Le proteste potrebbero dare vita a un’esternalizzazione delle sollevazioni

Come per la Primavera Araba, la rivolta potrebbe uscire dai confini iraniani

Secondo il parere di diversi esponenti del mondo politico e sociale, le rivolte in Iran potrebbero dare vita a un’esternalizzazione dello scontro. La crisi iraniana potrebbe essere di esempio per altre collettività, come quella irachena e libanese, che soffrono condizioni simili. Dall’Iran si potrebbe scatenare un effetto a catena che in molti temono (Emanuele Rossi, Se le proteste in Iran contagiassero Iraq e Libano?, “formiche.net”, 20 ottobre 2022).
Inoltre, il protrarsi delle proteste in Iran non può che avere implicazioni sugli equilibri mediorientali, aprendo uno scenario d’estrema incertezza, dal Golfo sino al Mar Rosso, in quanto, Teheran conserva una notevole capacità di influenza transnazionale, specie in contesti instabili come in Siria, Iraq, Libano, Gaza, Afghanistan e Yemen (Eleonora Ardemagni, L’Iran in rivolta: il fattore (para)militare e i rischi per il Golfo, “ispionline.it”, 21 dicembre 2022).

Ma non solo, le rivolte in Iran potrebbero scombussolare il quadro internazionale. Difatti, il parlamento iraniano starebbe valutando un piano urgente per imporre restrizioni ai movimenti delle navi commerciali nello stretto di Hormuz. Nicola Pedde, direttore dell’Institute for Global Studies, spiega che il budello di Hormuz è tra le più grandi riserve di petrolio e gas al mondo e, pertanto, uno dei principali snodi per il commercio globale di idrocarburi. Dunque, una contromossa iraniana per chiudere il Golfo avrebbe conseguenze gravi a livello internazionale. Infatti, qualsiasi azione intrapresa unilateralmente dall’Iran per limitare i flussi marittimi nello stretto di Hormuz sarebbe una minaccia di portata globale e comporterebbe una reazione da parte della comunità internazionale che potrebbe spingersi fino all’intervento militare (Nadia Boffa, Nicola Pedde: “In Iran non è ancora rivoluzione, nello stretto di Hormuz si rischia l’escalation”, “ristretti.org”, 25 gennaio 2023).

Per di più, Teheran cerca nemici del sistema e incolpa i Paesi stranieri per le dimostrazioni antigovernative. Di fronte a questa pericolosa crisi del sistema, l’Iran ha accusato Arabia Saudita, Israele e Stati Uniti di fomentare le proteste. In particolare, Teheran ha puntato il dito contro i media ostili sostenuti da Riyadh, minacciando ritorsioni contro il regno. Inoltre, dall’inizio delle manifestazioni, l’Iran ha aumentato i bombardamenti nel Kurdistan iracheno, accusando i curdi iracheni di incoraggiare le rivolte iraniane (Eleonora Ardemagni, L’Iran in rivolta: il fattore (para)militare e i rischi per il Golfo, “ispionline.it”, 21 dicembre 2022).

Iran e Arabia Saudita

Il governo iraniano cerca, dunque, di individuare una matrice esterna al Paese che fomenta la protesta, alimentando il sospetto che siano i sauditi o altri Paesi della regione del Golfo, nemici dell’Iran, a innescare una dinamica di tipo etnico nella protesta. Questa dinamica ha fatto diventare molto forte il contrasto politico con l’Arabia Saudita. Infatti, sono molte le variabili critiche che potrebbero dare vita a un nuovo teatro di guerra in Medio Oriente (Eleonora Ardemagni, Accordo Arabia Saudita-Iran: ecco cosa cerca Riyadh, “ispionline.it”, 11 marzo 2023). L’Arabia Saudita vuole dotarsi di tutti gli strumenti possibili, militari e politici, per poter fronteggiare un eventuale scenario di crisi mediorientale e nel Golfo (Ibidem).

Iran e Israele

Iran e Israele sono in rotta di collisione. Benjamin Netanyahu, premier israeliano anti-iraniano, continua ad attaccare le forze di Teheran stanziate in Siria a difesa dell’alleato Assad. Israele, d’altronde, non fa mistero di essere pronto ad attacchi aerei contro le strutture nucleari nel territorio iraniano e di essere tra i tanti che avrebbero interesse nel vedere indebolita la Repubblica Islamica rispetto al suo ruolo attuale di media potenza regionale (Luciana Borsatti, Iran, forza e fragilità del sogno di una rivoluzione, “valigiablu.it”, 6 gennaio 2023). Infatti, Israele sta tentando di limitare l’influenza e il potere che la Repubblica islamica dell’Iran ha ancora sul Medio Oriente, approfittando delle proteste in Iran; sta traendo vantaggio dall’impopolarità dell’Iran in paesi come Iraq e Libano, dove la popolazione accusa le milizie sciite della difficile situazione socioeconomica (Nadia Boffa, Israele non si sta approfittando delle proteste in Iran. Perché purtroppo stanno morendo, “huffingtonpost.it”, 1° febbraio 2023).
Dunque, l’Israele incoraggia l’onda delle proteste in Iran con delle strategie precise. A tal proposito, l’ufficio di presidenza del premier israeliano Benjamin Netanyahu ha diffuso un video in cui il capo del governo di Tel Aviv parla direttamente agli iraniani, con un pallone in mano, e li invita a essere coraggiosi contro l’élite corrotta che li governa, così come i calciatori della loro nazionale sono riusciti ad ottenere un pareggio contro la squadra calcistica del super campione del Real Madrid, Cristiano Ronaldo.

D’altro canto, l’Iran trova, sullo sfondo delle proteste a Tel Aviv e Gerusalemme – contro la Riforma della giustizia voluta dal governo Netanyahu –, il modo di lanciare un attacco mediatico contro lo Stato ebraico. I media di Teheran premono sul tema dell’occupazione ebraica in Palestina, schierandosi dalla parte della causa araba nel conflitto. Infatti, diversi funzionari iraniani avrebbero, secondo i media locali, avvisato Israele che qualunque mossa contro la Repubblica islamica avrebbe delle conseguenze. Teheran avrebbe inoltre intimato ai Paesi che intendono cooperare con Tel Aviv di interrompere qualsiasi collaborazione militare con lo Stato ebraico. Le tensioni tra i due Paesi del Medio Oriente, pertanto, rischiano di degenerare ulteriormente (Diego Demurtas, Medio Oriente, l’Iran sfrutta l’onda delle proteste in Israele: “Stato ebraico come regime in Palestina”, “ilquotidianoitaliano.com”, 31 marzo 2023).

Iran e Stati Uniti

Ebrahim Raisi, presidente iraniano, spiega che gli Stati Uniti vogliono che la rivolta in Iran porti alla distruzione del Paese. Ali Khamenei, guida suprema dell’Iran, dice chiaramente che queste rivolte e l’insicurezza del Paese sono state progettate dall’America. Il rapporto tra Iran e Stati Uniti è davvero teso e Teheran sostiene che se gli Stati Uniti violeranno la sua sovranità in merito ai disordini, questi non rimarranno senza risposta (Antonella Alba, Teheran minaccia gli Stati Uniti: se violeranno la sovranità dell'Iran risponderemo, “rainews.it”, 29 settembre 2022).

Le potenze antioccidentali

La Repubblica Islamica ha saputo compensare i danni delle sanzioni rafforzando le sue alleanze economiche e militari con grandi potenze antioccidentali come la Russia e la Cina. Infatti, sul fronte della guerra di Putin contro l’Ucraina, vengono impiegati su larga scala proprio droni di fabbricazione iraniana (Chiara Ammendola, Le proteste in Iran tra studenti, sindacati e movimenti femministi: “Siamo alle porte di una rivoluzione”, “fanpage.it”, 18 novembre 2022). La Cina ha inoltre rimarcato il suo sostegno all'Iran criticando negativamente le interferenze straniere che hanno intaccato la sovranità e integrità territoriale del Paese mediorientale. Quello della Cina è un velato riferimento al sostegno di Pechino alla Repubblica islamica rispetto alle proteste antigovernative nel Paese, che hanno attirato la condanna dell'Occidente (Il presidente iraniano Raisi è a Pechino: da Xi Jinping per rafforzare l'intesa con la Cina, “rainews.it”, 14 febbraio 2023).

La minaccia nucleare è imminente

Il programma nucleare dell’Iran avanza a ritmo preoccupante. Il paese mediorientale è stato accusato da ispettori internazionali di aver arricchito l’uranio all’84%. Dunque, il quantitativo di uranio a disposizione di Ebrahim Raisi è diventato tale da consentire l’ipotesi della produzione della bomba atomica a Teheran. L’Iran insiste nel sostenere che il suo programma nucleare è portato avanti secondo scopi pacifici, ma l’Agenzia internazionale per l’Energia atomica (AIEA) e i servizi d’intelligence occidentali concordano nel sostenere che il Paese mediorientale sta sviluppando il progetto nucleare in segreto a partire dal 2003. Secondo l’Istituto per la scienza e la sicurezza internazionale, non è escluso che Teheran stia già conducendo dei test nucleari clandestini. L’istituto ha inoltre affermato che l’Iran è pienamente in grado di spostare le apparecchiature di produzione in nuove località segrete, complicando ulteriormente eventuali sforzi di verifica e confermando l’incertezza sul suo programma nucleare (L’Iran potrebbe essere in grado di fabbricare sette bombe nucleari in tre mesi, “agenzianova.com”, 5 marzo 2023). L'Iran ha le capacità tecniche per fabbricare una bomba nucleare, lo afferma Kamal Kharrazi, presidente del Consiglio strategico per le relazioni internazionali (Nucléaire: l'Iran assure avoir la "capacité" de fabriquer la bombe atomique, “information.tv5monde.com”, 12 giugno 2022).

Benedetta Farinaccia, 7 aprile 2023

Le proteste sono radicate nel territorio iraniano, difficile che coinvolgano altri Stati

Le rivolte in Iran sono proteste pacifiche contro la discriminazione di genere strutturale nelle politiche della Repubblica islamica. Molti esperti del settore temono che le rivolte in Iran potrebbero dare vita a un’esternalizzazione del conflitto, specie nei Paesi vicini. Questa ipotesi è altamente improbabile in quanto si tratta di proteste pacifiche che hanno metodi rigorosamente non violenti e non hanno intento alcuno di generare un conflitto su larga scala. Infatti, le giovani donne combattono pacificamente per ottenere diritti e non uno scontro armato. I manifestanti scendono per le strade a mani nude, contro un regime che è invece armato e violento. Pertanto, le proteste in Iran sono concentrate e resteranno nella regione, così come le violenze del regime, che ha reso le strade teatro di feroci barbarie. 

I martiri della rivoluzione

Le proteste in corso in Iran sono pacifiche e hanno i loro eroi e martiri. Nel corso delle indagini, Amnesty International ha ottenuto informazioni confermando i nomi di dieci persone condannate a morte. Infatti, Hadis Najafi, ragazza appena ventenne è diventata uno dei simboli della protesta grazie a un video in cui, a capo scoperto, raccoglie i suoi capelli biondi per andare a sfilare insieme alle altre donne. Secondo le notizie riportate da alcuni attivisti locali, la ragazza è stata raggiunta da sei colpi di arma da fuoco al collo, al torace, all’addome e alla testa. Purtroppo, Hadis non ha avuto scampo ed è deceduta (Iran, le martiri della libertà, “aibi.it”, 26 dicembre 2022). Così come anche, Majid Reza Rahnavard, il ventitreenne, impiccato a una gru con la testa infilata dentro un sacco. Ugualmente Mohsen Shekari, giovane ventitreenne che è stato impiccato in un carcere vicino a Teheran. Le autorità hanno messo a morte pubblicamente un altro giovane manifestante, Majidreza Rahanvard, dopo averlo condannato in un processo. Seguono le condanne a morte di Mohammad Mehdi Karami e Seyed Mohammad Hosseini. I manifestanti sono stati sottoposti a processi sommari nei quali è stato negato loro il diritto a essere difesi da un avvocato di propria scelta. Inltre, queste persone sono state obbligate a rimanere in silenzio durante un processo pubblico. Secondo Amnesty International, numerosi imputati sono stati torturati e dunque le loro confessioni sono state estorte, per essere usate come prove nel corso dei processi. Le TV di stato hanno mandato in onda le confessioni forzate di almeno nove imputati, prima dei loro processi (Iran: decine di persone rischiano l’esecuzione in relazione alle proteste, “amnesty.it”, 9 gennaio 2023).
In tutto ciò, il capo della magistratura iraniana, Ali Alghasi-Mehr, si è vantato delle 400 condanne inflitte ai manifestanti nella sola provincia di Teheran (Bruno Cantamessa, Iran, giovani pronti al martirio contro il regime repressivo, “cittanuova.it”, 15 dicembre 2022).

Tra i condannati a morte non sono mancate le denunce di torture. È il caso del dottor Hamid Ghare-Hasanlou, arrestato insieme alla moglie Farzaneh con l’accusa di aver preso parte a un attacco nei confronti di un agente. Non sono bastate le costole rotte e un polmone perforato per spingere il giudice a disporre indagini sulle accuse di tortura mosse dal medico nei confronti di agenti delle forze di sicurezza (Il grido di libertà della meglio gioventù iraniana, “amnesty.it”, 27 gennaio 2023). Secondo autorevoli osservatori internazionali, oltre alle donne che hanno dato inizio alla protesta dopo l’uccisione di Mahsa Amini, ci sarebbero soprattutto molti minorenni vittime egli abusi del regime di Teheran. L’associazione, Save the Children denuncia, che fra gli arrestati vi sono tra i 500 e i 1000 minorenni, alcuni addirittura minacciati di esecuzione. L’associazione ha denunciato che le forze di sicurezza e dell’intelligence iraniane hanno commesso atti di tortura, tra cui pestaggi, frustate, scariche elettriche, stupri e altre forme di violenza sessuale nei confronti di minorenni, persino di 12 anni, coinvolti nelle proteste. Diana Eltahawy, vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord ha dichiarato che “gli agenti dello stato iraniano sottraggono i minorenni alle loro famiglie e li sottopongono a inenarrabili crudeltà. È terribile usare questi poteri in un modo così criminale contro persone impaurite e vulnerabili, infliggendo loro gravi punizioni, procurando angoscia a loro e alle famiglie e lasciandoli coi segni di gravi violenze fisiche e mentali” (Iran: “Detenuti minorenni sottoposti a frustate, scariche elettriche e violenza sessuale durante la brutale repressione delle proteste”, “amnesty.it”, 16 marzo 2023).

I Paesi vicini all’Iran si sono attivati per proteggere i confini

L’esternalizzazione dello scontro rimane una ipotesi improbabile, perché i Paesi vicini all’Iran si sono attivati per proteggere i propri confini. L’Iran e l’Iraq hanno firmato un accordo per proteggere il confine tra i due Stati (Caterina Maggi, Iran, accordo storico per i confini con l’Iraq, “ilmondorivista.it”, 19 marzo 2023). L’intesa è stata siglata a Baghdad tra il segretario del Consiglio supremo di Sicurezza iraniano Ali Shamkhani e il collega iracheno Qassem al-Araji. L’accordo prevede il coordinamento nella protezione dei confini comuni e il consolidamento della cooperazione in diversi settori della sicurezza. A tal riguardo, Baghdad si impegna a non consentire ai gruppi armati di utilizzare il proprio territorio per lanciare attacchi contro Teheran (Iraq e Iran firmano un accordo per rafforzare la sicurezza lungo il confine, “agenzianova.com”, 19 marzo 2023).

Inoltre, la Repubblica islamica d’Iran, con mediazione della Cina, ha raggiunto anche un accordo di riavvicinamento con l’Arabia Saudita. Nell’immediato futuro, Riyad come Teheran, accetteranno la re-inaugurazione delle proprie ambasciate e consolati nelle rispettive capitali. Nessuna delle due parti dovrà interferire con gli affari interni dell’altra e dovranno rispettarne la sovranità, nonché dare effettiva attuazione agli accordi di cooperazione economica. Dunque, l’accordo raggiunto con l’Arabia Saudita può svolgere un ruolo importante nel riportare sicurezza, pace e sviluppo nella regione, grazie a un approccio orientato al dialogo. Il diplomatico di Teheran ha anche voluto sottolineare l’appoggio fondamentale di Iraq, Cina e Oman durante le operazioni di riavvicinamento con Riyad (Diego Demurtas, Esteri, asse Riyad-Teheran: cosa prevede l’accordo di riavvicinamento, “ilquotidianoitaliano.com”, 23 marzo 2023).

La strategia di dare la responsabilità ai Paesi nemici

La strategia del regime di puntare il dito contro Paesi esterni è una tattica che mostra l’intento della Guida suprema iraniana di giustificare le sue regole, collegando il tutto a un nemico con base all'estero (Le proteste in Iran? "Colpa di Stati Uniti e Israele" dice Teheran, “it.euronews.com”, 4 ottobre 2022). Per quanto concerne invece il rapporto tra Israele e Iran, si è espresso l’ex capo dell’agenzia di intelligence israeliana Mossad Efraim Halevy, che ha affermato essere arrivato il momento di dirigere le antenne verso Teheran (Eldar Mamedov, Israele seguirà l’Arabia Saudita e farà un accordo con l’Iran?, “lindro.it”, 21 marzo 2023). Quindi non è da escludere un probabile accordo fra Israele e Iran che aiuterebbe entrambi i Paesi a distendere i loro conflitti interni. Inoltre, alcuni esponenti della politica iraniana vorrebbero riavvicinarsi all’Occidente e trovare un accordo con gli Stati Uniti per poter sviluppare centrali a energia nucleare a uso civile, permettendo così controlli che verifichino che non si stiano realizzando armi atomiche. Questo permetterebbe inoltre di attenuare le sanzioni economiche occidentali che stanno strozzando l’economia del Paese (Frida Bonatti, Iran: dalla rivoluzione islamica del 1979 alle attuali proteste di piazza, “geopop.it”, 30 marzo 2023).

La minaccia nucleare non è imminente

Sale di nuovo la tensione sull'accordo nucleare iraniano, con minacce reciproche tra Teheran e Washington. Ma l’analista Aaron David Miller spiega che l'Iran non è in procinto di sviluppare un'arma nucleare, o perlomeno non ne ha l'intenzione al momento. Miller sostiene che l’Iran prima d’arrivare a possedere effettivamente un ordigno nucleare, deve prepararsi per almeno due anni (Nadia Boffa, "Ci vorranno due anni prima che l'Iran possieda la bomba nucleare. Ma nessuno può fermarlo", “huffingtonpost.it”, 3 marzo 2023). Inoltre, al momento è molto difficile per l’Iran costruire un’arma nucleare, poiché dovrebbe riedificare gran parte delle sue infrastrutture. In particolar modo, dal 2006 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato una serie di risoluzioni in cui si chiede all'Iran di cessare l'arricchimento dell'uranio a fini di proliferazione nucleare. Tali risoluzioni sono state progressivamente accompagnate da misure restrittive allo scopo di convincere l'Iran ad ottemperare alle richieste (Iran: misure restrittive dell'UE, “consilium.europa.eu”, consultato il 6 aprile 2023).
Teheran ha inoltre smentito la produzione di una bomba atomica, definendo tale la informazione una fake news utile a gettare ombre sulla Repubblica islamica (Diego Demurtas, Medio Oriente, l’Iran sfrutta l’onda delle proteste in Israele: “Stato ebraico come regime in Palestina”, “ilquotidianoitaliano.com”, 28 febbraio 2023).

Benedetta Farinaccia, 7 aprile 2023