La distribuzione dei vaccini anti-Covid ha generato un ampio dibattito in quanto una massiccia controparte di studiosi ed esperti sostiene che quello dei vaccini sia un vero e proprio business (Omicron, business da 50 miliardi per i vaccini. "Possibili varianti peggiori", “affaritaliani.it”, 28 novembre 2021). Si è verificato un aumento sui prezzi delle dosi del vaccino: il nuovo costo di una dose Pfizer - riporta l'Ft - è di 19,50 euro, quattro euro in più rispetto ai 15,50 euro della precedente fornitura. Per Moderna il tariffario sale invece a 25,50 dollari a dose dai 22,60 dollari del precedente accordo. Una ricerca realizzata da Emergency e da Oxfam evidenzia come i vaccini a mRNA possano essere prodotti con un costo che potrebbe variare da 1,18 dollari a 2,85 dollari/dose; i governi avrebbero pagato da 4 a 24 volte questo prezzo (Ibidem).
A sostegno della tesi che il mercato dei vaccini sia un business destinato solo ai paesi più ricchi, Sara Albiani, consulente politica per la salute globale di Oxfam Italia e Rossella Miccio, presidente di Emergency, sostengono, che “La scarsità mondiale di vaccini è una diretta conseguenza del sostegno dei Paesi ricchi ai monopoli delle aziende farmaceutiche, che ad oggi non hanno fatto nessun reale passo avanti per la condivisione di tecnologie, know-how e brevetti con i tanti produttori che nei Paesi in via di sviluppo potrebbero garantirne l’abbassamento dei prezzi e l’incremento nella produzione mondiale.L’unico primo, timido ma insufficiente, passo in avanti è stato fatto da Pfizer/BioNTech pochi giorni fa, per consentire la produzione di 100 milioni di dosi in Sud Africa. La prima dose però sarà disponibile solo nel 2022, mentre in Africa si continua a morire. Questo è forse il caso di speculazione più grave della storia. […]Inoltre il COVAX, l’iniziativa che dovrebbe consentire ai Paesi in via di sviluppo l’accesso ai vaccini, ha pagato le dosi di Pfizer/BioNTech in media 5 volte di più del loro potenziale costo di produzione, faticando per avere le forniture necessarie in tempi brevi perché i Paesi più ricchi […] hanno avuto di fatto la precedenza nell’acquisto” (Vaccini, “Con il loro monopolio, le case farmaceutiche hanno fatto pagare agli Stati fino a 24 volte il loro costo di produzione", “repubblica.it”, 29 luglio 2021).
Dunque, secondo Sara Albiani di Oxfam Italia e Rossella Miccio di Emergency, il business dei colossi farmaceutici è oltremodo redditizio, mentre a farne le spese sono i Paesi in via di sviluppo che stanno affrontando un nuovo picco di contagi e decessi, senza vaccini, cure e trattamenti (Roberto Ciccarelli, Vaccini, la grande rapina di Big Pharma, “ilmanifesto.it”, 15 dicembre 2021).
E nei paesi meno ricchi si sta consumando un sacrificio degli operatori sanitari, a sostegno di tale ipotesi Winnie Byanyima, direttore esecutivo di Unaids (Programma delle Nazioni Unite per l'HIV e l'AIDS): “Solo in Uganda ne sono morti più di 50 in appena due settimane. Mi ricorda quando morivano milioni di persone di HIV, perché i prezzi dei farmaci erano troppo alti. […] È criminale che la maggior parte dell'umanità stia ancora affrontando questa crudele malattia senza protezione, perché i monopoli farmaceutici e il profitto vengono messi al primo posto” (Vaccini, “Con il loro monopolio, le case farmaceutiche hanno fatto pagare agli Stati fino a 24 volte il loro costo di produzione", “repubblica.it”, 29 luglio 2021). Un meccanismo che secondo molti medici si sta rivelando perverso e che ha portato a un enorme fallimento del progetto COVAX (partenariato che comprende anche i Paesi più poveri del mondo, volta ad accelerare la produzione e l’accesso equo a test diagnostici, terapie e vaccini contro il COVID-19): i soldi spesi fino ad oggi dal COVAX sarebbero stati sufficienti a garantire un ciclo di vaccinazione completa ad ogni persona nei Paesi a basso e medio reddito, se i prezzi garantiti fossero stati equi e a fronte di un’offerta sufficiente di dosi. Al contrario, “a inizio gennaio 2022 solo il 10% della popolazione nei Paesi più poveri del mondo è stato immunizzato con almeno una dose a fronte del 67% nei Paesi più ricchi (stima Onu)” (Alessandra Muglia, “Avanti con Covax per arrivare al 70% di vaccinati nel mondo entro l’anno”, “corriere.it”, 3 febbraio 2022). I richiami per le varianti potrebbero costare fino a 175 dollari a dose, 148 volte il costo stimato di produzione. La corsa al rialzo continuo dei prezzi non sembra arrestarsi, nonostante l’acquisto di un numero senza precedenti di dosi a livello globale, che avrebbe dovuto produrre una progressiva riduzione del costo dei vaccini. Un trend che continuerà in assenza di un'azione dei governi, spinto dalla possibilità che siano necessarie dosi di richiamo per gli anni a venire a causa dello sviluppo di nuove varianti. Il CEO di Pfizer ha dichiarato che si potrà arrivare fino a 175 dollari per dose, ossia 148 volte il potenziale costo di produzione. La soluzione, secondo Albiani e Miccio, è quella di concedere a tutti governi “la condivisione dei brevetti e il trasferimento delle tecnologie necessarie a consentire di aumentare la produzione mondiale di vaccini […]Consentire ai Paesi in via di sviluppo di produrre i propri vaccini è il modo più rapido e sicuro per aumentare l'offerta e ridurre drasticamente i prezzi. Quando questo è stato fatto per il trattamento dell'HIV, i prezzi sono diminuiti del 99%” (Nessuno è al sicuro finché non lo saranno tutti: nessun individuo, comunità o Paese può affrontare l’emergenza sanitaria da solo, “oxfamitalia.org”, consultato il 22 marzo 2022).
Il tema della libertà di riprodurre un farmaco è in discussione da anni, ma con il Covid è tornato alla ribalta dopo che i governi di India e Sud Africa hanno chiesto un intervento formale sia all’OMS che all’Organizzazione Mondiale del Commercio. I due Stati, portavoce delle istanze dei più poveri, hanno chiesto di abolire i brevetti su alcuni farmaci e sui vaccini in modo tale da concedere a chiunque di poterli produrre e distribuire senza i vincoli. A tal proposito Nino Cartabellotta, medico e presidente della Fondazione GIMBE, invoca un’azione unita contro le aziende che ancora sono restie a liberare i propri prodotti dai vincoli brevettuali. Il medico, attraverso un tweet, chiede che “I Governi europei non perdano tempo (e denaro) in azioni legali contro Pfizer e AstraZeneca. Piuttosto si (pre)occupino di liberare le licenze dei vaccini controCovid-19” (Cartabellotta e Garattini: “Liberate i brevetti dei vaccini”, “aboutpharma.com”, 25 gennaio 2021).
Anche Silvio Garattini – scienziato e farmacologo italiano, presidente e fondatore dell'Istituto di ricerche farmacologiche "Mario Negri" – è della stessa opinione: “Se ci sono ragioni importanti di salute pubblica, gli Stati possono chiedere o pretendere la licenza del farmaco per produrlo in grosse quantità. L’Italia, l’Europa, possono chiederlo. In un momento di grandi difficoltà bisognerebbe avere il coraggio di abolire i brevetti sui farmaci salvavita come i vaccini” (Ibidem)
Dunque, per la Miccio e Albiani la dimostrazione della la drammatica iniquità nel modo di condurre la battaglia contro il virus è testimoniata dal fatto che i paesi ricchi iniziano la somministrazione delle terze dosi mentre la maggior parte dei Paesi poveri fatica a garantire le prime dosi al proprio personale sanitario (Vaccini, “Con il loro monopolio, le case farmaceutiche hanno fatto pagare agli Stati fino a 24 volte il loro costo di produzione", “repubblica.it”, 29 luglio 2021).
Benedetta Farinaccia - 4 aprile 2022
Autori citati:
Albiani Sara
- consulente politica per la salute globale di Oxfam Italia
Miccio Rossella
- presidente di Emergency
Byanyima Winnie
- direttore esecutivo di Unaids (Programma delle Nazioni Unite per l'HIV e l'AIDS)
Cartabellotta Nino
- medico e presidente della Fondazione GIMBE
Garattini Silvio
- farmacologo, presidente e fondatore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri