Nel mondo digitale, l’anonimato non è solo una strategia individuale: è diventato un’infrastruttura operativa per l’economia criminale. Attraverso reti anonime, criptovalute e marketplace nascosti, gruppi organizzati riescono oggi a compiere azioni illegali su scala globale, con livelli di efficienza, discrezione e profitto mai raggiunti nel crimine tradizionale. In questo scenario, l’anonimato online non è un principio astratto, ma un acceleratore di dinamiche oscure. Lo evidenzia con chiarezza il report The Digital Drug Revolution della Global Initiative Against Transnational Organized Crime. Secondo il documento, i marketplace del dark web – protetti da anonimato garantito da Tor e criptovalute – generano tra i 5 e i 7,5 milioni di dollari al giorno solo nel traffico di droga. Nel 2024, le transazioni in criptovaluta per acquisto di sostanze stupefacenti hanno superato 1,7 miliardi di dollari, in crescita del 20% annuo. Il sistema è estremamente efficiente: offerte in stile Amazon, feedback degli acquirenti, protezione dell’identità del venditore e del compratore. Un mercato nero perfettamente funzionante, ma invisibile. Il problema non si limita agli stupefacenti. Armi, documenti falsi, dati rubati, servizi di hacking, pornografia illegale: tutto passa attraverso reti anonime dove la tracciabilità è pressoché nulla. Il report cita oltre 30.000 siti attivi nel dark web, il 60% dei quali coinvolti in attività illecite. La capacità di operare nell’ombra, saltando da un server all’altro e cancellando ogni traccia, rende queste reti estremamente resilienti: ogni volta che una piattaforma viene chiusa, se ne aprono altre tre nel giro di giorni. Il caso russo è emblematico. Secondo lo stesso report, l’85% dei consumatori di droga online in Russia nel 2022 ha effettuato acquisti attraverso marketplace anonimi, con consegna tramite “dead drop” e pagamento in criptovalute. Il tutto senza che nessuno dei partecipanti all’operazione debba mai svelare la propria identità. L’anonimato non è solo lo strumento: è il modello stesso del crimine digitale. A differenza della criminalità classica, qui non servono territori, gerarchie, complicità fisiche. Bastano alias, wallet e traffico criptato. In questo contesto, l’identità diventa un optional: un rischio da evitare, una debolezza da eliminare. E più la tecnologia rende sofisticata la protezione dell’anonimato, più il crimine diventa automatizzato e scalabile. Il rischio sociale è enorme. Come afferma il 2025 Serious and Organised Crime Threat Assessment di Europol, oggi quasi tutte le forme di crimine organizzato hanno una componente digitale, che le rende più veloci, meno rischiose e più redditizie. L’anonimato è il carburante invisibile che tiene in moto queste strutture. L’equilibrio tra privacy e sicurezza non può essere un dogma ideologico, ma deve rispondere alla realtà dei fatti. Quando l’anonimato diventa una muraglia impenetrabile anche per le autorità, il prezzo pagato dalla collettività – in termini di salute pubblica, sicurezza, perdita di fiducia – è altissimo. La sfida, allora, è progettare sistemi flessibili di anonimato condizionato: dove la riservatezza sia garantita finché non viene abusata. Strumenti come la tracciabilità crittografata, l’identità decentralizzata e la cooperazione tra piattaforme e forze dell’ordine possono rappresentare alternative valide alla dicotomia tra “anonimato assoluto” e “sorveglianza totale”.
Nina Celli, 10 giugno 2025