La moneta cartacea americana è un esempio di valuta “fiat”, ossia un denaro che può essere stampato senza limiti e che non ha valore intrinseco. Il suo valore deriva esclusivamente dalla fiducia nei confronti del governo che lo emette. L’oro, invece, possiede un valore reale, frutto della sua rarità, della sua bellezza e della sua utilità in diversi ambiti industriali e decorativi. Questo valore è riconosciuto da millenni: già nel 550 a.C. il re di Lidia, nell’attuale Turchia, emetteva monete d’oro. Steve Forbes, direttore della rivista “Forbes”, ha affermato che l’oro “mantiene un valore intrinseco e stabile meglio di qualsiasi altra cosa”. Poiché si tratta di un metallo raro e la sua estrazione è costosa e tecnicamente complessa, la produzione di oro tende a essere proporzionata alla domanda. In un sistema basato sull’oro, aumentare la massa monetaria richiede nuove riserve auree, il che spinge il prezzo dell’oro verso l’alto, incentivando l’attività estrattiva. Quando l’offerta monetaria diventa sufficiente, il prezzo dell’oro si stabilizza e le miniere rallentano la produzione. Si tratta quindi di un sistema che si autoregola naturalmente. Al contrario, il denaro fiat consente un’espansione monetaria illimitata e sganciata dalla realtà economica. Storicamente, durante i 179 anni in cui gli Stati Uniti hanno adottato uno standard basato su oro o metalli (dal 1792 al 1971), il tasso medio di crescita economica è stato del 3,9% annuo. Dal 1971, anno in cui si è passati completamente alla moneta fiat, la crescita è scesa al 2,8%. Questa differenza si traduce in un’economia che oggi sarebbe più ricca di circa 8 trilioni di dollari se si fosse mantenuto lo standard aureo.