Una delle principali debolezze strutturali di USAID è la sua dipendenza dagli orientamenti politici dell’amministrazione in carica, che rende la sua cooperazione altamente instabile e vulnerabile a brusche interruzioni. Questo meccanismo mina la fiducia dei partner locali, riduce la continuità degli interventi e compromette la coerenza della politica estera degli Stati Uniti. Il caso più emblematico è rappresentato dall’ordine esecutivo firmato il 20 gennaio 2025 dal presidente Donald Trump, che ha imposto una pausa di 90 giorni su tutti i programmi di assistenza estera, con eccezioni limitate. L’effetto è stato devastante: l’83% dei progetti USAID attivi è stato sospeso o annullato, causando il blocco di contratti, il licenziamento di migliaia di operatori, l’interruzione di forniture mediche salvavita e il congelamento di centinaia di milioni di dollari in crediti già approvati. In Colombia, la sospensione improvvisa dei programmi ha interrotto servizi sanitari e sociali per migranti venezuelani, con impatti drammatici sulla continuità terapeutica di malati cronici e sull’accesso a beni essenziali. In Palestina, progetti di stabilizzazione civile e rafforzamento istituzionale sono stati congelati nel momento di massima instabilità regionale, compromettendo anche gli sforzi multilaterali dell’ONU. Questo livello di instabilità ha effetti strutturali. A differenza di agenzie multilaterali come l’UNDP o la Banca Mondiale, USAID non gode di un sistema autonomo di governance né di un mandato legale indipendente. I suoi fondi sono legati al bilancio federale e possono essere riassegnati o bloccati con ordini esecutivi o iniziative del Congresso. Ciò genera incertezza permanente per i partner implementatori, che non possono pianificare oltre il ciclo annuale di finanziamento. La politicizzazione non si limita ai fondi. Anche il personale USAID, incluso il livello dirigenziale, è soggetto a turn-over in funzione del ciclo elettorale. Questo ha generato discontinuità nella leadership, perdita di expertise, disallineamento tra missioni e sede centrale e lentezza nel processo decisionale. La sostituzione di diplomatici esperti con profili nominati politicamente ha prodotto in alcuni casi la de-professionalizzazione della cooperazione. L’impatto sulla reputazione degli Stati Uniti è stato notevole. Il rapporto CSIS del 2025 sottolinea che la sospensione dei finanziamenti USAID ha ridotto l’influenza americana nel sistema delle Nazioni Unite, aprendo spazi a Cina, Russia e altri attori regionali. Molti paesi partner hanno iniziato a diversificare le loro alleanze, ritenendo USAID un partner inaffidabile e esposto a fluttuazioni interne. Nel settore sanitario, l’effetto è stato devastante. In Zambia, il taglio di 50 milioni di dollari agli aiuti sanitari ha bloccato una rete nazionale di distribuzione di farmaci contro HIV, malaria e tubercolosi. Secondo l’OMS, i ritardi potrebbero generare ceppi resistenti e crisi epidemiche locali. Altre agenzie, come il Global Fund, hanno congelato le tranche successive in attesa di garanzie sulla continuità, paralizzando l’intero settore. Inoltre, la mancanza di un meccanismo interno di salvaguardia ha esposto USAID al rischio di essere strumentalizzata per obiettivi elettorali o ideologici, più che come architettura di cooperazione. In alcuni casi, i fondi sono stati bloccati non per inefficienze, ma per motivi politici legati a posizioni dei governi beneficiari o a dinamiche interne del Congresso USA. L’instabilità e la politicizzazione di USAID compromettono la sua efficacia come attore di lungo termine. Senza una riforma strutturale che garantisca autonomia operativa e protezione dagli shock politici, l’agenzia rischia di trasformarsi in un vettore di incoerenza internazionale, più che in uno strumento affidabile di sviluppo globale.
Nina Celli, 8 giugno 2025