Dietro la facciata di una mediazione sulla guerra in Ucraina, emergono segnali di una convergenza strategica più profonda tra Trump e Putin: una forma di alleanza anti-multilaterale che mira a scavalcare l’Unione Europea nei negoziati internazionali. Come evidenziano fonti quali “Politico”, “Reuters”, “Al Jazeera”, la scelta di Trump di interloquire direttamente con Mosca, senza un coinvolgimento prioritario di Bruxelles, e la proposta di colloqui a Istanbul o al Vaticano, escludendo le sedi classiche come Ginevra o Berlino, sono segnali chiari di questo orientamento. Le conversazioni dirette tra i due presidenti, spesso annunciate senza consultazione preventiva con i partner europei, hanno generato reazioni contrastanti: “Trump ha scelto di parlare con Putin prima ancora di sentire Macron o Scholz” scrive “Politico” il 17 maggio 2025, citando ambienti diplomatici europei che temono un “patto a due” che riduca la guerra a una questione negoziabile tra potenze. In un’intervista alla “BBC”, un diplomatico britannico ha affermato: “L’America di Trump non sta mediando, sta rinegoziando i confini del continente con Mosca”. Putin, da parte sua, ha accolto con favore questa esclusione delle capitali europee. Secondo “Al Jazeera”, il presidente russo ha esplicitamente ringraziato Trump per la “riattivazione del canale diretto tra Washington e Mosca”, sottolineando che l’Europa non è più un interlocutore prioritario. Questa preferenza reciproca si basa su una visione del mondo condivisa: meno regole, più accordi ad personam. È significativo che l’unico progresso concreto – lo scambio di prigionieri – sia avvenuto proprio dopo un dialogo bilaterale, senza l’intervento di organismi multilaterali come l’OSCE o l’ONU. Questa convergenza anti-multilateralista consolida un asse geopolitico che, pur privo di trattati formali, funziona nei fatti come un accordo di forza. Washington e Mosca sembrano preferire una diplomazia ristretta, fatta di chiamate personali e memorandum riservati, a discapito della trasparenza e del pluralismo. È una nuova forma di realpolitik, dove il dialogo tra “uomini forti” prevale sulle istituzioni collettive.
Nina Celli, 21 maggio 2025