Dal punto di vista economico, la Groenlandia rappresenta un autentico giacimento di risorse naturali strategiche che, in un contesto globale di transizione energetica e tensioni sulle catene di approvvigionamento, potrebbero rivelarsi decisive per l’indipendenza tecnologica e industriale degli Stati Uniti. L’isola custodisce alcune delle più ricche riserve di terre rare al di fuori della Cina, oltre a significative concentrazioni di uranio, rame, zinco, ferro, oro e petrolio. Il rapporto del Council on Foreign Relations del marzo 2025 stima in circa 31 miliardi di barili equivalenti le riserve energetiche offshore della Groenlandia, mentre fonti geologiche locali parlano di potenziali estrazioni di litio e niobio – due minerali fondamentali per batterie, microchip e sistemi di guida militare. Con il riscaldamento climatico globale, che colpisce l’Artico con intensità doppia rispetto ad altre latitudini, le calotte glaciali della Groenlandia si stanno sciogliendo a ritmi record. Questo fenomeno, sebbene tragico sul piano ambientale, ha aperto nuovi fronti di esplorazione mineraria e ha reso accessibili porzioni di territorio finora irraggiungibili. La “Foreign Affairs” ha definito questa trasformazione come l’"inizio dell’era espansionistica climatica", sottolineando come la Groenlandia sarà probabilmente uno dei territori più contesi del XXI secolo per il suo potenziale di estrazione e per la sua futura abitabilità. Gli Stati Uniti, sempre più preoccupati dalla dipendenza dalle importazioni cinesi di terre rare (oltre il 78% nel 2024), vedrebbero nell’annessione della Groenlandia una soluzione strutturale e a lungo termine. In tal senso, l’economia della sicurezza nazionale – che unisce approvvigionamento critico e potere strategico – troverebbe in Groenlandia una fonte sicura e direttamente controllabile. Donald Trump, rilanciando l’interesse per l’isola nel marzo 2025, ha dichiarato che “la Groenlandia è la più grande opportunità mineraria della storia americana”, aggiungendo che “nessun altro paese al mondo ha accesso diretto a un giacimento simile senza dover contrattare con rivali geopolitici”. Le sue affermazioni trovano eco nei progetti industriali previsti nel piano “America First Mining”, che prevede investimenti statali in esplorazione ed estrazione nei territori federali e nei territori associati. Ma il valore economico della Groenlandia non si limita al sottosuolo. L’isola, con la sua posizione strategica nell’Artico, si appresta a diventare anche un hub logistico e commerciale d’importanza globale. Con l’apertura progressiva delle rotte artiche, in particolare il Passaggio a Nord-Ovest e il Passaggio a Nord-Est, la Groenlandia potrebbe servire da punto di transito tra Asia, Europa e Nord America, riducendo drasticamente le distanze commerciali. Questo favorirebbe anche l’installazione di infrastrutture portuali, aeroportuali e digitali (come cavi sottomarini di comunicazione) che porterebbero occupazione, innovazione e attrattività fiscale. Inoltre, un dato sociale da non sottovalutare: la Groenlandia ha una popolazione inferiore a 60.000 abitanti. In caso di annessione o di accordo associativo, gli Stati Uniti avrebbero la possibilità di sviluppare e valorizzare un territorio di oltre 2 milioni di chilometri quadrati con un rapporto superficie/abitante estremamente vantaggioso. Investimenti in sanità, trasporti e tecnologie green – sulla scia del modello delle Isole Marianne o di Guam – potrebbero garantire benefici tangibili anche ai residenti locali, rafforzando il consenso interno e internazionale. La Groenlandia, quindi, offre una tripla leva economica: risorse critiche strategiche, rotte artiche emergenti e spazio per espansione industriale. La sua acquisizione, se strutturata attraverso meccanismi legali e condivisi, trasformerebbe l’economia americana con benefici diffusi su più livelli.
Nina Celli, 4 aprile 2025