Un gran numero di medici ritengono che i vaccini rappresentino l’unica arma efficacie per contrastare la malattia e non sono affatto un business. A tal proposito, la divulgatrice scientifica Roberta Villa spiega: “È ovvio che Pfizer, e in misura molto minore le altre, traggono profitto dall'aver trovato un mezzo che ci aiuta a ridurre in maniera significativa i danni di questa pandemia. Si può trattare per negoziare i costi. Ma il declino della protezione anticorpale è ormai un fatto acclarato, i richiami la fanno risalire e quel che conta è passare attraverso la quarta ondata col minor numero possibile di vittime, di contagiati e di sovraccarico per il servizio sanitario.E la terza dose non è un business...” (Francesco Boezi, "Vi spiego perché la terza dose è tutto fuorché un business", “ilgiornale.it”, 5 novembre 2021).
Tra le accuse più insistenti mosse dalla controparte resta sempre quella di favorire gli"interessi di Big Pharma" e non le reali necessità di salute della popolazione. La spesa complessiva per i vaccini, dopo l'introduzione della legge Lorenzin del 2017, ammonta a 487 milioni di euro che rappresentano l'1,6% della spesa totale per farmaci in Italia (che sfiora i 30 miliardi) e lo 0,4% del totale dell'intero Fondo sanitario nazionale. Alla luce di questi dati, l'accusa mossa nei confronti dei vaccini sembra configurarsi come una vera e propria fake news. A sottolinearlo è lo stesso presidente dell'Istituto Superiore di Sanità, Walter Ricciardi, che contattato da “Quotidiano Sanità” ha spiegato: "Questa degli interessi di Big Pharma è una cosa che non è mai esistita e continua ad essere alimentata da qualcuno che, evidentemente ha interesse a non capire che i vaccini sono i farmaci più sicuri ed economici. È una questione che noi ribadiamo da sempre, anche se continuiamo ad essere accusati, nel mio caso anche personalmente, di essere al soldo di quelle case farmaceutiche che in realtà hanno tutto l’interesse a far ammalare la gente e non a prevenire le malattie. Il 99% del loro budget dipende proprio dalle malattie, non dal prevenirle” (Michele Bocci, Covid, parla Walter Ricciardi: “A gennaio si rischia una fiammata arginarla spetta a noi”, “repubblica.it”, 7 novembre 2021).
Dell’avviso che i vaccini possano essere un affare ma non di certo un business il docente di Economia Sanitaria Fabrizio Gianfrate, tra i massimi esperti in Italia di farmacoeconomia: “Sui vaccini - non si fanno profitti elevatissimi perché i vaccini costano, non è come produrre un farmaco normale. Ci sono i costi legati alla produzione e i costi legati ai rischi del vaccino in sé, cioè all’estrema labilità delle materie prime. […] le grandi aziende fanno fatica a cambiare strategia in tempi brevi. […] Quella dei vaccini contro il Covid - prosegue l’analisi di Gianfrate - è una quota crescente sì, ma ancora minimale rispetto all’intero business farmaceutico. Le grandi aree degli affari legati alla farmaceutica restano quelle legate alle malattie che hanno il tasso di mortalità più alto: tumori, le malattie cardio-vascolari, quelle respiratorie e quelle croniche come il diabete. Queste categorie hanno mantenuto un primato schiacciante: la loro quota di mercato sì è ridotta, anche perché molte prestazioni sono state rimandate per via del Covid, ma è una contrazione temporanea. Covid è invasivo perché ha riempito le nostre vite, ma la componente economica diretta sui farmaci, inclusi i vaccini, è minimale rispetto all’intera torta del business della farmaceutica” (Giuseppe Colombo, Big Pharma, i vaccini sono un affare, i farmaci salvavita ancora di più, “huffingtonpost.it”, 17 marzo 2021).
Inoltre, nel maggio scorso numerosi influencer francesi come Leo Grasset, hanno ricevuto strane proposte per screditare il vaccino a mRNA di Pfizer-BioNTech e per definirlo un “business”. Un’agenzia di PR con base a Londra voleva pagarli per promuovere contenuti per conto di un cliente. I messaggi erano composti da un sofisticato documento di tre pagine che, nel dettaglio, riportava cosa esattamente dire e su quali piattaforme veicolare il messaggio per la cui pubblicizzazione gli influencer e YouTuber europei venivano profumatamente pagati. A denunciare per primo il tentativo di cercare influencer pronti a minare la credibilità del vaccino Pfizer-BioNTech (uno dei più utilizzati al mondo contro il Covid-19), o almeno a denigrarlo come fosse un business, è stato Leo Grasset, che si occupa di divulgazione scientifica su un canale “YouTube” con circa 1,2 milioni di abbonati. Su Twitter, lo stesso Grasset ha scritto di essere rimasto sorpreso dalla proposta “che consiste nel distruggere il vaccino di Pfizer in un video”: l’email ricevuta conteneva un’offerta con “un budget gigantesco” per la campagna, e chiedeva che l’agenzia committente rimanesse nell’anonimato, aggiungendo che nel video non fosse esplicitamente dichiarata la sponsorizzazione (Mirella Castigli, Le fake news sul vaccino diventano un business internazionale: i casi, “agendadigitale.eu”, 3 agosto 2021).
Questo schema sembra far parte di un’industria segreta che gli analisti di cyber-sicurezza statunitensi definiscono “disinformazione a noleggio”, un nuovo capitolo della diffusione di fake news e disinformazione. Un’industria della promozione di falsità in pieno boom, e ai clienti che si fanno ingannare da queste proposte offrono qualcosa di prezioso: la possibilità di negare, non essendo abbastanza informati. Ad oggi, dunque secondo tale linea di pensiero è la disinformazione ad essere diventata un vero e proprio business (Ibidem).
Benedetta Farinaccia - 4 aprile 2022
Autori citati:
Villa Roberta
- divulgatrice scientifica
Ricciardi Walter
- presidente dell'Istituto Superiore di Sanità
Gianfrate Fabrizio
- docente di Economia Sanitaria