Uno dei ruoli chiave dell’educazione sessuale a scuola è quello di fornire gli strumenti e le conoscenze per approcciarsi al mondo della sessualità in modo più consapevole, senza omissione di casistiche e in modo omogeneo tra gli alunni (cosa che non può avvenire se questa fosse affidata solamente alle famiglie). L’educazione sessuale scolastica non consiste soltanto di un semplice trasferimento di informazioni ma in un effettivo strumento di sviluppo globale dell’alunno. A dispetto delle critiche, essa non incoraggia i bambini e i giovani a fare sesso prematuramente, al contrario, dà loro gli strumenti per approcciarvisi in modo cosciente e sicuro. Infatti, i dati di uno studio statunitense (Douglas Kirby,The Impact of Sex Education on the Sexual Behaviour of Young People, United Nations. Department of Economic and Social Affairs. Population Division, Expert Paper No. 2011/12) mostrano che l’educazione sessuale ha effettivamente ritardato l’età del primo rapporto, mentre, più in generale, il suo primo obiettivo è quello di prevenire la diffusione di malattie veneree e di incorrere in gravidanze non desiderate. A livello europeo si è notato come, a partire dalla sua diffusione, essa abbia contribuito a un maggiore utilizzo del profilattico che significa “maggiore protezione dal rischio di contrarre l’HIV, il papilloma virus o altre malattie trasmissibili per via sessuale” (Angelo Romano, Andrea Zitelli, Educazione sessuale a scuola: come funziona in Europa e perché in Italia è un tabù, “ValigiaBlu”, 6 febbraio 2016).A mostrare la necessità che l’educazione sessuale venga implementata o resa obbligatoria nelle scuole sono anche alcuni dati nazionali: uno studio ha mostrato che in Italia l’indice delle malattie sessualmente trasmissibili non sta diminuendo (Lorenzo Di Pietro, Francesca Sironi, Agli italiani non piace il profilattico, “La Repubblica”, 12 gennaio 2016), mentre il numero di gravidanze in età adolescenziale (14-19) rimane alto rispetto ad altri Paesi (Elena Tonazolli, Marta Venturini, Educazione sessuale ed affettiva a scuola: Italia ed Europa a confronto, “State of Mind”, 19 ottobre 2018).Accanto all’insegnamento fisiologico e medico l’educazione sessuale è concepita anche come educazione all’affettività sana dove affettività significa rispetto di sé, del proprio corpo “scegliere se dire sì o di no, capire cosa ci fa piacere e cosa ci disturba e va declinata verso gli altri. Gli altri devono essere presenti nella vita di ognuno come un valore aggiunto, un bene da proteggere e preservare, non un oggetto di soddisfazione personale” (Silvia Brocca, Educazione sessuale nelle scuole assolutamente necessaria!, “GuidaPsicologi”, 14 febbraio 2022). Affidare l’educazione sessuale dei ragazzi a figure preparate non può che essere un beneficio poiché esse si inseriscono in un momento cruciale dello sviluppo in cui le domande su chi si è e ciò che si vuole sono incalzanti e urgenti. La dottoressa Paola Gatta, in un articolo per la Società di psicoterapia sessuale, sostiene infatti che “Una maggiore consapevolezza sullo sviluppo psico-relazionale e sessuale, proprio e altrui, permette uno sviluppo individuale più sereno. L’educazione sessuale, pertanto, può essere attualmente intesa come un progetto educativo generale di sviluppo della personalità nella sua globalità e delle potenzialità di ognuno” (Paola Gatta, Educazione sessuale a scuola... Perché?, “SISPse”, 2021). Inoltre, l’obiettivo di lunga durata dell’educazione sessuale statale/scolastica sarebbe quello di costituire un efficace strumento sociale per superare stereotipi di genere, resistenze omofobe in quelle età in cui essi si formano e per far acquisire una maggior consapevolezza in termini di uguaglianza, diritti e rispetto.
Emma Traversi, 26 luglio 2022
Autori citati:
Kirby Douglas
- ricercatore senior dell'ETR Associates di Scotts Valley, California, esperto sull'efficacia dei programmi scolastici nella riduzione dei comportamenti sessuali a rischio degli adolescenti.