Paradossalmente, l’erosione del rapporto transatlantico, lungamente visto come una minaccia alla sicurezza dell’Europa, potrebbe rivelarsi il catalizzatore di una nuova stagione di autonomia strategica. La crisi aperta dall’amministrazione Trump ha posto l’UE di fronte a una scelta storica: continuare a dipendere da Washington o diventare un attore sovrano, capace di agire nel proprio interesse senza vincoli esterni. I segnali di questa svolta sono tanti. Dopo le elezioni americane del 2024, i governi di Berlino, Parigi e Roma hanno avviato incontri bilaterali e multilaterali per rafforzare la cooperazione militare interna all’UE. Il piano per una capacità di difesa europea, finanziato con 150 miliardi di euro e sostenuto da Francia e Germania, prevede la creazione di una forza di risposta rapida, un sistema di intelligence condiviso e investimenti in tecnologie critiche come il cyber, l’aerospazio e i droni autonomi. Nel marzo 2025, il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza l’esclusione delle spese per la difesa dai vincoli di bilancio del Patto di Stabilità, aprendo la strada a un riarmo sostenibile. Anche la Banca Europea per gli Investimenti ha modificato i suoi criteri per finanziare infrastrutture “dual use”, riconoscendo il valore economico della sicurezza. Il nuovo approccio non si limita alla difesa. Come documenta “Foreign Policy”, la Commissione europea ha rafforzato gli strumenti per il controllo degli investimenti stranieri e per la protezione delle infrastrutture critiche. L’Anti-Coercion Instrument – pensato per rispondere a sanzioni economiche o pressioni politiche esterne – è stato attivato per la prima volta in risposta ai dazi di Trump, segno che l’UE intende usare il proprio peso normativo anche a fini geopolitici. L’obiettivo, secondo Rosa Balfour (“Carnegie Europe”), è costruire un’“autonomia aperta”: un’Europa capace di agire in modo indipendente, ma senza cadere nell’isolamento. Questo modello mira a evitare il rischio di vassallaggio strategico verso gli USA e di dipendenza tecnologica dalla Cina, puntando invece su alleanze orizzontali e multilaterali. I primi risultati sono incoraggianti. Il partenariato con il Giappone in ambito sicurezza digitale, l’accordo industriale con l’India e le trattative avanzate con Corea del Sud e Australia mostrano che l’Europa non è sola né isolata. Anzi, molti attori regionali vedono nell’UE una potenza stabile e prevedibile, capace di offrire un’alternativa ai duelli muscolari tra Washington e Pechino. La rottura dell’asse transatlantico, pur dolorosa, ha in realtà avuto l’effetto positivo di obbligare l’Europa a prendere in mano il proprio destino strategico. Non più protettorato, ma potenza autonoma.
Nina Celli, 8 aprile 2025