L’ipotesi di un’annessione della Groenlandia da parte degli Stati Uniti ha suscitato non solo un’ondata di proteste interne da parte del popolo groenlandese e del governo danese, ma ha anche innescato una serie di reazioni preoccupate da parte di numerosi attori internazionali. La prospettiva che una potenza occidentale possa espandere i propri confini attraverso una logica annessionista ha generato timori di un ritorno a modelli geopolitici pre-1945, in netta contraddizione con l’ordine internazionale fondato sulla Carta delle Nazioni Unite e sulla cooperazione multilaterale. Uno dei primi paesi a reagire con forza è stata la Danimarca, che detiene la sovranità formale sull’isola, pur rispettando la larga autonomia interna della Groenlandia. Il Ministro degli Esteri danese, Lars Løkke Rasmussen, ha condannato le dichiarazioni di Trump e JD Vance, accusandoli di ignorare gli accordi NATO e l’equilibrio strategico nell’Artico. Rasmussen ha dichiarato pubblicamente: “Siamo preoccupati non solo per la sovranità della Groenlandia, ma anche per la credibilità delle relazioni transatlantiche. Le provocazioni USA sono ingiustificate.” La Danimarca ha inoltre annunciato un rafforzamento della propria presenza militare nell’Artico, con un piano da 2,1 miliardi di dollari in investimenti per aggiornare radar, basi navali e forze di sorveglianza nelle acque circostanti l’isola. Tali mosse indicano che l’annessione – anche solo come ipotesi – sta già destabilizzando la cooperazione atlantica e inasprendo le relazioni diplomatiche all’interno della NATO. Anche la stessa Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO) si trova in una posizione delicata. L’articolo 5 dell’Alleanza impone difesa reciproca, ma non contempla atti di coercizione interna tra membri. L’idea che gli Stati Uniti, colonna portante della NATO, possano forzare l’annessione di un territorio appartenente a un altro Stato membro rischia di compromettere l’intero impianto di fiducia su cui l’Alleanza è costruita. Alcuni analisti dello Stratfor avvertono che la NATO potrebbe "implodere per contraddizione interna" se una tale annessione venisse anche solo tentata. Oltre all’ambito transatlantico, le implicazioni globali sono ancora più gravi. L’idea che gli USA possano acquisire territori con la forza o con minacce economiche rischia di delegittimare le accuse mosse contro attori come Russia e Cina, proprio in materia di espansionismo territoriale (si pensi all’Ucraina o al Mar Cinese Meridionale). In pratica, verrebbe intaccata la credibilità morale e diplomatica degli Stati Uniti, alimentando la propaganda delle potenze rivali che già da tempo denunciano l’ipocrisia occidentale in materia di diritti e sovranità. Inoltre, la mossa statunitense rischia di avere ripercussioni dirette sulle relazioni con il Canada, che condivide con la Groenlandia numerose rotte artiche e rivendicazioni marittime. L’ex ambasciatore Daniel Fried ha dichiarato: “Con queste proposte, gli Stati Uniti rischiano di passare da leader del mondo libero a potenza revisionista. È un cambio di immagine che danneggia alleati e rafforza i nemici”. Altre potenze, come l’Unione Europea, hanno manifestato allarme. Fonti diplomatiche europee riportate da Reuters indicano che Bruxelles vedrebbe con estrema preoccupazione un tentativo di annessione, in quanto aprirebbe la porta a un ritorno del “diritto del più forte” nelle relazioni internazionali e renderebbe più fragile l’equilibrio artico già minacciato dalla militarizzazione russa. Le Nazioni Unite, pur non avendo preso una posizione ufficiale, hanno sottolineato in varie occasioni recenti (incluso il Forum Permanente sui Popoli Indigeni) l’importanza di rispettare l’autodeterminazione delle comunità locali, in particolare nelle regioni polari e insulari. La Groenlandia, abitata in maggioranza da popolazioni inuit, è tutelata anche da convenzioni internazionali sui diritti dei popoli nativi. L’ipotesi annessionista, quindi, non solo appare irrealizzabile senza il consenso democratico groenlandese, ma si configura anche come una minaccia all’architettura diplomatica internazionale faticosamente costruita dopo il 1945. Gli Stati Uniti, se dovessero insistere su questa strada, rischierebbero l’isolamento geopolitico, il deterioramento delle alleanze storiche e una perdita di legittimità senza precedenti nel loro ruolo di garanti dell’ordine globale.
Nina Celli, 4 aprile 2025