Dopo mesi di stallo e conflitto aperto tra Russia e Ucraina, l’elezione di Donald Trump nel 2024 ha segnato un’inversione di rotta nella postura diplomatica statunitense. Diversi segnali suggeriscono l’avvio di un’alleanza funzionale tra Trump e Putin, sebbene non formalizzata, come sottolineano alcune testate come “Al Jazeera”, “CNN”, “Foreign Policy”. Le ripetute telefonate – almeno tre in un solo mese – culminate in una lunga conversazione di oltre due ore il 19 maggio 2025, hanno aperto la strada a una nuova dinamica geopolitica. In queste occasioni, entrambi i leader hanno dichiarato la volontà di avviare negoziati immediati per un cessate il fuoco. La proposta di una sede neutrale – il Vaticano – è stata accettata con favore, e il tono pubblico della diplomazia si è modificato. Putin ha riconosciuto il ruolo costruttivo di Trump, affermando che “gli Stati Uniti, per la loro influenza, possono risolvere qualsiasi problema”. Questa apertura russa è stata accompagnata da un gesto simbolico: un cessate il fuoco unilaterale di tre giorni coincidente con l’anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale. Parallelamente, Washington ha evitato nuove sanzioni, preferendo incentivi diplomatici. Trump ha persino espresso il desiderio di un incontro diretto con Putin per “risolvere la questione o almeno capirla”. Questa intesa, pur ancora volatile, ha già prodotto un risultato concreto: uno scambio di 1000 prigionieri, il più ampio dall’inizio del conflitto. Questo “asse funzionale” appare guidato da interessi convergenti più che da affinità ideologiche: Trump vuole portare risultati rapidi per fini elettorali e geopolitici; Putin cerca una riduzione della pressione militare e diplomatica. Seppure fragile e in divenire, questa cooperazione bilaterale è di fatto operativa e indica l’esistenza di una relazione strategica centrata sull’efficienza, più che sulla fiducia.
Nina Celli, 21 maggio 2025