todde ha scelto di usare il piano come base tecnica per costruire una contro-narrazione: quella di una Sardegna che non si rassegna all’idea di essere un pezzo da archiviare. In questo modo, l’esperienza sarda si impone come paradigma alternativo: mostra che, dentro un quadro generale anche criticabile, è possibile riscrivere le priorità, orientare le risorse e fare delle aree interne un centro politico, culturale ed economico. È una lezione che arriva da una regione spesso marginalizzata, ma che oggi rivendica di essere laboratorio di innovazione istituzionale e coraggio amministrativo.
Nina Celli, 8 luglio 2025