Contrariamente alla convinzione diffusa secondo cui la bioetica rappresenti un freno all’innovazione, esiste un solido corpo di evidenze che dimostra il contrario: la presenza di strutture e principi etici ben disegnati migliora la qualità, la sostenibilità e l’impatto sociale della ricerca scientifica. In un mondo sempre più dominato da tecnologie ad alto rischio—dall’intelligenza artificiale alla genetica—la bioetica non è un ostacolo, ma una guida che orienta la scienza verso risultati più giusti, efficaci e accettabili socialmente. Questa visione è sostenuta, ad esempio, dall’approccio adottato nel progetto europeo del Grado europeo universitario, analizzato dall’ente ERSAF nel 2025. In questo caso, comitati condivisi e procedure etiche di accreditamento sono stati introdotti non per limitare, ma per armonizzare e accelerare l’innovazione nel sistema universitario europeo. L’obiettivo era superare la frammentazione normativa tra Paesi, rendendo più facile la mobilità degli studenti, il riconoscimento dei titoli e l’interoperabilità accademica. In tale contesto, i presìdi etici hanno agito come strumenti di qualità, e non come vincoli, elevando gli standard formativi e scientifici. Un esempio analogo viene dalla chirurgia d’urgenza e dall’introduzione di sistemi AI in sala operatoria. L’articolo pubblicato sul “Journal of Clinical Medicine” mostra come l’integrazione di strumenti come il OR Black Box — un sistema AI per l’analisi degli errori e delle performance chirurgiche — abbia prodotto miglioramenti reali solo quando accompagnata da linee guida etiche robuste. Le unità ospedaliere di Toronto e Stanford, ad esempio, hanno implementato regole precise su privacy, consenso e responsabilità condivisa. Questo ha permesso una riduzione degli errori non tecnici, un aumento della qualità dell’insegnamento chirurgico e una maggiore accettazione da parte del personale. La bioetica ha qui funzionato come un catalizzatore di innovazione: ha creato un ambiente sicuro dove gli operatori potevano sperimentare, apprendere e migliorare. Senza una governance etica chiara, lo stesso strumento avrebbe probabilmente generato resistenze, timori e conflitti, compromettendone l’efficacia. Il rapporto di “BlockMinttech” amplia ulteriormente il quadro. Il documento riconosce i rischi di “overregulation”, ma afferma anche che l’assenza di limiti porta a una corsa selvaggia alla commercializzazione, dove l’effetto sociale delle innovazioni non viene mai valutato. La proposta di un “bottom line etico” per l’innovazione suggerisce che solo attraverso linee guida trasparenti, accountability strutturata e inclusività si possa realizzare una scienza realmente utile, democratica e resiliente. Anche nel campo dell’AI, la bioetica è oggi al centro di strategie proattive. Il concetto di “explainable AI” (XAI), nato proprio per rispondere a esigenze etiche di trasparenza e responsabilità, si è rivelato uno strumento chiave per migliorare la comprensibilità e l’affidabilità dei sistemi algoritmici, facilitandone l’adozione in ambito clinico. I chirurghi che interagiscono con modelli spiegabili si fidano di più della tecnologia, la correggono quando serve, e producono risultati migliori. Inoltre, numerosi enti e organismi globali—come l’OMS e la Commissione Europea—stanno promuovendo modelli regolatori ispirati alla bioetica, che non ostacolano l’innovazione, ma la orientano verso obiettivi di equità, trasparenza e giustizia. Il WHO AI Ethics Framework e l’AI Act europeo chiedono sistemi algoritmici affidabili, non per frenare l’uso dell’AI, ma per favorire l’adozione diffusa e sostenibile delle tecnologie più promettenti. È importante sottolineare che una scienza che si autogoverna rischia l’arbitrarietà e l’autoreferenzialità. La bioetica agisce invece come contrappeso epistemologico e sociale, offrendo strumenti per valutare l’impatto della ricerca non solo sul piano tecnico, ma anche umano, ambientale e culturale. In questo senso, non rallenta il progresso, ma lo qualifica e lo rafforza. Quando la bioetica è ben progettata e implementata, quindi, non rappresenta un ostacolo, ma una infrastruttura di fiducia e di responsabilità che rende la scienza più efficace, più inclusiva e più sostenibile. In un’epoca segnata da crisi ecologiche, pandemie e disuguaglianze crescenti, l’unica innovazione possibile è quella che si sviluppa dentro un perimetro etico condiviso.
Nina Celli, 24 maggio 2025