Un’ultima, ma non meno importante obiezione alla colonizzazione dello spazio riguarda la dimensione etica e sociale. Storicamente, ogni espansione umana è stata accompagnata da forme di sfruttamento, disuguaglianza e colonialismo. La paura è che anche la conquista dello spazio possa seguire lo stesso copione: un piccolo gruppo di miliardari e aziende private che si appropria di risorse spaziali, a scapito del bene comune. Il rischio è che lo spazio diventi l’ennesimo terreno di accaparramento economico, in cui le nazioni e le multinazionali più potenti impongono il proprio controllo sulle orbite, sui corpi celesti e sulle miniere asteroidali. Già oggi, aziende come SpaceX e Blue Origin dettano le regole del settore spaziale, mentre i quadri normativi internazionali sono deboli o inadeguati. Senza una governance globale equa, la colonizzazione spaziale rischia di creare nuove forme di imperialismo tecnologico. Dal punto di vista ambientale, l’espansione umana oltre la Terra potrebbe riprodurre gli stessi errori già commessi sul nostro pianeta. L’inquinamento orbitale, con decine di migliaia di detriti spaziali, è già oggi un problema crescente. L’idea di portare l’industria su Marte o sugli asteroidi solleva interrogativi su come gestire l’ambiente extraterrestre, i rifiuti, le risorse e l’equilibrio ecologico di altri mondi. Infine, vi è una critica di tipo filosofico: se non siamo stati capaci di proteggere e rendere giusta la vita sulla Terra, con quale diritto pretendiamo di esportare la nostra civiltà altrove? Per alcuni pensatori, prima di guardare alle stelle, dovremmo imparare a prenderci cura del nostro pianeta.