La narrativa dell’“asse Washington-Mosca” ignora un dato fondamentale: Trump e Putin, sebbene abbiano mostrato disponibilità al dialogo, perseguono interessi radicalmente divergenti e non si fidano l’uno dell’altro. Le loro recenti interazioni, pur caratterizzate da cordialità formale, sono state segnate da ambiguità strategica, contraddizioni diplomatiche e assenza di convergenza su questioni chiave come i confini, la sicurezza energetica e il ruolo dell’Ucraina. “Axios” evidenzia che, nonostante due ore di colloquio, nessun accordo concreto è stato raggiunto. Trump ha annunciato “negoziati imminenti”, ma Putin ha solo parlato di un “memorandum”, mantenendo la richiesta che l’Ucraina si ritiri da tutti i territori occupati – una pretesa inaccettabile per Kiev. Nel frattempo, gli USA non hanno ritirato le sanzioni, e Mosca ha continuato gli attacchi con droni, dimostrando che la guerra prosegue e la fiducia è minima. Un altro segnale della distanza strategica è rappresentato dall’offerta di Trump di utilizzare il Vaticano come sede dei colloqui: una scelta non gradita al Cremlino, che aveva proposto Istanbul. La divergenza sulle sedi riflette una competizione simbolica su chi debba avere il controllo narrativo del negoziato. Inoltre, Trump stesso ha espresso pubblicamente dubbi su Putin. Il 19 maggio 2025, durante un incontro con la stampa a bordo dell’Air Force One, ha dichiarato: “Forse risolveremo la questione, o forse no. Ma almeno capiremo meglio la situazione”. Questa affermazione, ben lontana da una posizione coerente, indica scetticismo e imprevedibilità. Da parte sua, Putin ha sottolineato che “il problema di fondo è l’influenza americana sul governo di Kiev”, suggerendo che per Mosca, Trump resta pur sempre un rappresentante dell’avversario sistemico. Perfino sul piano personale, i due sembrano più interessati ai propri ritorni di immagine che a una cooperazione strategica. Trump vuole rivendicare un successo diplomatico in vista della rielezione; Putin cerca di legittimare la sua posizione interna mostrando di poter parlare da pari a pari con Washington. Ma questa convergenza opportunistica non si traduce in una stabilità duratura. Le dichiarazioni pubbliche di collaborazione, quindi, mascherano una realtà fatta di interessi divergenti, sospetti reciproci e assenza di strumenti operativi condivisi. Il presunto “asse” Trump–Putin è dunque più un costrutto mediatico che una realtà geopolitica.
Nina Celli, 21 maggio 2025