20 sono gli anni stimati per raggiungere il break even (punto di pareggio) di una centrale nucleare, ossia il momento in cui l’energia prodotta permette di compensare tutte le spese sostenute. Si tratta di un tempo molto lungo, soprattutto per un settore come quello energetico che è in rapida espansione, un investimento che oggi sembra promettente, tra 20 anni potrebbe essere obsoleto e ridurre ancora le possibilità di guadagno (Elisa Terenghi, Energia Nucleare: pro e contro. Emissioni, costi e tempi, “iconaclima.it”, 17 marzo 2021). In effetti, nel mondo, solo il 4.1% dell'energia viene prodotta da fissione nucleare. Secondo Gian Piero Godio, questo è un segnale della scarsa convenienza anche economica di questa fonte di energia. Questa opinione è corroborata dai dati: secondo l’International Energy Agency e le stime della banca d’affari Lazard, il solare e l’eolico hanno costi più bassi rispetto al nucleare, addirittura competitivi con quelli dei combustibili fossili (Laura Franceschi, Perché si dovrebbe continuare ad essere contro il nucleare. Intervista a Gian Piero Godio, “ibicocca.unimib.it”, 24 marzo 2022).
Questa convenienza è legata soprattutto ai costi di smantellamento degli impianti. Gli investimenti necessari a produrre energia nucleare non si esauriscono con l’attivazione della centrale, per i quali servono 20 anni di attività della stessa per essere riassorbiti, ma dopo altri 30/40 anni si va incontro a spese altrettanto ingenti per terminare l'attività in sicurezza. A sostegno della convenienza del nucleare si fa spesso riferimento alla bolletta francese che costa circa il 30% in meno di quella italiana, grazie alla grande fetta di energia prodotta dal nucleare, ma quello che ci si dimentica di sottolineare è che la Francia non ha ancora dovuto sostenere le spese di smantellamento dei suoi impianti ed è difficile stimare quanto questo impatterà sul prezzo dell’energia in futuro.
Un altro aspetto da considerare per valutare l'opportunità o meno di tornare al nucleare è il fatto che l’Italia non ha abbastanza risorse per estrarre l’uranio senza dipendere dall’importazione estera, ciò significa che un’eventuale transizione in questa direzione sposterebbe la nostra dipendenza energetica da una fonte all’altra, risolvendo questo problema solo in parte.
Arianna Armanetti - 13 aprile 2022