Uno degli elementi più insidiosi delle criptovalute, che alimentano la dimensione speculativa, è la strumentalizzazione politica di questi asset. Quando l’adozione delle crypto non è guidata da criteri economici, tecnologici o finanziari, ma da calcoli politici e comunicativi, si apre un terreno fertile per bolle speculative che si autoalimentano, sfruttando la visibilità pubblica, l’opportunismo elettorale e — in alcuni casi — il sospetto di manipolazione. Nel 2025, uno degli episodi più emblematici è stato l’annuncio da parte dell’ex presidente Donald Trump di voler costituire una “crypto reserve nazionale”. L’effetto immediato è stata un’impennata del 20% del Bitcoin nei giorni successivi. Tuttavia, come riportato da “Reuters”, la corsa è durata poco: BTC ha poi perso l’8%, con analisti come Anthony Pompliano e i fratelli Winklevoss che hanno definito la riserva proposta una “raccolta casuale di asset speculativi”, destinata ad arricchire solo chi conosceva in anticipo la notizia. A confermare la natura sospetta di questi movimenti è il caso, documentato da “Forbes”, in cui un “crypto whale” ha guadagnato 6,8 milioni di dollari aprendo una posizione long su BTC ed ETH pochi istanti prima dell’annuncio di Trump. Il tempismo ha sollevato sospetti fondati di insider trading, in un settore che non dispone di meccanismi di vigilanza paragonabili ai mercati regolamentati. Si tratta di un esempio tangibile di come la connivenza tra potere politico e mercato crypto possa generare distorsioni, creando aspettative artificiali. Secondo un’analisi pubblicata da “Bloomberg”, l’attuale fase crypto è caratterizzata da una bolla “politically driven”, cioè, alimentata da promesse e annunci elettorali, più che da reali dinamiche di adozione o innovazione. Il rischio — scrive il giornalista — è di tornare a una forma di “bimetallismo narrativo”, dove il valore è costruito più su ideologia e propaganda che su efficienza economica. Questo tipo di valorizzazione è intrinsecamente instabile, perché soggetta ai cicli elettorali e alle oscillazioni del consenso politico. L’aspetto più problematico è che questa politicizzazione non è accompagnata da regole chiare o controlli effettivi. Come mostrano le perdite per 1,64 miliardi di dollari nel primo trimestre 2025 a causa di attacchi informatici (“TheStreet”), il settore crypto è ancora un “far west” dove si muovono miliardi di dollari senza le tutele minime garantite dai sistemi finanziari tradizionali. In un contesto simile, l’ingresso della politica può amplificare i rischi sistemici, facendo leva sulle aspettative e sulla disinformazione. Anche il Fondo Monetario Internazionale, in uno studio del 2024, ha lanciato un allarme: l’uso delle criptovalute in contesti di bassa regolamentazione può indebolire la politica monetaria e la stabilità finanziaria, creando circuiti paralleli di capitale meno trasparenti e più volatili. In particolare, l’IMF evidenzia che le crypto speculative, se sostenute da narrative politiche e senza una funzione economica reale, possono agire come vettori di instabilità, spostando masse di capitale senza controllo e favorendo dinamiche speculative difficili da gestire in caso di crisi. Anche i social media e gli influencer spesso amplificano le dichiarazioni politiche in chiave “pro-crypto”, favorendo ondate di acquisto prive di fondamento. L’articolo di “CoinDesk” del 4 marzo 2025 parla apertamente di “esplosione della bolla memecoin”, aggravata da un generale sentiment negativo e dal fallimento di iniziative istituzionali. Questi comportamenti collettivi, alimentati da click e visibilità, distorcono ulteriormente la percezione del valore e contribuiscono a formare quella che l’economista Robert Shiller definisce una “narrativa speculativa contagiosa”. La crescente interferenza politica nel mondo crypto, dunque, spesso priva di basi economiche reali e accompagnata da episodi di sospetto favoritismo, rappresenta un potente fattore di instabilità sistemica. Le criptovalute non solo non hanno ancora trovato un ruolo chiaro nel sistema economico, ma rischiano di diventare strumenti di consenso e manipolazione, rafforzando l’idea che si tratti di una bolla gonfiata da interessi esterni, piuttosto che dal valore concreto.
Nina Celli, 1° aprile 2025