L’Europa non è intervenuta come avrebbe dovuto a sostegno delle proteste in Iran

L’Europa si è schierata in maniera decisa contro le violenze dell’autorità iraniana

Ai sensi dell’articolo 638 del Codice penale islamico iraniano, qualsiasi atto ritenuto offensivo per la pubblica decenza è punito con la reclusione da dieci giorni a due mesi o 74 frustate. Queste disposizioni concedono alla polizia e le forze paramilitari il potere di arrestare e imprigionare arbitrariamente decine di migliaia di donne ogni anno per aver mostrato ciocche di capelli sotto il velo. Da decenni le autorità iraniane impongono leggi e regolamenti sul velo obbligatorio che violano i diritti umani delle donne. Viene così meno il principio di non discriminazione che è invece un principio chiave dei diritti umani, sancito nella Dichiarazione universale dei diritti umani, e previsto in diversi trattati, in particolare nella Carta delle Nazioni Unite e il Patto internazionale sui diritti civili e politici.

Il sostegno del Parlamento Europeo

L’Unione Europea difende il diritto dell’Iran di manifestare pacificamente. Infatti, il diffuso e sproporzionato ricorso alla forza nei confronti dei manifestanti non violenti per l’Unione Europea è ingiustificabile e inaccettabile. Gli abitanti dell'Iran, come quelli di qualsiasi altro paese, hanno il diritto di manifestare pacificamente. Tale diritto deve essere garantito in ogni circostanza. Inoltre, la decisione delle competenti autorità iraniane di limitare drasticamente l'accesso a internet e di bloccare le piattaforme di messaggistica istantanea viola palesemente la libertà di espressione (Iran: misure restrittive dell'UE, “consilium.europa.eu”, consultato il 6 aprile 2023). La violenza e le gravi violazioni di diritti umani commesse dal regime iraniano hanno portato a forti condanne da parte di tutte le istituzioni europee, a cominciare dal Parlamento, che ha esortato il Consiglio a sanzionare, – nell’ambito del regime globale di sanzioni dell’UE in materia di diritti umani –, i funzionari iraniani coinvolti nella morte di Mahsa Amini e responsabili delle violenze contro i manifestanti. L’Unione Europea ha chiesto inoltre alle Nazioni Unite, e in particolare al Consiglio per i diritti umani, di avviare un’indagine globale, esortando gli Stati membri dell’Unione Europea a coordinare le loro azioni diplomatiche al fine di sostenere e proteggere i difensori dei diritti umani, in particolare delle donne (Pina Picerno, Perché l’Europa è decisiva per sostenere le proteste in Iran, “affarinternazionali.it”, 12 dicembre 2022). Infatti, il rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e la Sicurezza, Josep Borrell, in una nota, ha condannato a nome dell'Unione Europea la violenta repressione delle manifestazioni in Iran per la morte di Mahsa Amini. Borell ha dichiarato in un comunicato, che per l'Unione Europea e i suoi Stati membri, l'esteso e sproporzionato uso della forza contro manifestanti non violenti è ingiustificabile e inaccettabile. La popolazione in Iran, come in qualsiasi altro luogo, ha il diritto di protestare in modo pacifico e questo diritto deve essere assicurato in tutte le circostanze (La Ue condanna la violenta repressione delle proteste in Iran, “agi.it”, 25 settembre 2022).

Inoltre, il Parlamento europeo, il 19 gennaio 2023, ha emanato una risoluzione come risposta dell'UE alle proteste e alle esecuzioni in Iran. Nel documento, il Parlamento Europeo, considerando tutte le risoluzioni sulla situazione dei diritti umani in Iran, disapprova con la massima fermezza le condanne a morte e le esecuzioni di manifestanti pacifici in Iran. Il Parlamento Europeo esorta poi le autorità iraniane ad annullare tutte le condanne a morte, sollecitando la Repubblica islamica a garantire la liberazione immediata e incondizionata di tutti i manifestanti. Il Parlamento Europeo, inoltre, dichiara di sostenere il movimento pacifico di protesta in tutto il Paese, che fa sentire la propria voce contro l’oppressione e condanna le gravi violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Dunque, il Parlamento Europeo, sostiene fermamente le aspirazioni del popolo iraniano a voler vivere in un paese libero, stabile, inclusivo e democratico, condannando la discriminazione sistematica del regime iraniano nei confronti delle donne. A tal proposito è stato presentato un emendamento alla relazione annuale sulla politica estera e di sicurezza comune da parte di ECR (Gruppo dei Conservatori e dei Riformisti Europei) e approvato a larga maggioranza che prevede l’inclusione del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica all’interno dell’elenco dei terroristi stilato dall'UE. Questa decisione è stata presa sulla base delle attività terroristiche e della repressione nei confronti dei manifestanti (Via libera Parlamento europeo, inserire pasdaran in lista terroristi, “ansa.it”, 18 gennaio 2023). Malgrado l’impegno dell’Europa, secondo il parere di diversi politici, questo non è mai stato determinante. Così come poco determinanti sarebbero interventi di altri Paesi stranieri, il cambiamento deve partire dall’interno, dalla società civile iraniana. Infatti, Tayebeh Siavashi, una delle deputate che siedono nel Parlamento iraniano, dichiara: "non capisco davvero le preoccupazioni delle comunità straniere sull'Iran. […] Fino a quando la stessa società iraniana non raggiungerà un accordo, non accadrà nulla. Su temi come l'uso dell’hijab o quello degli stadi ... si tratta di questioni culturali che non possono essere risolte da comunità straniere. Credo che se cambierà, sarà perché qualcosa si è mosso dall'interno” (Iran: qual è oggi il posto delle donne?, “it.euronews.com”, 29 settembre 2019).

Le minacce dell’Iran contro l’Unione Europea

Le minacce dell’Iran verso l’Unione Europea sono di notevole rilievo. A tal proposito, Nicola Pedde, direttore dell’Institute for Global Studies, non usa mezzi termini per sottolineare la gravità della minaccia che la Repubblica islamica dell’Iran ha rivolto all’Unione Europea come contromisura per aver chiesto l’inserimento delle Guardie della rivoluzione iraniana nella lista delle organizzazioni terroristiche. Infatti, la Repubblica islamica dell’Iran ha risposto con una minaccia significativa: il deputato Mohammad Khodabakhshi ha presentato un disegno di legge che richiede di inserire nella lista nera tutte le Forze armate dei Paesi dell’Unione Europea di stanza nell’Asia occidentale. Secondo Khodabakhshi, il disegno di legge obbliga l’intelligence iraniana a fornire un elenco dei comandanti delle Forze armate dell’UE per essere perseguiti dalla magistratura iraniana. Il disegno di legge richiede al Ministero degli Esteri iraniano di utilizzare tutte le sue capacità legali e politiche per spingere le forze dei Paesi fuori della regione del Medio Oriente (Teheran minaccia Bruxelles dopo il voto sui pasdaran, “agenzianova.com”, 19 gennaio 2023).
Le agenzie di intelligence di molti paesi occidentali, tra cui Germania, Gran Bretagna e Canada, hanno affermato di avere rapporti che rivelano che agenti delle istituzioni di sicurezza della Repubblica islamica hanno un piano per rapire o assassinare attivisti politici contrari al regime.
Nel novembre di quest’anno, McCallum, il capo del servizio di intelligence interno britannico, ha comunicato che solo in quest’anno, agenti affiliati al governo iraniano hanno tentato almeno dieci volte di rapire o uccidere cittadini o persone con sede nel Regno Unito (Chiara Bellusci, Iran – Partito Radicale: le minacce istituzionali a chi manifesta in Europa contro il regime esigono il massimo della protezione da parte delle autorità italiane ed europee, “partitoradicale.it”, 30 gennaio 2023).

Benedetta Farinaccia, 7 aprile 2023

La reazione timida dell’Europa

I drammatici avvenimenti che si sono susseguiti in Iran rendono evidenti le responsabilità e le urgenze a cui l’Europa è chiamata a far fronte, in una nuova e rinnovata dimensione del suo ruolo internazionale. Secondo il parere di diversi esperti del settore, l’Europa però non è intervenuta come avrebbe dovuto dinanzi gli eventi in corso in Iran. A tal proposito, Hadi Ghaemi, direttore del Centro per i diritti umani in Iran, spiega che Europa e Stati Uniti sono stati molto timidi nel reagire. Anzi, è chiaro che stiano cercando di ottenere un vantaggio politico (Le proteste in Iran? "Colpa di Stati Uniti e Israele" dice Teheran, “it.euronews.com”, 4 ottobre 2022). In particolar modo, Pegah Moshir Pour, scrittrice e attivista per i diritti umani iraniana, allarga lo sguardo verso la posizione iraniana nel contesto internazionale, stigmatizzando una complicità implicita dell’Occidente. Infatti, secondo l’attivista, le sanzioni colpiscono il popolo da 44 anni e hanno reso solo il Paese povero legandolo sempre più a Cina e Russia. Moshir Pour comprende che l’accordo sul nucleare può preoccupare l’Unione Europea ma non può portare ad accettare di sedersi a un tavolo con gli esponenti del regime. Quindi, Moshir Pour chiede che nessuna impresa occidentale faccia accordi con l’Iran, perché spesso sono gli stessi imprenditori a essere legati ai Pasdaran, i paramilitari guardiani della rivoluzione islamica (Simona Ciaramitaro, Pegah Moshir Pour: “L'Occidente non faccia affari in Iran”, “collettiva.it”, 17 marzo 2023).
In poche parole, gli attivisti iraniani chiedono a gran voce all’Occidente di non negoziare con gli assassini (Abu Muslim Shirzad, Gli attivisti in Iran: "Questa non è una rivolta contro il velo, ma contro la dittatura", “repubblica.it”, 26 settembre 2022).

Anche l’ingegnere Esmail Mohades spiega che ai governi Occidentali, gli iraniani non chiedono di abbattere il regime, ma da parte loro esigono fermezza. Quando l’Occidente fa finta di niente, infatti, è in quel momento che il regime uccide di più. A cominciare dalle donne, simbolo di quella libertà insopportabile per un regime misogino. Mohades continua a spiegare che le rivolte in Iran sono state sempre soffocate con il sangue, come quando a fine anni Settanta si contavano tra le cento e le duecento fucilazioni al giorno, mentre l’Occidente faceva finta di niente (Natalfrancesco Litterio, Iran, quarant’anni di lotta: “Se si liberano le donne, si libera tutto il Paese”, “ilcapoluogo.it”, 8 marzo 2023).

Dunque, le sanzioni europee per ora appaiono simboliche, infatti, sul piano internazionale delle cancellerie manca un coordinamento, una vera e propria linea generale da seguire che risulta inesistente. In Italia, eccetto importanti dichiarazioni del presidente della Repubblica e del presidente del Consiglio a sostegno delle donne e dei giovani iraniani, si è visto poco. A seguito dell’impiccagione del primo giovane iraniano, Mohsen Shekar, l’8 dicembre 2022, Londra e Berlino hanno invece convocato l’ambasciatore della Repubblica islamica per chiedere spiegazioni, mentre Roma e Parigi si sono limitate a fare dichiarazioni formali di condanna. Si nota quanto sia importante una voce corale dell’Unione Europea a sostegno di queste nuove generazioni che chiedono semplicemente un mondo libero e sono stanche di un soffocante autoritarismo (Pejman Abdolmohammadi, Una rivoluzione culturale e sociale contro la repubblica islamica, “affarinternazionali.it”, 12 dicembre 2022). Dunque, ciò che auspica il popolo iraniano è maggiore attenzione ai fatti iraniani da parte della comunità internazionale.

La posizione dell’Italia

Il ministro degli Esteri iraniano ha convocato l’ambasciatore italiano a Teheran, Giuseppe Perrone, per esprimere il suo dissenso riguardo le osservazioni di alcuni funzionari italiani sulla Repubblica islamica. Secondo Teheran, è stata l’Italia ad aver danneggiato gli interessi della nazione iraniana e violato i suoi diritti con l’imposizione di sanzioni illegali. La mossa di Teheran è giunta dopo che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dichiarato in conferenza stampa che la repressione delle proteste di piazza in Iran, anche con la pena di morte, per l’Italia è inaccettabile (Gabriele Carrer, Meloni condanna la repressione e… l’Iran protesta con l’ambasciatore italiano, “formiche.net”, 29 dicembre 2022). Parole che hanno convinto solo in parte la comunità iraniana in Italia, che si aspettava un gesto più decisivo.

Infatti, Samirà Ardalani, attivista dell’associazione Giovani Iraniani d’Italia, spiega che l’Italia dovrebbe prendere una posizione, sollecitando l’immediata liberazione dei manifestanti arrestati e una decisa condanna del regime. A livello ufficiale, in Italia un contributo significativo alla causa è mancato. Secondo, Samirà Ardalani, da parte della premier Meloni sono arrivati solo due tweet all’inizio delle proteste e uno rivolto alle donne: i post sui social hanno certamente un peso, ma non sono abbastanza (Valentina D’Amora, Iran, molto più che proteste: è iniziata la rivoluzione, “italiachecambia.org”, 2 dicembre 2022).

Samirà Ardalani, insieme all’associazione Giovani Iraniani d’Italia, chiede che i pasdaran, – cioè il corpo delle guardie della rivoluzione islamica che hanno ucciso un vasto numero di manifestanti, sparando a vista sulla folla –, vengano inseriti nella lista delle organizzazioni terroristiche. Samirà Ardalani, inoltre dichiara che il popolo iraniano non chiede armi né supporto economico: chiede che la comunità internazionale smetta di sostenere il regime.

Un fattore importante in questo momento è assicurare agli iraniani all'interno del Paese canali di comunicazione sicuri per far sentire la loro voce. La tutela e il supporto per i manifestanti iraniani all’estero contro il sabotaggio e lo spionaggio del governo iraniano è vitale. Gli studenti iraniani che vivono all’estero cercano disperatamente di intervenire nel dibattito sull’Iran ma temono di entrare in una blacklist (Donna, Vita, Libertà: perché l'Iran è in rivolta e cosa può accadere, “unive.it”, 5 ottobre 2022). Anche Aysan Ahmadi, attivista iraniana, spiega che l’impegno dell’Italia è stato nullo ed “è una vergogna per l’Italia essere complice di questi crimini”. L’attivista spiega che l’intera comunità iraniana in Italia è scioccata per aver saputo che il ministro degli Affari Esteri del regime iraniano sarebbe stato accolto dal suo omologo italiano Antonio Tajani durante la conferenza dei Med Dialogues. La visita successivamente è stata cancellata, non dall’Italia bensì da Teheran, senza spiegazioni ufficiali. Aysan Ahmadi ha dichiarato che questa non è “[…] una semplice diplomazia fra Stati: questa decisione per noi è uno schiaffo in faccia a chi sta sacrificando la sua vita per ottenere i diritti più basilari. […] La collaborazione con un regime che ha le mani sporche di sangue di migliaia di giovani e bambini sarebbe una macchia di vergogna non facilmente cancellabile per l’Italia. È uno schiaffo da parte del governo italiano anche a tutti i giovani e vecchi iraniani che in questi mesi hanno manifestato nelle città italiane […]” (Federica D’Alessio, “Agli italiani non chiediamo di fare la rivoluzione in Iran. Vi chiediamo di non aiutare il nostro nemico”, “micromega.net”, 6 dicembre 2022).

Un’indagine della squadra "France 24 Observers" ha fatto emergere prove che le cartucce per fucili prodotte dall’azienda italo-francese Cheddite sono state utilizzate nella repressione delle proteste in Iran. Le cartucce per fucili a pompa che utilizzano componenti Cheddite sono state ampiamente utilizzate per scopi di caccia in Iran almeno dal 2011, un'apparente violazione delle sanzioni dell'Unione Europea entrate in vigore quell'anno. Infatti, la vendita di armi che potrebbero in qualsiasi modo essere utilizzate nella repressione della popolazione è vietata in Iran dal 2011, in seguito al regolamento del Consiglio dell’Unione Europea n.359/2011 (How EU-made shotgun cartridges ended up being used to repress protests in Iran,  “observers.france24.com”, 25 novembre 2022). Cheddite ha stabilimenti in Italia e Francia, con sedi a Livorno e Bourg-lès-Valence. L'azienda afferma di essere il più grande produttore al mondo di cartucce per fucili vuote e capsule di sparo, producendo più di un miliardo di cartucce vuote ogni anno (Ibidem).

Benedetta Farinaccia, 7 aprile 2023