I disagi arrecati dall’applicazione delle misure antitrust sono inferiori rispetto ai profitti delle Big Tech

I procedimenti legali

C’è una forte assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni, soprattutto dall’Unione Europea che, per bocca della commissaria Ue alla Concorrenza, Margrethe Vestager, ribadisce: “Inutile dire che più noi, come comunità antitrust internazionale, saremo in grado di armonizzare le norme, minori saranno le opportunità per i giganti della tecnologia globale di sfruttare le lacune di applicazione tra le nostre giurisdizioni” (Big Tech, Vestager: “Serve un approccio antitrust globale”, “corrierecomunicazioni.it”, 5 maggio 2022).
In questo quadro s’inseriscono le nuove misure antitrust, che sortiscono effetti importanti sia perché intaccano il patrimonio delle Big Tech sia perché esse sono costrette a muoversi in lobbying cercando di influenzare il sistema a loro vantaggio. Si parla di spese ingenti di questa industria per evitare misure, leggi e procedimenti. Apple e Google soprattutto stanno investendo molto per evitare di aprire i loro rispettivi app store alla concorrenza (Financial Times, Big Tech pulls out all the stops to halt ‘self-preferencing’ antitrust bill, consultato l’11 novembre 2022). Inoltre, per evitare procedimenti legali e spese, le Big Tech sono disposte addirittura a fare un passo indietro e dialogare con le autorità al fine di trovare una soluzione condivisa o una transazione.

Una sentenza significativa

Diversi sono gli approcci e gli interventi predisposti e adottati dall’Ue e dagli Stati Uniti. Negli Stati Uniti l’Ending Platform Monopolies Act (“congress.gov”, 6 novembre 2021) mira a colpire comportamenti delle principali aziende mondiali, come possedere, per una piattaforma online, un business che la utilizzi sia per la vendita che per l’offerta di prodotti o servizi. Inoltre, si mira a garantire interoperabilità tra concorrenti e ad evitare qualsiasi tipo di conflitto d’interesse.

I tribunali spesso hanno sanzionato tali tipi di condotta, come il tribunale distrettuale federale della California, che ha rigettato la richiesta di archiviazione presentata da Google nell’ambito della causa presentata da Rumble, piattaforma di video online canadese, concorrente di YouTube. Lo specialista antitrust Matt Stoller, direttore della ricerca dell’American Economic Liberties Project, ha dichiarato: “Superare la fase dell’archiviazione è abbastanza significativo e, a seconda di ciò che emergerà, Google potrebbe trovarsi in guai seri” (Gleen Greenwald, Court Rejects Google's Attempt to Dismiss Rumble's Antitrust Lawsuit, Ensuring Vast Discovery, “greenwald.substack.com”, 30 luglio 2022).

Una nuova normativa

Negli Stati Uniti è lotta alle Big Tech. In una lettera diretta ai leader bipartisan della Commissione Giudiziaria del Senato, Peter Hyun, assistente procuratore generale del Dipartimento di Giustizia per gli affari legislativi, afferma che “l’ascesa delle piattaforme dominanti rappresenti una minaccia per l’apertura dei mercati e la concorrenza, con rischi per i consumatori, le imprese, l’innovazione, la resilienza, la competitività globale e la nostra democrazia” (Marina Rita Carbone, Antitrust e big tech, accelerano anche gli Usa: quali impatti delle norme, “agendadigitale.eu”, 6 aprile 2022).

Per favorire gli investimenti, l’innovazione e la concorrenza bisogna agire sulle possibilità fornite ai nuovi concorrenti, come affermato da Marina Rita Carbone: “ la legislazione potrebbe supportare la crescita di nuove attività tecnologiche adiacenti alle piattaforme, che alla fine potrebbero rappresentare un controllo competitivo criticamente necessario per le piattaforme coperte stesse” (Marina Rita Carbone, Antitrust e big tech, accelerano anche gli Usa: quali impatti delle norme, “agendadigitale.eu”, 6 aprile 2022).

Bisogna dunque disinnescare le strategie consolidate con cui fanno affari le Big tech, basate sulla raccolta dati di quanti più utenti possibile, al fine di profilarne interessi, passioni, abitudini, usi e consumi, anche attraverso un collegamento diretto o indiretto tra settori apparentemente diversi: “disabilitando la loro strategia fondamentale di integrazione che ha permesso loro di legare utenti, dominare i mercati e catturare miliardi di euro di ricavi” (How Big Tech lost the antitrust battle with Europe, “ft.com”, consultato l’11 novembre 2022).

Una risposta inconsistente

Si assiste a una sempre più massiccia produzione di norme ma anche a una serie di decisioni significative che hanno delineato un quadro di sanzioni omogeneo e ramificato. Ma le pratiche anticoncorrenziali restano, così come i guadagni stellari delle big tech.
I colossi tecnologici americani continuano, nonostante i procedimenti in essere e le nuove regole antitrust volte a contenere le pratiche anticoncorrenziali, con la fusione o l’acquisizione di qualunque nuova start up compaia nel panorama del mercato tecnologico: nel marzo 2022 Google aveva annunciato un accordo da 5,4 miliardi di dollari per acquisire la società di sicurezza informatica Mandiant. Annuncio che arriva mentre il colosso tecnologico di Mountain View è coinvolto in una causa del Dipartimento di Giustizia (DoJ) degli Stati Uniti per violazione delle regole antitrust, accusata di proteggere il suo monopolio sia per quanto riguarda il servizio di ricerca che gli annunci pubblicitari; nel gennaio 2022 Microsoft ha annunciato il progetto di acquisizione del colosso dei videogiochi Activision Blizzard per ben 68 miliardi di dollari.
Il fondatore e ceo di Chamber of Progress, Adam Kovacevich, ha affermato: “Le voci che vogliono il blocco delle acquisizioni semplicemente perché l’acquirente è una società Big Tech rimarranno probabilmente deluse […] le aziende procedono comunque con le fusioni aspettandosi di combattere le autorità di regolamentazione e di correre il rischio in tribunale” (Chiara Rossi, Perché Google, Microsoft e Amazon non temono l’Antitrust, “startmag.it”, 14 marzo 2022).

Approccio blando

Gli interventi degli ultimi anni, in termini di norme e sanzioni, non sono sufficienti per arginare il problema perché il problema stesso è ormai diventato troppo grande. Come sostiene Alberto Mingardi, politologo, “È una scorciatoia pensare che i guai della democrazia al tempo del web possano essere risolti rendendo illegali alcune pratiche commerciali ovvero spezzettando per legge imprese che sono diventate ‘troppo grandi’” (Alberto Mingardi, Punire i Big Tech serve alla concorrenza?, “brunoleoni.it”, 29 agosto 2022)
Inoltre, la legislazione è spesso frastagliata e confusa, troppo legata alla tradizione e non al passo coi tempi, come confermato da Barbara Calderini, Legal Specialist e Data Protection Officer: “La vaghezza delle norme del diritto Antitrust e i concetti indefiniti della disciplina della concorrenza mal di prestano, infatti, alle esigenze di giustizia e benessere sociale derivanti dallo sviluppo di un’economia digitale data-driven ” (Barbara Calderini, Big tech, quali alternative a un’antitrust ormai inadeguato, “agendadigitale.eu”, 18 ottobre 2022).

Stasi nei tribunali

Sono diverse le segnalazioni, le procedure di infrazione e i movimenti, ma, di fatto, come sottolinea il giornalista Glenn Greenwald “è raro che le cause antitrust contro i quattro giganti aziendali della Big Tech (Google, Facebook, Apple e Amazon) non vengano rigettate dai tribunali” (Gleen Greenwald, Court Rejects Google's Attempt to Dismiss Rumble's Antitrust Lawsuit, Ensuring Vast Discovery, “greenwald.substack.com”, 30 luglio 2022). Inoltre, sono state veementi le risposte di Apple e Google che hanno difeso la propria innocenza.
“Lavoriamo con il massimo impegno per progettare prodotti e funzionalità che proteggano i dati. Diamo a tutti gli utenti un livello di trasparenza e controllo all’avanguardia nel settore” (L’Antitrust non molla le Big Tech Usa. Cosa c’è dietro la maxi multa a Google e Apple, “formiche.net”, 26 novembre 2021), hanno affermato da Apple, mentre da Google giurano di adottare “pratiche eque e trasparenti per fornire ai nostri utenti servizi utili, così come forniamo informazioni chiare sul loro utilizzo. Lavoriamo con impegno per essere pienamente conformi alle norme per la protezione dei consumatori” (Ibidem). Dunque, non è il caso di agire con la mannaia ma, come dice il Repubblicano Ken Buck: “Molto importante che si proceda con un bisturi e non con una motosega” (Marco Valsania, Camera Usa contro Big-Tech: 5 leggi antitrust per Amazon, Apple, Google e Fb, 12 giugno 2021).

L’importanza della concorrenza

Indipendentemente dalle sanzioni, si dovrebbe agire per favorire la concorrenza e se necessario aiutare i concorrenti più deboli, ciò consentirebbe senza dubbio di raggiungere il benessere dei consumatori e garantire maggiore giustizia.
Così il presidente dell’Agcm Rustichelli sull’importanza della concorrenza: “Rappresenta una tutela sempre importante, ma ancor più necessaria quando il potere di acquisto si riduce, per cui è indispensabile contrastare eventuali condotte collusive o sfruttamenti abusivi del potere di mercato” (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Relazione annuale sull’attività svolta, 31 marzo 2022).