Nel 2024, l’Atlantic Council ha consegnato a Giorgia Meloni il prestigioso “Global Citizen Award”, riconoscendole un ruolo di primo piano nella ridefinizione dell’equilibrio geopolitico occidentale. A New York, davanti a una platea di 750 persone, la premier italiana ha tenuto un discorso che ha segnato un punto di svolta nella percezione della sua figura all’estero. Se agli esordi era guardata con diffidenza per le sue origini politiche e l’etichetta di “post-fascista”, oggi Meloni viene considerata da molti osservatori internazionali come la rappresentante di una nuova forma di leadership conservatrice, capace di coniugare determinazione politica, pragmatismo strategico e credibilità personale. Un esempio di come la comunicazione, se supportata da atti coerenti, possa trasformarsi in soft power. Il riconoscimento internazionale di Meloni passa anche da una costruzione d’immagine attentamente calibrata. In un mondo dove la rappresentanza femminile ai vertici rimane ancora minoritaria, Meloni si presenta come figura anomala ma potente: madre, credente, autodidatta, priva di retorica femminista ma con uno stile di governo saldo, visibile e fortemente personalizzato. La sua presenza scenica si contrappone alla storica iper-mascolinità della politica italiana e internazionale. In questo senso, la sua ascesa rappresenta anche una svolta simbolica: per la prima volta nella storia repubblicana, una donna esercita un controllo totale sul potere esecutivo italiano ed è riconosciuta come tale anche a livello globale. La sua figura ha attirato l’attenzione non solo delle istituzioni ma anche dei media internazionali. “Politico”, noto giornale statunitense tendenzialmente critico verso il conservatorismo europeo, ha indicato Meloni come “la persona più influente d’Europa” nel dicembre 2024. Lo ha fatto non tanto per adesione ideologica, quanto per riconoscimento del fatto che, a differenza di altri leader – da Macron a Scholz – Meloni è riuscita a rafforzare la propria base elettorale mentre consolidava la propria proiezione esterna. Ma ciò che rende ancora più interessante questo caso è la capacità della premier di trasformare il riconoscimento personale in leva diplomatica. Il suo intervento all’ONU del settembre 2024, nel quale ha parlato di un “Occidente che deve risvegliarsi senza diventare prevaricatore”, è stato citato da numerosi osservatori come una delle più lucide analisi del disorientamento valoriale dell’Occidente post-pandemico. Le sue parole su immigrazione, sicurezza, governance dell’intelligenza artificiale sono state poi riprese – tra gli altri – dal premier indiano Narendra Modi, che ha invocato proprio una “governance globale sull’IA”, come già suggerito da Meloni davanti a Elon Musk. Giorgia Meloni ha compreso prima di altri che la leadership globale del futuro si gioca su una combinazione di visione e riconoscibilità. In un mondo in cui le istituzioni internazionali sono sempre più sfidate e in cui i blocchi tradizionali (USA-Europa) devono reinventarsi, la capacità di incarnare un’identità chiara, credibile e coerente è diventata una moneta preziosa. In questo, la premier italiana ha saputo muoversi con intelligenza: legando le sue scelte a temi forti (Africa, difesa, energia), evitando lo scontro frontale con l’UE, ma senza rinunciare a una visione autonoma. Naturalmente, ogni figura polarizzante porta con sé ambivalenze. Ma ciò che colpisce nel caso di Giorgia Meloni è l’equilibrio tra narrazione e concretezza: la sua immagine pubblica è sempre supportata da una presenza tangibile nei luoghi in cui si decide davvero. Che sia il G7, il Consiglio Atlantico o l’ONU, Meloni non si limita a presenziare: interviene, propone, polarizza. Il ruolo internazionale della premier italiana non si fonda solo su scelte diplomatiche o investimenti strategici, ma anche – e forse soprattutto – sulla capacità di interpretare un ruolo simbolico in un’epoca in cui la leadership è anche immaginario collettivo. In un’Europa spesso afona e divisa, la voce di Meloni risuona con forza. Ed è proprio in questo spazio che la sua figura ha saputo ritagliarsi un posto nel panorama globale. Non come anomalia, ma come punto di riferimento di una nuova stagione conservatrice, femminile e proiettata oltre i confini italiani.
Nina Celli, 12 giugno 2025