Una delle critiche più forti alla colonizzazione dello spazio riguarda il suo costo elevatissimo. I programmi spaziali richiedono investimenti colossali per la progettazione, il lancio, la manutenzione di infrastrutture extraterrestri e la sopravvivenza umana in ambienti estremamente ostili. Soltanto il programma Artemis della NASA – che prevede il ritorno dell’uomo sulla Luna – ha un budget stimato in 93 miliardi di dollari entro il 2025. La sola missione Artemis I è costata oltre 4 miliardi. Queste cifre sono difficili da giustificare in un mondo in cui miliardi di persone vivono in povertà, lottano contro la fame, non hanno accesso all’acqua potabile o alle cure mediche di base. Secondo le Nazioni Unite, basterebbero 30 miliardi di dollari all’anno per sradicare la fame nel mondo. Molti osservatori ritengono dunque eticamente inaccettabile investire risorse pubbliche e private nella conquista dello spazio, mentre sulla Terra i bisogni più elementari restano insoddisfatti. Anche le crisi ambientali e sanitarie richiedono interventi urgenti. Il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e le pandemie globali sono problemi reali e immediati. Distrarre risorse economiche, politiche e scientifiche verso progetti interplanetari può compromettere la capacità di affrontare queste sfide in modo efficace. La colonizzazione dello spazio appare quindi, per molti critici, come un lusso ingiustificabile, frutto più di ambizione tecnologica che di priorità razionali.