Una delle maggiori illusioni del dibattito geopolitico contemporaneo è l’idea di un mondo rigidamente bipolare, dove Stati Uniti e Cina (e in parte la Russia) si contrappongono come blocchi monolitici, lasciando all’Europa solo la possibilità di adattarsi o soccombere. In realtà, le superpotenze non sono entità compatte e coerenti, ma sistemi complessi e contraddittori, pieni di fratture interne, rivalità e limiti strategici. L’Europa, proprio per la sua natura flessibile e multilaterale, è nella posizione ideale per navigare queste faglie e trarne vantaggio. All’interno degli Stati Uniti, esistono profonde divisioni tra le amministrazioni repubblicane e democratiche, tra Stato federale e governi locali, tra industrie globaliste e protezioniste. Anche la comunità imprenditoriale americana – da Apple a Boeing – è contraria a una deglobalizzazione totale, consapevole della dipendenza reciproca con l’Europa. Secondo “Foreign Affairs”, numerosi centri strategici statunitensi vedono nell’UE un contrappeso fondamentale all’influenza cinese e sono contrari a un’estraniazione geopolitica dell’Europa. Anche nel blocco orientale le crepe non mancano. La Cina sta guadagnando influenza sulla Russia, ma questo dominio non è privo di tensioni. Mosca teme la sinizzazione dell’Estremo Oriente russo, l’uso strumentale delle risorse energetiche da parte di Pechino e il rischio di diventare un semplice fornitore di materie prime. Come rileva Michael McFaul, la cooperazione sino-russa è una “alleanza negativa”, basata sull’opposizione all’Occidente più che su una visione comune del futuro. L’Europa può sfruttare questa ambiguità per offrire alternative selettive a Mosca o per dividere il fronte autoritario nei forum multilaterali. L’UE dispone inoltre di strumenti diplomatici unici. È percepita come un attore neutrale in molte regioni e può fungere da mediatore tra interessi divergenti. La sua esperienza nei negoziati multilaterali – dall’accordo nucleare con l’Iran al processo di Minsk – le conferisce credibilità in contesti dove né Washington né Pechino sono benvenuti. In un mondo di multipolarismo fluido, questa funzione di “ponte” è cruciale. L’Europa può inoltre sfruttare la competizione tra le superpotenze per ottenere vantaggi negoziali. La minaccia di avvicinamento a Pechino può spingere Washington a fare concessioni su commercio, tecnologia e difesa. Viceversa, l’assertività atlantica può frenare l’espansionismo cinese. Questo gioco sottile richiede abilità diplomatica, ma offre margini di manovra insospettati. Lungi dall’essere una vittima predestinata, l’Europa può quindi diventare l’equilibratore del XXI secolo. Se saprà sfruttare le faglie interne ai blocchi, valorizzare il suo soft power e costruire una visione strategica flessibile, potrà non solo sopravvivere ma prosperare nella nuova era globale.
Nina Celli, 8 aprile 2025